Umberto Bossi con Matteo Salvini (foto LaPresse)

La crisi del populismo europeo e i dubbi italiani. Intervista a Bossi e Salvini

Salvatore Merlo
Urlare non basta. “Sono stati puniti quelli che sono semplicemente ‘contro’, che non governano, che non incidono, quelli come Farage. Ed è possibile un reflusso della marea eurofobica in tutto il continente. L’Europa è furba, comincia a sganciare del grano", dice l'ex leader leghista.

Roma. “Sono stati puniti quelli che sono semplicemente ‘contro’, che non governano, che non incidono, quelli come Farage. Ed è possibile un reflusso della marea eurofobica in tutto il continente. L’Europa è furba, comincia a sganciare del grano. E così tutta quella roba, quella schiuma, rischia di afflosciarsi, se non riesce a farsi governo ma rimane semplice protesta”. E Umberto Bossi pronuncia queste parole con un tono da veterano dell’eterna guerra tra l’istinto e la logica, tra le viscere e l’opportunità politica, un conflitto che lui aveva risolto urlando, sì, ai tempi d’oro della Lega, quando mostrava il dito medio, ma quando pure governava, a Roma, e sempre mosso dall’idea che in fondo basta allungare un braccio per cogliere un’occasione. “Gli scozzesi di Sturgeon, gli indipendentisti, a queste elezioni britanniche sono andati benissimo, al contrario di Farage. E non sono meno duri con l’Europa”, dice. “Sono andati meglio perché sono riusciti a trasformarsi in forza di governo, d’amministrazione territoriale, perché incidono sugli equilibri di potere, come seppe fare anche la Lega. Urlare e basta non serve a niente. L’Inghilterra si è tirata fuori dalla recessione con Cameron, che prometteva il referendum per uscire dall’Unione europea, ma intanto riduceva anche la spesa pubblica e rilanciava l’economia”. E forse davvero soltanto Bossi, con il suo partito di secessione e di governo, ha fatto eccezione nel nulla rumoroso dei neopopulismi della destra territoriale che in Europa non hanno mai governato e che, adesso, con la ripresa economica, sembrano senza carburante ideologico. L’Ukip di Nigel Farage, è notizia di ieri, il partito indipendentista inglese, il movimento che aveva fatto il botto alle ultime europee, quasi non esiste più. “Farage è un fenomeno transitorio”, dice Bossi. Farage è l’alleato di Grillo a Bruxelles. “Anche Grillo sarà un fenomeno transitorio, se non cambia mosse”. E Matteo Salvini? “Salvini è intelligente”.

 

Scrive Antonio Rapisarda in un libro intitolato “All’armi siam leghisti”, in uscita martedì prossimo per Aliberti: “La crisi politica del 2011, da cui ha preso inizio la stagione dell’austerità, ha spostato l’asse della protesta sull’euro fino a diventare il tema dei temi per Matteo Salvini”. Ed ecco la domanda: se la crisi finisce, come sembra, che ne sarà dei partiti che nel loro guardaroba hanno la felpa “basta euro”, che ne sarà di Grillo, e che ne sarà di Salvini e del suo “sovranismo”, neologismo della nuova destra di popolo? “Cameron ha vinto, e ha vinto sull’immigrazione e sull’Europa, con parole più dure delle nostre”, risponde lui, Salvini. Obiezione: Cameron ha vinto perché ha governato, perché l’Inghilterra è il paese che cresce di più in tutto il G7. La Lega finora non si è presentata come un’alternativa di governo: ha fatto una mezza baruffa con Berlusconi per le alleanze alle regionali, ha rifiutato Alfano… E’ come se non vi interessasse governare, ma galleggiare sulla cresta degli arrabbiati. “Non è così”, risponde Salvini, che è abbastanza agile da far pensare d’essere in grado, come ha scritto tempo fa anche Giovanni Orsina, di sottoporsi a un’opportuna revisione genetica dell’ultimo istante, in caso d’elezioni. “Noi un modello di governo ce l’abbiamo. Governiamo la Lombardia e il Veneto, che sono le due più ricche regioni d’Italia”, dice. “Quando sarà il momento, se e quando ci saranno le elezioni, vedrete che saremo in grado di sfidare Renzi. Questo non mi preoccupa. Possiamo e vogliamo essere un’alternativa di governo. Io voglio esportare in Italia il modello Lombardo-Veneto di Zaia e Maroni, che significa una certa idea della tassazione, del Sistema sanitario e dell’aiuto alle imprese”. E nella flessuosità con la quale Salvini risponde alle obiezioni c’è forse quel camaleontico talento cui alludeva anche Bossi quando diceva che “Salvini è intelligente”, cioè ha fiuto, e insomma alla fine potrebbe rinfoderare persino l’eurofobia, se necessario. Ma intanto se la Lega perde il Veneto – si vota il 31 maggio – è un po’ finita, ancora prima di cominciare, come per Farage. “E invece sarà un referendum alla scozzese”, dice Salvini. “E lo stravinciamo”.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.