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Renato Gattuso e la logica dell'errore

Adriano Sofri

Sbagli, omissioni e inesattezze seguono criteri e meccanismi propri, non freudiani, e inesorabili. In tv come in letteratura, da "Striscia" a Dostoevskij, fino a Primo Levi e Orwell. Tra indulgenza e interpretazioni

L’altroieri giravano le immagini di “Striscia” con l’insegna stradale di Magnago (Milano) intitolata a “Renato Gattuso”. La sindaca si è scusata, ha detto che avrebbe appurato come si fosse arrivati allo svarione e ha promesso che i cartelli corretti sarebbero stati collocati al più presto. Suggerirei un’indulgenza: gli incaricati dei cartelli possono essersi detti che Guttuso era evidentemente un errore e hanno corretto, evitando per discrezione di avvertire i committenti.

 

Gli errori, quando non sono puramente meccanici (come nella maggioranza dei casi, tesi confermata dai traduttori automatici), hanno una loro logica non freudiana inesorabile. Ernesto Ferrero, nel suo libro sulla casa Einaudi, “I migliori anni della nostra vita” (Feltrinelli 2005) ricordava la desolazione di Primo Levi per un suo “cecchino” tradotto “the little Czech”. Al contrario, dall’inglese all’italiano, è memorabile per me il titolo di un paragrafo mitologico sul giudizio di Paride, “The choice of Paris”, tradotto: La scelta di Parigi.
 

Introducendo la sua preziosa traduzione del “1984” di Orwell appena uscita nella Memoria Sellerio, che ripristina il titolo originale in lettere, “Millenovecentottantaquattro” (Nineteen Eighty-Four), Tommaso Pincio rifà la storia di una famosa riga delle amarissime pagine finali, quella in cui il demolito Winston Smith scrive con il dito nella polvere: 2 + 2 = 5. È il suggello della sua sconfitta senza scampo. Ebbene, il libro uscì nel 1949, ma già nel 1951, e poi per quasi quarant’anni, le ristampe, per un disguido tipografico universalmente ignorato, saltarono il 5. Sicché si leggeva così: 2 + 2 =


Pincio spiega quali rilevanti slittamenti nell’interpretazione poterono derivare dall’omissione di quell’unica cifra per un refuso della composizione in piombo. In particolare, chi leggeva poteva credere, o sperare, che Winston Smith non fosse stato del tutto piegato, che rifiutasse, o esitasse ancora, ad ammettere che 2 + 2 non fa 4. Orwell morì prima di potersi accorgere dell’errore.

 

Postilla. Alla rovescia, Dostoevskij, nelle “Memorie dal sottosuolo” (1864) e anche, proverbialmente, nei “Diari”, denunciava nell’assolutismo aritmetico del “2 x 2 = 4” quella che gli sembrava un’arroganza invadente della ragione e della scienza – usando la moltiplicazione invece che l’addizione (almeno nelle mie traduzioni). Per il suo Winston Smith del sottosuolo 2 x 2 = 5. Le vie dell’errore sono infinite.

 

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