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Odessa, maneggiare con cura. I bombardamenti e ora il restauro

Adriano Sofri

La visita della delegazione italiana incaricata del restauro degli edifici storici e dei monumenti colpiti fa credere che le nostre autorità facciano sul serio. Potranno, i nostri, fare tesoro dell’eccellente e misconosciuta opera volontaria di studiosi e curatori locali

Odessa è la perla, e che la Russia di Putin accecata dal possesso e dalla gelosia le si accanisca addosso bombardando e affamando rende più necessario che mai maneggiarla con delicatezza. Odessa non è solo bella, è devota alla bellezza: quella che forse salverà il mondo, quella che il mondo può salvare. Le cronache di ieri riferivano di due avvenimenti concomitanti: l’inaugurazione ufficiale del consolato onorario italiano (la nomina risaliva ad aprile) e la visita della delegazione italiana incaricata del restauro degli edifici storici e dei monumenti colpiti: a cominciare dalla cattedrale ortodossa (e di obbedienza al patriarcato moscovita!) sventrata da un missile.

Il primo dato promettente, e singolare, è il nome ucraino del console: Vladislav Shtamburg. Ha 47 anni, è di Dnipro, ha un’impresa di export-import alimentare, è stato impegnato nella dirigenza e nel mecenatismo sportivo – calcio, equitazione paralimpica – ha tre figli. E’, ha ricordato l’ambasciatore italiano, Pier Francesco Zazo, “un grande amico dell’Italia”. Dnipro si è distinta per l’iniziativa civile della generazione dei suoi imprenditori di successo quarantenni. La nomina di Shtamburg conferma l’aria da “papi stranieri” di cui Odessa respira. Ha dal 30 maggio un nuovo governatore, Oleh Kiper, 43 anni, già a capo della Procura di Kyiv, ma nato e formato a Odessa. Ha un noto e discusso sindaco, dal 2014, Hennadyi Truchanov, 58 anni, anche lui legato all’Italia, libero su cauzione per inchieste di corruzione.

Il secondo avvenimento, la visita della delegazione, fa credere che le autorità italiane facciano sul serio. Il desiderio di assumere onere e onore della ricostruzione a Odessa – vivamente condiviso dalla Grecia, che ha anche lei una illustre storia cittadina – ha ricevuto il sostegno congiunto di Tajani per gli esteri, di Sangiuliano per la cultura e di Mantovano per la Presidenza del Consiglio. Direttamente investiti sono Stefano Boeri per la milanese Triennale e Alessandro Giuli per il romano Maxxi, e con loro il commissario per la ricostruzione, ambasciatore Davide La Cecilia, e la direttrice dell’Unesco per l’Ucraina, Chiara Dezzi Bardeschi. Specialista, quest’ultima, di restauro archeologico e ricca di un’esperienza internazionale, come nella Beirut esplosa; oltre che di un cognome che il suo gran padre Marco, 1934-2018, ha illustrato soprattutto nell’ambito del restauro dei monumenti. Sopra la questione della delicatezza – queste persone del resto la professano – ecco un piccolo esempio. Alla vigilia del voto sull’accoglienza di Odessa – Odesa, nella grafia ucraina – nel patrimonio minacciato dell’Unesco, il sindaco, col ministro della cultura, denunciò vibratamente l’Icomos, il Consiglio internazionale per i monumenti e i siti, il quale verifica per l’Unesco le nomine al Patrimonio e cura la conservazione. “L’Icomos ha politicizzato il dossier ucraino includendo nella descrizione del bene informazioni sulla fondazione di Odesa per ‘decisione strategica dell’imperatrice Caterina II’… Non possiamo tollerare la presenza di narrazioni apertamente filorusse nel documento preparato dal Centro del Patrimonio Mondiale sulla candidatura ucraina…”. La sezione italiana dell’Icomos era stata presieduta appunto da Marco Dezzi Bardeschi, e sua figlia gli è vice-succeduta…

Costoro, con l’ambasciatore Zazo, hanno trascorso i due giorni di Odessa che per alcuni, lo stesso Boeri, erano i primi, e che agiscono immancabilmente come l’incontro di un innamorato per corrispondenza, sazio di fotografie, che la scopre ancora più bella. Così ferita e oltraggiata, poi. Boeri aveva fatto l’esperienza sconvolgente di Irpin. Odessa è altra cosa, naturalmente, benché ostenti a cielo spalancato “il paradosso”, lo chiama, della cattedrale presa di mira e scoperchiata. E’ successo anche a lui di riconoscere continuamente altre città, Nizza per il gran viale alberato, Vienna o Milano per il teatro e le sue balconate continue…, e la vecchia Borsa diventata municipio di Francesco Boffo, la nuova Borsa diventata Filarmonica di Alexander Bernardazzi, e la scalinata – l’hanno vista, infatti. (Chissà se riuscirebbero a liberare il cerchio meraviglioso del porto dalla mole orrenda del già Hotel Odesa: Ruskin e restauro conservativo sì, ma c’è un limite a tutto).

Potranno soprattutto, i nostri italiani, fare tesoro dell’eccellente e misconosciuta opera volontaria di studiosi e curatori locali. Dmitry Shamatazhi, 37 anni, e Alexander Levitsky, 33 cominciarono nella primavera del 2008 a compilare un catalogo elettronico corredato delle informazioni visive sulla vecchia Odessa. Oggi sono state completamente studiate, una per una, 3 mila case: l’intero centro della città e circa la metà degli altri vecchi edifici, compresa Moldavanka e la remota periferia. Hanno fotografato ogni dettaglio architettonico, arrampicandosi in luoghi inaccessibili persino ai residenti, sui tetti e nelle soffitte. Purtroppo questa conoscenza è stata utile ai restauratori più volte: incendi e crolli prima della guerra, ora la fiera dei missili russi. Si sono procurati qualche soldo organizzando visite guidate cortile dopo cortile, che sono le isole del tesoro di Odessa. Hanno mostrato ai cittadini che studiare lo sviluppo urbano non è noioso, e spesso è più emozionante dei miti e delle leggende. Dal dicembre 2019, Alexander ha dato vita al progetto “Mille portoni”: Alexander ha trovato specialisti che hanno iniziato a restaurare i portoni d’ingresso sulle facciate degli edifici. Fino all’anno scorso venivano restaurati solo dai privati. L’11 gennaio 2022 hanno firmato un contratto con la Ue per 440 mila euro. Per la guerra, il denaro è stato devoluto alle forze armate. Ma l’abitudine ad arrangiarsi li ha aiutati a continuare durante la guerra: ad oggi hanno restaurato 17 portoni. E preservati i dipinti e i segni antichi che si rivelano sotto il rozzo intonaco dell’era sovietica. Senza toccare i fondi del bilancio cittadino. Sinergie in attesa.

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