piccola posta

Gramsci, o della libertà intellettuale

Adriano Sofri

Fra poco, l’8 gennaio, saranno cent’anni dalla nascita di Sciascia, e Franco Corleone, che ha letto la mia posta su Gramsci, mi inoltra un suo vecchio brano dedicato ai precoci studi di Sciascia su Pirandello, autore sempre capitale per lui, nei quali si leggevano giudizi su Gramsci. “Sciascia esamina criticamente l’analisi di Pirandello compiuta da Benedetto Croce, da Adriano Tilgher e cita ‘l’impareggiabile saggio del Debenedetti’.

 

   

 

E aggiunge: ‘Singolari e felicissime intuizioni ebbe Antonio Gramsci: ma purtroppo è soltanto ora che i suoi quaderni del carcere e le sue disperse cronache drammatiche entrano nel nostro orizzonte bibliografico’. Nella nota Sciascia segnalava il volume Letteratura e vita nazionale, pubblicato da Einaudi nel 1950. /…/ Il riconoscimento alla grandezza di Gramsci era attestato da parole commosse e poco note: ‘A questo punto, crediamo venuto il momento di citare Gramsci, e di rifarci al suo punto di vista. Bisogna tener conto che egli scrive in carcere, non ha a soccorrerlo che pochi libri e la sua limpida e certa memoria: e in quel silenzio fisico che lo circonda, che porterebbe altri alla fiacchezza e alla disperazione, egli miracolosamente diviene, idealmente accanto a Benedetto Croce, l’uomo più libero che sia possibile trovare nell’Italia del fascismo. Non diciamo libero nel pensare politico soltanto, ma nella più ampia e sconfinata libertà intellettuale’”.