Beppe Grillo (foto LaPresse)

Perché i non grillini devono sperare che sia grillino il prossimo sindaco di Roma

Fulvio Abbate

Senza neppure turarmi il naso, alle prossime  imminenti elezioni per il nuovo inquilino del Campidoglio andrò convintamente a votare il candidato del M5s, fosse anche una nutria. Voterò con convinzione ma soprattutto, va da sé, con il massimo della perfidia politica machiavellica, forse perfino togliattiana.

Senza neppure turarmi il naso, alle prossime imminenti elezioni per il nuovo inquilino del Campidoglio andrò convintamente a votare il candidato del M5s, fosse anche una nutria. Sì, voterò a occhi chiusi proprio il soggetto proposto dalla riffa online del movimento inaugurato a Bologna su un canotto da Beppe Grillo, ossia la cassa di risparmio di Casaleggio Associati. Voterò con convinzione ma soprattutto, va da sé, con il massimo della perfidia politica machiavellica, forse perfino togliattiana. Esigo, pretendo, voglio, bramo infatti che il sia il loro candidato, cioè la nutria degli onesti, a conquistare la poltrona di sindaco in cima all’edificio che s’affaccia sui Fori Imperiali. Perché? Semplice, aderisco, lo confesso, al turpe complotto che ambisce a vederli in poche settimane precipitare verso l’abisso, oltre i confini della retorica, oltre i bastioni di Orione dei Parioli, della Laurentina e perfino di Grotte Celoni fino a Borgata Finocchio.

 

Cosa penso dei grillini è semplice: esprimono una subcultura ad ampio spettro, una modalità mentale men che politica da Punto Snai, da capannello rionale, una gittata dialettica da “anvedi ‘sti pezzi de mmerda!” Un’assenza di pensiero che mostra un’opacità da setta, come neppure I Compagni di Baal, per chi li rammenta. S’intende che tutto mi fa orrore innanzitutto in nome dell’eleganza intellettuale calpestata, e dunque la mia constatazione, la mia scelta muove da uno sgomento antropologico. Tuttavia, a contemplare, che so, un Luigi Di Maio, tanto per citare un campione a caso della loro comitiva, c’è da ben sperare, credo si intuisca già la stoffa del piccoli-Andreotti-crescono.  Insomma, mi basta scendere come un sommozzatore negli abissi o perfino a pelo d’acqua del M5S per scorgere un cocktail attitudinale che ha il potere di rimettere al mondo le posture facciali della vecchia “maggioranza silenziosa”, uno speciale qualunquismo para-fascista con prenotazione obbligatoria da “Cencio La Parolaccia”, la semplificazione autoritaria che appare fin dai banner scanditi dal linguaggio di una plebe 2.0. Ce n’è abbastanza per avere subito voglia di fuggire via lontano. Eppure…

 

Già, ciononostante tale coacervo, spero davvero che il loro candidato, ma che dico?, la nostra nutria tiburtina conquisti la postazione apicale dell’SPQR, spero perfino che al posto della lupa si possa temporaneamente piazzare un apprezzato rettiliano esperto in scontrini e rendiconti, vedo già sul pennone della torre di quel colle, abbracciato come un King-Kong, Casaleggio, l’agnello purificatore pentastellato, lo stesso che, se lo cerchi su Google, ti appare: “Azienda fondata: Movimento 5 Stelle”. Poi, sempre da lì, scorgo finalmente ogni cosa cadere giù, precipitare tra di noi: i “ladri”, i “pezzi di merda”, i “pagati da Renzi”, i “PiDioti”, noi che, sì, abbiamo ordito un “complotto per farli vincere”.

 



 

[**Video_box_2**]La vittoria a Roma del M5S infatti, ribadisco, sarà anche il loro Vietnam, sarà meraviglioso da lì a poco vederli trasfigurarsi in tanti Sbardella.

 

Eppure glielo avevamo detto, perfino indossando gli abiti che non ci corrispondono del realismo, della realpolitik: sappiate che governare Roma implica arte della mediazione, implica tenere a mente che la capitale è un coacervo di piccoli interessi e di miserie non meno piccolo-borghesi, mo’ ti pare che arrivi tu con le scie chimiche e piazzi il microchip sottopelle ar pisello der sor Ulisse, er bujaccaro? Ti voglio, a tenerlo fermo.

 

Mi prefiguro la notte della nostra vittoria, l’insediamento della nutria che emenda i peccati dall’Urbe lì dove un tempo hanno dimorato i Nathan, i Rebecchini, gli Argan, i Petroselli, i Giubilo, i Carraro, i Rutelli, i Veltroni, gli Alemanno, immagino perfino i saluti al duce accanto al sombrero, mi prefiguro il prossimo festival dei Casamonica.

 

Mi sovviene ora una poesia di Vladimir Majakovskij, il poeta che assistette alla trasformazione della rivoluzione in regime burocratico, lui che sognò una riunione che mettesse fine a tutte quante le riunioni. Bene, la conquista del Campidoglio da parte del M5S farà terra bruciata d’ogni retorica futura grillina, annienterà i virtuosi del meetup in pochi mesi. Sono sicuro che a breve il mio prezioso voto potrà agire sulla supponenza, sulla subcultura, sull’analfabetismo politico. Sì, che convintamente li voterò.