Conseguenze di un attacco russo a Mykolaiv

Piccola posta

Gli attacchi Mykolaïv non sono solo un ostacolo alla controffensiva ucraina

Adriano Sofri

La Russia desidera conquistare Odessa, che nel frattempo cerca di vivere difendendo la propria bellezza

Ogni giorno, dunque ogni notte, sulle case e sugli ospedali della città di Mykolaiv si abbattono i missili russi. Pressoché ogni giorno si contano i morti, ogni giorno i feriti. Mykolaiv aveva mezzo milione di abitanti. Ora è svuotata di una gran parte dei suoi cittadini, quelli che sono riusciti a trovare riparo altrove, e riempita degli sfollati dal circondario e dal territorio a est, dov’è Kherson occupata. Non ha acqua. Vive, sopravvive, degli aiuti e dell’opera dei volontari. Due mesi fa i russi erano arrivati fin dentro la città e si ubriacavano del sentimento di avere la strada aperta alla volta di Odessa, poi la resistenza dell’esercito e della gente li ricacciò indietro. L’accanimento dell’artiglieria russa contro la città non può spiegarsi solo con l’intenzione di ostacolare nella retrovia la controffensiva, che c’è, degli ucraini verso Kherson: è piuttosto la dimostrazione che l’esercito russo non ha rinunciato al sogno di prendere Odessa. E castigarla. La vita di Odessa è oggi, come su un palcoscenico internazionale, la sfida a tutto ciò che la Russia di Putin, di Kirill e dei loro complici intendono spacciare al loro mondo. Ormai la Russia non può più sperare di prendere Odessa per farsene bella. Può lividamente desiderare di prendere Odessa per farla brutta. É il desiderio di sfregiare la bellezza che non si può avere né avvicinare. E la musica delle strade di Odessa, gli abiti delle sue ragazze, le sue aiuole, i suoi caffé, i teatri e le mostre, non hanno ragione di sentirsi in colpa con le persone della Mykolaiv trincerata per difenderla, perché è proprio questo che stanno difendendo: la dolce vita – provvisoria, effimera, forse – del loro retroterra, che è la promessa di una vita dolce anche per loro, un giorno, una notte, presto o tardi. 

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