Il sindaco di Quarto Rosa Capuozzo

A Quarto più che la camorra c'entra la finta democrazia a 5 stelle

Luciano Capone
L'espulsione via blog del sindaco Rosa Capuozzo rivela, ancora una volta, quanto sia oscura la presunta trasparenza del M5s. Grillo, il web e il doppiopesismo rispetto alle richieste di dimissioni altrui (da Maurizio Lupi a Ignazio Marino)

Puntuale come una tassa è arrivata via Sacro Blog l’espulsione di Rosa Capuozzo “per grave violazione dei principi del M5s”. Il sindaco grillino di Quarto, in provincia di Napoli, è stato allontanato per non aver denunciato i ricatti che avrebbe subito dal consigliere grillino Giovanni De Robbio (anch’egli espulso dal partito), indagato per voto di scambio e tentativo di estorsione: “È dovere di un sindaco del MoVimento 5 stelle denunciare immediatamente e senza tentennamenti alle autorità ogni ricatto o minaccia che riceve”. Così c’è scritto nella sentenza pubblicata sul blog e intitolata “Noi nel M5s facciamo così”, che fa il verso al discorso di Pericle agli ateniesi sulla democrazia.

 

Il punto della questione non è tanto la permeabilità anche del M5s alle infiltrazioni camorristiche, non è il fatto che nessuna novità è emersa dalla difesa a spada tratta della Capuozzo all’espulsione odierna, non sono le regole assurde e arbitrarie applicate dal direttorio o dalla Casaleggio Associati e neppure se i pezzi grossi del partito, come Roberto Fico o Luigi Di Maio, fossero a conoscenza della situazione partenopea. In fondo si tratta di questioni e contraddizioni interne al partito. Anche l’espulsione del sindaco Capuozzo è in fondo qualcosa che riguarda i simpatizzanti e gli iscritti al blog o ai meet-up.

 

Il punto della questione è invece il rapporto degli eletti con le istituzioni e i cittadini. Il Movimento 5 Stelle, pur ambendo al 100 per cento dell’elettorato, non è ancora e per fortuna un partito-stato, pertanto l’espulsione non ha alcuna rilevanza se quelle persone continuano ad occupare il ruolo pubblico.

 

D’altronde in tutti i casi politici che hanno riguardato altre forze politiche i grillini hanno preteso le dimissioni o la rimozione delle persone coinvolte e non l’espulsione dai rispettivi partiti. Hanno chiesto le dimissioni di Maurizio Lupi, di Maria Elena Boschi, di Ignazio Marino e di chissà quanti altri, e quando non le hanno ottenute non hanno chiesto la loro espulsione da Ncd o dal Pd, ma hanno depositato mozioni di sfiducia in Parlamento o in consiglio comunale. Quando si è trattato dei propri amministratori, a Gela in Sicilia come a Quarto in Campania, il M5s ha invece scelto la via dell’espulsione dal partito lasciando di fatto i sindaci al loro posto. Per rendere effettiva l’uscita di scena dei primi cittadini di Gela e di Quarto, ai grillini basterebbe presentare una mozione di sfiducia e votarla in Consiglio, dove hanno la maggioranza e dove potrebbero raccogliere anche l’appoggio delle forze di opposizione. È quello che hanno fatto a Roma per far decadere Ignazio Marino, quando hanno presentato una mozione di sfiducia chiedendone la sottoscrizione ai consiglieri di tutte le altre forze politiche. Il caso del sindaco di Roma è emblematico anche perché i consiglieri grillini si sono rifiutati di firmare le dimissioni per far decadere Marino, sostenendo che il sindaco doveva essere sfiduciato da un voto in consiglio e non da manovre di partito.

 

[**Video_box_2**]Più che le inutili espulsioni, per rimuovere i sindaci che non si attengono alla linea di partito al M5s basterebbe applicare lo stesso metodo: presentare una mozione di sfiducia e votarla in consiglio comunale. Una volta approvata la mozione il sindaco e la giunta cadono, il consiglio si scioglie e si torna a votare. Una procedura più trasparente e democratica delle espulsioni via blog che lasciano in carica un sindaco eletto e appoggiato dal partito che l’ha cacciato. È paradossale che Grillo sul blog citi Pericle, perché nel M5s si farà pure con l’ostracismo e le espulsioni, ma in democrazia no. In democrazia si fa così, con le mozioni di sfiducia votate dagli eletti in assemblea.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali