Il bavaglio e la spazzatura

Redazione
Con i grandi allarmi di sempre, oggi la Camera ricomincia la discussione della riforma della giustizia, segnatamente di quell’aspetto non proprio secondario che sono le intercettazioni e il loro relativo uso (e abuso) giornalistico.

Con i grandi allarmi di sempre, oggi la Camera ricomincia la discussione della riforma della giustizia, segnatamente di quell’aspetto non proprio secondario che sono le intercettazioni e il loro relativo uso (e abuso) giornalistico. Riforma che il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha ribadito di volere chiudere entro l’anno. Il testo presentato non è certo la “legge bavaglio” di cui sempre si ciarla, le minacce di carcerazione per i giornalisti che pubblicano il contenuto di registrazioni piovute (dal cielo?) nelle loro mani sono state più volte smentite. Il ddl si limita a proporre una delega di poche righe in base a cui il governo studierà “prescrizioni che incidano sulle modalità di utilizzazione cautelare dei risultati delle captazioni” e norme che consentano la “tutela della riservatezza delle comunicazioni e conversazioni di persone occasionalmente coinvolte”, oggi inesistente.

 

Il presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli, si è affrettato a dire che c’è “un pregiudizio di fondo contro le intercettazioni”. Ma si continua a girare attorno al problema, che è giuridico e culturale, prima che politico: il punto non è impedire ai giornalisti di pubblicare, né ai pm di intercettare, ma impedire che dal lavoro di indagine possa uscire qualsiasi cosa “lo strascico” abbia pescato: rilevante o no, privato o meno. Questa violazione sta a monte, e non è opera dei giornalisti. Certo, che ciò che è depositato in un fascicolo giudiziario può essere pubblicato. Il problema è capire non solo cosa sia lecito farvi entrare. Ma perché, troppo spesso, ne coli fuori la spazzatura.