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Piccola Posta

Tutto è torbidamente intricato, e le menzogne insostenibili si moltiplicano

Adriano Sofri

In una situazione così contraddittoria, i bugiardi seriali aumentano i loro argomenti. Che il loro campo di battaglia sia il talk-show o la Situation room, il Cremlino o la rubrica settimanale poco cambia

Sono contento che i siti nucleari iraniani siano stati distrutti, o danneggiati così pesantemente che per qualche anno non potranno nuocere. Contentissimo. Sono scontento che sia avvenuto per mano di un governo israeliano che massacra affama e asseta quotidianamente i palestinesi a Gaza e li violenta e umilia in Cisgiordania, e di una presidenza americana che sta facendo degli Stati Uniti un paese fascista, sfottendo la Groenlandia e tradendo la libertà dell’Ucraina. Scontentissimo.  Sono spaventato dal bombardamento israeliano che ha colpito il carcere-lager di Evin, un antico sacrario di torturati e uccisi e un sepolcro di migliaia di donne e uomini vivi. Spaventato che possano essere anche loro colpiti. Spaventato che la tregua di fuori dia ancora una volta mano libera alla carneficina di dentro. Spaventatissimo. Ma poche cose ho visto, dopo averle sperate contro ogni ragionevole speranza, commoventi come il portone blindato di Evin fatto esplodere con esattezza. Ne sono contento, contentissimo.  E’ tutto così torbidamente intricato. Lo è sempre. Stavano dalla parte della resistenza di Stalingrado anche molti che sapevano che cosa ci fosse dietro quel nome. Oggi attorno alle scelte di ciascuno non c’è una morsa ferrea come quella di allora. Oggi le cose potrebbero ancora andare diversamente. Potevano andare diversamente prima del 7 ottobre. Dopo il 7 ottobre. Potevano andare diversamente nel negoziato sull’atomica iraniana. Possono andare diversamente. E comunque, anche oggi, anche in una situazione così tragicamente e grottescamente contraddittoria, si sa da che parte stare. 


E da che parte non stare. I nostri elettori a distanza di Trump l’hanno elogiato come colui che portava la pace, non fosse altro che la pace dei fatti propri, che è la loro religione. Trump ha fatto decollare i B2 – non li avevamo nemmeno sentiti nominare, imbecilli, fino a mezz’ora fa – e li ha benedetti in nome di Dio. E’ fantastico come maneggino il nome di Dio questi puttanieri universali. E di colpo i suoi elettori a distanza l’hanno rinnegato come il peggiore dei terroristi, per far dimenticare di averlo perdutamente celebrato un’ora prima. Erano diventati sostenitori intransigenti della giustizia distributiva, così da proclamare che se Israele ha l’atomica, e vuole far guerra all’Iran, è giusto che prima l’Iran abbia la sua atomica. Un criterio appena realistico della non proliferazione – di fermare le armi nucleari al punto in cui sono maledettamente arrivate, in nove Stati, a quanto se ne sa – andava così a farsi fottere per un improvviso trasporto cavalleresco in pro dell’Iran dei turbanti e degli squadristi. (Perfino il buffone di corte russo, Dmitrij Medvedev, dopo un rabbuffo di Trump, ieri si è premurato di far sapere che lui è contro la proliferazione. Ingordo). E quella banda di smaniosi di pace si è dimenticata che la Russia, proprietaria del più gran numero di testate nucleari – benché, speriamo, non dello stato più efficiente, ma a quel punto cambia poco – ha aggredito l’Ucraina che non ne ha, e a loro non è mai passato per la testa di rivendicarne la dotazione, per cavalleria. Quell’Ucraina che per colmo di sarcasmo ne custodiva la maggior parte, al momento in cui divenne indipendente, e fu così credula da cederle in cambio di promesse solenni pronunciate con le dita incrociate dietro la schiena. 


Forse i manovali atomici iraniani, quelli scampati, hanno portato via in tempo i loro 400 chili di uranio arricchito al 60 per cento. E negli anni a venire, ad Allah piacendo e al Mossad e agli altri nemici suoi, si rifaranno a partire dal gruzzolo salvato. Se avvenisse, ricorderebbe un’abitudine dei governi israeliani con Gaza: una guerra (provocata, eh) ogni tanto, breve, distruttiva, sufficiente a guadagnare gli anni necessari a Hamas per ricostruire palazzi e tunnel, fino alla prossima. Niente uccide più delle abitudini, come si è visto in quell’abominevole 7 ottobre. Dopo, specialmente se si è in bilico come Netanyahu, si continua a giocare al rialzo. Una mano alla volta, come in ogni partita d’azzardo, fino alla mano del tutto per tutto, a Teheran. La fortuna, dicono i tenutari di casinò, aiuta gli audaci. Può succedere. Vorrei suggerire un paragone fra l’andamento di questo rincaro delle armi e il rincaro degli argomenti cui si abbandonano i fautori di menzogne insostenibili. Che il loro campo di battaglia sia il talk-show o la Situation room, il Cremlino o la rubrica settimanale. Si comincia con la Russia che, a ben risalire, non ha proprio tutti i torti, e si finisce – no, non si finisce mai, si prosegue – con l’Ucraina che ha aggredito la Russia. Con gli ayatollah e i pasdaran che prima maltrattano troppo la loro popolazione, e poi diventano i campioni del diritto internazionale. Con Trump che è meglio di Biden, e finisce per essere come Biden, o peggio. (No: peggio no, peggio di Biden non ce n’è, quel vecchio rimbambito).