Papa Francesco (foto LaPresse)

Il Papa e la parabola della zizzania: a chi spetta estirpare l'erba cattiva dalla Siria

Adriano Sofri
“La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo”. Ho ascoltato un dibattito organizzato dall’Istituto Sturzo e dalla Fondazione Italianieuropei sopra l’ultimo numero della rivista.

“La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo”. Ho ascoltato un dibattito organizzato dall’Istituto Sturzo e dalla Fondazione Italianieuropei sopra l’ultimo numero della rivista della fondazione, dedicato al pontificato di Francesco. Uno degli intervenuti, l’arcivescovo Zani, segretario della Congregazione per l’educazione cattolica, ha ricordato che Francesco pensa al cristiano come il seminatore, meno attento a estirpare la zizzania che a far crescere il grano buono. L’idea mi ha colpito contraddittoriamente.

 

Mi è piaciuta, come un ripudio del cristiano inquisitore, ossessivamente intento a stanare il peccato dovunque si annidi: ripudio confermato dalle cose che il Papa dice e fa a proposito di giustizia e pene, dall’abolizione dell’ergastolo al disgusto per la pena di morte, e anche a proposito della distinzione fra peccati e peccatori. Per un altro verso, l’idea rinnova il rovello sulla zizzania. Che cosa pensa e sente il Papa, nelle notti di Santa Marta, del mattatoio dei siriani, del genocidio dei cristiani in Iraq, delle terre in cui la zizzania è cresciuta rigogliosa fino a soffocare ogni altra pianta? I buoni pastori, i buoni seminatori là sono braccati, e chiedono, implorano in nome del loro gregge che si impieghi una forza giusta per soccorrerli. Il Papa ha molto pregato per loro, ma ha scongiurato l’impiego di quella forza. L’ha fatto per esempio con un impegno più esposto al momento del superamento della cosiddetta linea rossa in Siria: c’era una gran voglia in chi aveva proclamato la linea rossa di non farne niente, e lo scongiuro di Francesco aiutò a non farne niente. Fu un’ennesima dimostrazione dell’impossibilità di occuparsi solo dell’erba buona, e lasciare a Cesare quella cattiva.

 

Un paio d’anni fa Francesco illustrò all’Angelus la parabola della zizzania, e concluse che “il nemico – il maligno – è astuto: ha seminato il male in mezzo al bene, così che è impossibile a noi uomini separarli nettamente; ma Dio, alla fine, potrà farlo”. Il problema è antico, e sta in quel “alla fine”.

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