(foto Ansa)

Piccola posta

La vocazione troppo umana nello scontro tra Zaluzhny e Zelensky

Adriano Sofri

Devono stare molto attenti, lì in Ucraina. Il tema dell'insofferenza reciproca e i ricordi che lasceranno

Una rivalità spinta fino alla rottura fra le due personalità più autorevoli e più popolari di un paese in guerra, al secondo anniversario di una guerra provocata da un’invasione tracotante, è affare di cui meravigliarsi poco. Succede. (Successe a Fidel e al Che, a meno che crediate che il Che andasse in giro per il mondo per averlo concordato con Fidel). Ed è del tutto naturale, per usare questo aggettivo, della natura umana, che a fomentare la rivalità non sia soltanto né tanto una divergenza sul merito, la conduzione politica e militare della guerra, ma sentimenti più personali di insofferenza, gelosia, suscettibilità, le piccole cose che in nome della grande causa dovrebbero essere, si dice, accantonate, ma sono terribilmente esigenti. Succede in famiglia, nelle guerre di pianerottolo, e anche dov’è in ballo la sopravvivenza di un grande paese. Succederà anche quando si trattasse del mondo intero, piccolo come s’è fatto.

Ricordo che l’avvisaglia di una concorrenza, già fomentata da Mosca, venne un anno e mezzo fa dal ritratto del comandante in capo sulla copertina del Time. Le copertine occidentali possono più delle mene del Cremlino. Zaluzhny era e si considerava una creatura di Zelensky, che l’aveva imprevedibilmente chiamato a quella carica quando non era ancora generale, nemmeno un anno prima dell’invasione. Aveva, e curava, oltre alla competenza militare, una forte popolarità fra i combattenti, e una reputazione di onestà. Anche in un paese in cui la fatica della guerra e la renitenza alla mobilitazione crescevano, era naturale che i sondaggi certificassero una caduta di consensi alla politica e una tenuta di quelli ai capi militari. Ieri ho sentito una commentatrice di cose internazionali convinta che in Ucraina bar, auto e locali pubblici siano tappezzati di ritratti di Zaluzhny. Nella parte che conosco dell’Ucraina non ho visto pressoché mai ritratti di Zaluzhny né di Zelensky: è una delle cose che dall’inizio apprezzai di più.

Ora l’insofferenza reciproca fra i due ha un tema attorno a cui girare, che è appunto la mobilitazione e i modi per affrontarne la necessità e l’impopolarità. Probabilmente non è il punto, e il punto sta in quella vocazione umana troppo umana. Devono fare dunque molta attenzione. Per chi è fuori, salvo che sia di quelli che si compiacciono delle difficoltà di un paese costretto a una resistenza insieme ottocentesca e ultramoderna, e con un braccio legato dal ricatto atomico e dalle vicissitudini delle democrazie, c’è solo da ammirare uomini che hanno fin qui messo in gioco la propria vita e quella dei propri cari, e perfino qualcosa di più, il ricordo che lasceranno. Benché non sia ancora tempo di ricordi.

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