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Riconoscere un supereroe

Adriano Sofri

L'imbarazzo di ricordarsi dell'odissea dei migranti, a cui ormai siamo assuefatti, e un dubbio: se ci fosse un Odisseo in ciascuno di loro? 

"Anche Superman era un rifugiato" si intitola il libro curato da Igiaba Sciego con l’Unhcr (Piemme 2018) in cui dodici scrittrici e scrittori raccontano le vite parallele di esuli di oggi e del passato. Fa impressione, anche se ormai siamo assuefatti, chi più chi meno – ci “abbiamo fatto il callo”, abbiamo una pelle di coccodrillo, senza più nemmeno le postume lacrime – fa impressione pensare ogni volta alle linee che sulla superficie del mare nostro (quando non vanno sotto) tracciano gommoni e barchini dal sud verso nord, e alle linee che nel cielo tracciano gli aerei coi quali andiamo in vacanza dal nord al sud. Cedere alla comparazione diventa facilmente demagogico, e se pensassimo costantemente a come vive gran parte dell’umanità lontana e vicina non riusciremmo più ad accendere la luce e bere un cappuccino. Ma ogni volta che mi ricordo dell’odissea dei migranti, rifugiati o no, superuomini e superdonne e superbambini che tanto spesso non ne hanno il fisico, sono in un enorme imbarazzo. Ho paura di sbagliare come quei fessi che gozzovigliavano a Itaca e scambiarono Odisseo per un decrepito e invalido barbone – tranne un pastore, un cane, e una vecchia balia. Forse c’è un Odisseo in ciascuno, in ciascuna di loro, e anche se non c’è, hanno deserti di sabbia e d’acqua in fondo agli occhi. Poi guardo i trecento che sulla cresta dell’Everest fanno la coda per toccare la cima e guadagnarsi, a caro prezzo di denaro, e a volte della vita, il certificato di Superman-massa. Che storia, no?

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