Una maschera di Beppe Grillo al carnevale di Viareggio (foto LaPresse)

Perché il partito di Grillo non può vincere senza Grillo. Parla Tarchi

David Allegranti
Il M5s ha cominciato il 2016 con passo incerto. Per il politologo "un M5S senza Grillo rischierebbe di sbandare verso quel profilo da ‘sinistra 2.0’ che un certo numero di osservatori interessati gli hanno pronosticato in passato".

Roma.  Multe ai dissenzienti, passi di lato del suo fondatore rientrato sui palchi comici, le piroette sul ddl Cirinnà. Il M5S ha cominciato il 2016 con passo incerto. Domanda: potrà sopravvivere il partito di Beppe Grillo senza Beppe Grillo, qualora il teatro prendesse il sopravvento sul sacro blog? “Sopravvivere, certamente sì. Avere il successo che ha riscosso sin qui, ne dubito”, dice al Foglio il politologo Marco Tarchi. “Senza Grillo, e soprattutto senza le sue idee e il suo modo di esprimerle, politicamente scorretto e populista a pieni carati, il movimento perderebbe le caratteristiche di trasversalità che gli hanno fatto conquistare simpatie e voti in ambienti molto diversi, o per meglio dire fra delusi da precedenti appartenenze di destra, di sinistra, di centro o spinti a smettere, per una volta, di rifugiarsi nell’astensione”. Senza il suo “megafono” che cosa succederebbe? “Un M5S senza Grillo rischierebbe di sbandare verso quel profilo da ‘sinistra 2.0’ che un certo numero di osservatori interessati gli hanno pronosticato in passato. E questo, stando agli studi effettuati sul suo elettorato, vorrebbe dire perdere di qui a breve un terzo dei consensi raccolti. Premesso tutto ciò, io non credo che il ‘megafono’ voglia davvero scomparire dalla scena. Non mi pare che sia nel suo carattere e il suo passato battagliero porta ad escluderlo. Del resto, mentre dichiarava di voler tornare a fare essenzialmente l’attore, il suo blog ha ‘dato la linea’ sulla libertà di coscienza di fronte alla ‘stepchild adoption’. Non direi che sia un abbandono della politica…”. Il dietrofront grillino sulle unioni civili – dal sì alla libertà di coscienza concessa ai senatori poco prima del voto – come si spiega? “Immagino che qualcuno si sia reso conto che votare il ddl Cirinnà così com’è avrebbe scontentato quel terzo di elettorato grillino di provenienza destrorsa di cui accennavo sopra e abbia preferito non rischiare. In questo senso sì, penso che sia stata una mossa utile, a meno che il M5S non voglia ridursi ad esclusivo ricettacolo degli eterni adepti del ‘di’ qualcosa di sinistra’”.

 

Uno dei problemi del M5S è l’inadeguatezza della sua classe dirigente, come si vede in Parlamento. Tra poco però si vota in città importanti come Roma e Milano. Queste amministrative potrebbero essere elezioni decisive per il M5S? “È dal 2013 che si pronostica che l’elezione successiva sia decisiva per il M5S, e in genere lo si dice e lo si scrive sottintendendo che sarà la volta buona per vederlo imboccare il viale del tramonto. Io non vedo nell’immediato scenari apocalittici all’orizzonte. Certo è che il non voler abbandonare – quantomeno, non subito – certe petizioni di principio piuttosto utopiche (‘ognuno vale uno’, tutto va deciso per via telematica, le autocandidature improvvisate, il rispetto assoluto del divieto di cumulare i mandati ecc.) rischia di penalizzare fortemente il movimento in una fase in cui potrebbe volare alto. Rinunciare a Di Battista a Roma, a mio parere è un grave errore. Napoli è un altro caso discutibile. E candidature come quella di Milano dimostrano che un eccesso di dilettantismo è un boomerang anche in tempi in cui la gente comune è insofferente dei politici di professione”.

 

[**Video_box_2**]E la clausola dei 150 mila euro di multa, spuntata qualche giorno fa per i consiglieri comunali dissidenti? E’ un errore, dice Tarchi. “L’idea della multa non è la migliore per cercare di evitare di promuovere a cariche di rilievo soggetti poco o per nulla affidabili, e si presta agli attacchi e ai sarcasmi dei concorrenti. Basterebbe creare procedure di selezione che, senza essere verticistiche, facciano da filtro al carrierismo, che, benché ci si intestardisca a non crederlo, si afferma fra i neofiti e fra gli ‘uomini nuovi’ non meno – e non meno velocemente – di quanto non accada negli ambienti di partiti consolidati. Anche se oggi, con il clima che tira, l’idea che in politica ognuno abbia il diritto di fare quel che gli pare non sembra scandalizzare più nessuno. E porta allo sfacelo che abbiamo di fronte”. Nonostante tutto, però, Grillo resta per il politologo l’avversario più temibile per Renzi. “Se non altro - dice Tarchi - per lo stato comatoso in cui versano tutte le possibili alternative. Ad onta dei sondaggi su fantomatiche coalizioni ricomposte di tutti i frammenti del centrodestra che fu, soltanto la Lega mi sembra in grado di poter raccogliere buoni risultati elettorali in questa fase. Il ciclo di Berlusconi è chiuso da un pezzo, e nessuno di coloro che ne aspettano l’eredità è in grado di rinverdirne i fasti”. Figurarsi i vari aspiranti Cameron di Puglia.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.