(foto Ansa)

Piccola posta

La noia lodata a Sanremo, e non solo

Adriano Sofri

Quanto ai risultati del Festival, io sono di quelli che se ne rallegrano. E poi, che gioia l'Italia che vota nel cuore profondo della notte

All’improvviso, tutto si è precipitato e cristallizzato. L’Italia s’è desta. Al punto che ha votato per la vittoria nel festival di Sanremo tra le due e le tre dopo mezzanotte. Imbambolato di giorno e sveglio di notte, ho seguito con trepidazione, e gioito del risultato. Il paese reale, come si dice, è migliore. Ignaro dei precedenti, quando ho sentito dire dai conduttori – migliori eccetera – che “tutti i voti dati fin qui sono azzerati”, e ho guardato l’orologio, non credevo ai miei occhi. L’Italia che fu già prima nella partecipazione elettorale, una specie di ritardo civile sentito come un privilegio politico, e poi, alla svelta come per tutto, come per l’eroina, come per le nascite, mirò al record delle astensioni, votava ora nel cuore profondo della notte. Qualcuno avrà messo la sveglia.

Ho letto che un po’ del festival era stato esteso alla visione in Ucraina, dove la combinazione fra il coprifuoco locale e la dolce vita italiana avrà avuto un effetto dirompente. Un’Italia così deve sembrare seducente e perduta come l’ultima Sibari, dove anche i cavalli schierati sul campo di battaglia si misero a danzare, e i crotonesi fecero terra bruciata. Quanto ai risultati, io sono di quelli che se ne rallegrano. Non sapevo che cosa fosse la cumbia, ma la noia sì, in memoria di tanti preziosi pomeriggi di adolescente, e per Giacomo Leopardi naturalmente, il quale ne disse cose anche contraddittorie, ma soprattutto la lodò, come Angelina Mango e coautrici: “...e però noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di nobiltà, che si vegga della natura umana. Perciò la noia è poco nota agli uomini di nessun momento, e pochissimo o nulla agli altri animali”.

Conclusione che assicura dell’esistenza di una natura umana, di “uomini di nessun momento”, e dell’affinità fra umani e altri animali. Califano, che si può considerare il contraltare fraterno di Leopardi nell’antropologia italiana, fu più sbrigativo con la noia e tutto il resto, ma era un tipo col quale mi sarei trovato bene in galera, penso. Penso che mi sarei trovato bene, in libertà, con Pino Mango.

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