Ansa

Il romanzo di Bobo Maroni/ 8

Il secessionista a intermittenza che il 2 giugno fa suonare “La gatta”

di Cristina Giudici e Marianna Rizzini

Ma è secessionista o no, questo Roberto Maroni?, si sono chiesti a più riprese gli osservatori di universi leghisti, disorientati di fronte a un Bobo che prima (negli anni Novanta) recluta guardie padane e poi (sempre negli anni Novanta) ai comizi esita, come se quel grido “Padania libera” gli si strozzasse in gola – tanto che oggi ha addolcito il concetto con l’immagine dei “barbari sognanti” che stanno lì a vagheggiare la terra “indipendente”

Ma è secessionista o no, questo Roberto Maroni?, si sono chiesti a più riprese gli osservatori di universi leghisti, disorientati di fronte a un Bobo che prima (negli anni Novanta) recluta guardie padane e poi (sempre negli anni Novanta) ai comizi esita, come se quel grido “Padania libera” gli si strozzasse in gola – tanto che oggi ha addolcito il concetto con l’immagine dei “barbari sognanti” che stanno lì a vagheggiare la terra “indipendente”.

Secessionista davvero o per finta, Maroni? Intanto c’è quell’indizio, quella frase: “Lenin diceva che la malattia infantile del comunismo era l’estremismo. Per noi federalisti è una malattia senile che ha il volto del separatismo”. Sono parole che Bobo pronuncia il 13 febbraio del 1995, all’indomani della giornataccia al Palatrussardi. Giornata di congresso post ribaltone, giornata da Calimero per il Maroni non ribaltonista. “I federalisti sono ovunque”, dice Bobo, “fuori e dentro la Lega”, e qualcuno pensa: che Maroni abbia in mente di unirli in un partito? E invece no.

Perché Maroni in esilio ci va, ma per poco: vacanza nei mari del sud e primavera di riavvicinamento a Umberto Bossi (Bobo scrive una lettera all’Indipendente per dire che aveva ragione Bossi, Bossi concede un “gli telefonerò”). Il tempo di tornare, il tempo di vedere la Lega che resiste nelle urne, il tempo di passare con la Lega all’opposizione, ed ecco che Bobo si ritrova lungo il Po, il 15 settembre del ’96. Ci sono le catene umane, ci sono le salsicce, ci sono, dal Monviso a Venezia, orde di proclamatori d’indipendenza padani che non vedono l’ora di abbeverarsi alla sacra ampolla – l’evento merita, e infatti l’avvocato Gianni Agnelli un giro in elicottero là sopra se lo fa.

E’ successo che Bossi, nonostante i buoni risultati elettorali (insperati dopo il ribaltone), punta a tenersi buona la pancia del movimentoì, tenendo nel contempo sulla corda l’establishment romano. A Roma, infatti, la Lega non è diventata il terzo incomodo che decide le sorti dei due poli, come sperava il Senatur. Per il Maroni riabilitato si apre una prateria di incombenze secessioniste, e tra il ’96 e il 2001 Bobo esegue, da soldato, gli ordini del generale: cerca nuovi uomini da camicia verde, fa il capo del governo provvisorio padano, coordina il Parlamento del nord. E’ roba forte per un secessionista a intermittenza come Bobo, uno che comunque preferisce la lotta “gandhiana” alle intemerate alla Mario Borghezio.

E chissà se il Bobo del ’96, quello che finisce in barella dopo una colluttazione con la Digos, ha già in mente “la Lega di domani”, come dice la sua amica Irene Pivetti, e cioè la Lega che fa il grande partito moderato. Fatto sta che un Bobo apparentemente secessionista organizza nel ’97 le “elezioni padane” e dice: “Da domani parlare di secessione sarà un fatto lecito”. E però Alessandro Cè, ex assessore regionale alla Sanità lombarda poi fuoriuscito dalla Lega, pensa il contrario: “Maroni non è mai stato secessionista. Autonomista e federalista sì, ma non separatista”.

E allora sembrano meno contraddittorie pure le contraddizioni: Bobo ministro dell’Interno che il 2 giugno 2010 si rintana a Varese, dove la banda suona “La gatta” di Gino Paoli, e Bobo che, per il centocinquantesimo dell’Unità d’Italia, nel 2011, invita Giorgio Napolitano a Varese sulle note dell’inno di Mameli. E ancora Bobo che esce dal Consiglio dei ministri che decide di festeggiarla con la grancassa, l’Unità d’Italia, e Bobo che parla di Italia “unita ma federale” con il sindaco di Verona Flavio Tosi a far da spalla. Tanto poco è credibile come secessionista, Bobo, che Claudio Baglioni lo invita a Lampedusa, quest’estate, per un concerto in trio con Silvio Berlusconi.