Il piedistallo di un monumento a Pushkin rimosso a Ternopil (Wikipedia)

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La rimozione di Pushkin e altre due notizie sull'Ucraina

Adriano Sofri

L'attacco a Sebastopoli seguito dalla surreale indignazione dei portavoce del Cremlino, lo spazio dedicato sui giornali italiani a eventuali elezioni a Kyiv. E poi la cancellazione del grande poeta (in buona compagnia)

Tre notizie riguardanti l’Ucraina. La prima è l’attacco a Sebastopoli, Crimea, che tre giorni fa ha colpito la base dello stato maggiore navale russo. Sembra che gli ucraini fossero informati che vi si teneva una riunione dei massimi gradi, e che vi sia morto il comandante in capo della flotta, e gravemente feriti un altro generale e altri alti ufficiali: un gran colpo.

E’ surreale l’indignazione con la quale i portavoce del Cremlino denunciano i rari attacchi portati dall’Ucraina sul loro territorio, mentre decine di migliaia di proiettili russi di ogni genere infieriscono quotidianamente su ogni angolo del territorio ucraino. Nel caso della Crimea, si tratta oltretutto di un territorio ucraino illegalmente occupato, sicché la sdegnata denuncia russa del “terrorismo” è tragicomica. Le azioni ucraine, in mare e sulla terra della penisola, mostrano una capacità notevole di intelligenza, e una corrispondente incapacità della marina russa di sentirvisi al sicuro.

La seconda notizia è lo spazio dedicato all’eventualità di elezioni, parlamentari e presidenziali, da tenersi in Ucraina. Il Fatto, combattuto com’è fra reverenza alla Russia e avversione all’Ucraina, oggi intitolava: “L’occidente a Kiev: elezioni nel 2024”. L’occidente. Altri giornali riferivano che alcuni esponenti repubblicani americani, in pro della propria campagna elettorale, e poche singole voci europee raccomandano che si tengano le elezioni. Pressoché tutte le forze politiche in Ucraina sostengono l’impossibilità materiale, oltre che il divieto di tenere elezioni mentre vige la legge marziale: bisognerebbe assicurare il voto di una popolazione esposta quotidianamente ai bombardamenti, dei militari al fronte, dei milioni di cittadini espatriati, per non dire dei territori occupati e svuotati e rimpinzati. Saranno gli ucraini a deciderne. Ma è evidente anche agli accecati che elezioni svolte in questo contesto darebbero una vittoria senza ostacoli a Zelensky. E’ evidentissimo anche a partiti rivali in Ucraina.

La terza notizia dice che il ministro della Cultura, Rostislav Karandeev,  ha avviato il processo di cancellazione dei monumenti a Pushkin e ad altre personalità russe dal registro dei monumenti, per accelerarne lo smantellamento. Alcune figure coinvolte appartengono alla storia politica del Novecento e ai suoi attori sovietici. Altre alla storia tout court. Il ministero si prefigge di “pulire lo spazio pubblico dai simboli del regime totalitario comunista e della politica imperiale russa”. Il passo successivo, smantellamento e collocazione a riposo, spetterà agli organi di autogoverno locale. Il comunicato elenca i monumenti coinvolti a Kyiv, a cominciare da quello a Pushkin, e in altre città. E, a Odessa, i monumenti a Pushkin e al generale principe Vorontsov, nella piazza centrale, a due passi dalla cattedrale ortodossa in cui è sepolto, e ora sfondata da un missile russo al cui restauro governo e professionisti italiani sono impegnati. Vorontsov (1782-1856) è quello che sconfisse Napoleone, che governò la cosiddetta “Nuova Russia” e si infastidì delle poesie dedicate da Pushkin alla sua bella moglie, che combatté nel Caucaso contro il famoso Shamil, e che Tolstoj raccontò nel suo Hadzi Murat. Personaggio storico discutibile e discusso, in vita e dopo, ma la statua, che è lì dal 1863, più di 8 metri, cinque di piedistallo in pietra e tre della figura in bronzo, scultore tedesco, Brugger, sovrintendente architettonico l’italiano Boffo, è da allora parte essenziale della fisionomia cittadina. Per giunta, le sue peripezie passate gettano un’ombra tragicomica sulla condanna attuale. Negli anni ’30 le autorità sovietiche ne disposero l’abbattimento, ma la catena di acciaio che doveva tirarla giù si spezzò. Si accontentarono di sostituire un’epigrafe che elogiava Vorontsov con una che lo irrideva – quattro versi, “Un mezzo-milord, un mezzo-negoziante, / Un mezzo-saggio, un mezzo-ignorante, / Un  mezzo-mascalzone, ma la speranza c’è / Che alla fine lo sarà al cento per cento. Versi, guarda un po’, di quel Pushkin. Nel 1991, altro giro e altra corsa. Alla fine della Seconda guerra accanto a Vorontsov era stata eretta una statua a Stalin: benedetta la sua demolizione (adesso il Putin dell’operazione speciale rimette in sella l’orrendo Dzerzhinsky: porte girevoli).

Ora, se non fraintendo, il progetto del ministro passerà per la verifica del governo. Il quale vorrà una volta considerare l’ipoteca futura di simili cancellazioni, e il loro effetto internazionale, oltre che sulla speculazione degli odiatori dell’Ucraina, sul sentimento dei suoi veri, cordiali sostenitori. Si può davvero credere che l’Unesco, la sua direttrice per l’Ucraina, Chiara Dezzi Bardeschi, gli intellettuali e professionisti impegnati al restauro e alla ricostruzione, come Stefano Boeri e Alessandro Giuli, non chiedano un ripensamento al governo ucraino, e allo stesso ministro Karandeev, col quale si sono incontrati venti giorni fa insieme all’inviato speciale La Cecilia? (L’ambasciatore Zazo, se non sbaglio, si è pronunciato contro la cosiddetta cultura della cancellazione). E se no, dopo Pushkin e Vorontsov – Caterina e gli annessi quattro “fondatori” sono già abbacchiati su qualche pavimento, e la piazza restata con un palmo di naso – sarà la volta della prima fra le statue, quella al “Duca”, Richelieu, in cima alla scalinata?

E la scalinata?

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