Il presidente uscente degli Stati Uniti, Barack Obama (LaPresse)

"Nessun genocidio contro i cristiani in Siria e Iraq", per la Casa Bianca è questione di cavilli legali

Matteo Matzuzzi
Per il portavoce della Casa Bianca, John Earnest, manca "la vera determinazione legale" per poter usare la parola "genocidio" in riferimento alla persecuzione dei cristiani. Appello di Robert P. George e Cornel West: "In nome della decenza e delal verità, chiamate le cose con il loro nome".

Roma. In Siria e Iraq non è in corso alcun genocidio contro i cristiani. A dirlo, nel briefing di routine con i giornalisti accreditati, è stato il portavoce della Casa Bianca, John Earnest: “Il mio pensiero è che l’uso di questa parola (genocidio, ndr) comporti una vera determinazione legale, che al punto in cui ci troviamo non c’è. Da tempo – ha aggiunto Earnest – abbiamo espresso le nostre preoccupazioni in merito alla tattica impiegata dall’Isis per massacrare le minoranze religiose in Iraq e Siria. Ricorderete che proprio all’inizio della campagna militare contro lo Stato islamico condotta dai nostri militari alcune delle prime azioni ordinate dal presidente Obama avevano come obiettivo la protezione degli yazidi, messi con le spalle al muro sul monte Sinjar dai miliziani”. La Casa Bianca recepisce dunque pressoché alla lettera il rapporto della missione effettuata nella piana di Ninive dallo U.S. Holocaust memorial museum. Dall’indagine, risalente all’agosto 2014, emergeva che “sotto l’ideologia dello Stato islamico, gli aderenti a religioni considerate infedeli o apostate – inclusi gli yazidi – sono costretti alla conversione o uccisi, e i membri di altre religioni – come i cristiani – sono soggetti a espulsione, estorsione o alla conversione forzata”. Questione di semantica, insomma. E pazienza se un successivo dossier, stavolta messo nero su bianco dal Comitato per i diritti umani dell’Onu, abbia certificato che “gli atti di violenza perpetrati contro i civili a causa della loro affiliazione (o presunta affiliazione) a un gruppo etnico o religioso possono essere considerati un genocidio”.

 

Poco prima di Natale, quando le indiscrezioni su una presa di posizione assai prudente della Casa Bianca sulla questione iniziavano a circolare, al Dipartimento di stato fu recapitata una lettera in cui diverse personalità – tra cui l’arcivescovo di Washington, il cardinale Donald William Wuerl – chiedevano all’Amministrazione di basare ogni decisione circa la questione in oggetto sulla base di quanto prevede la Convenzione sul genocidio del 1948. Il documento è chiaro quando afferma che per genocidio si deve intendere una serie di “atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etncio, razziale o religioso”. La posizione della Casa Bianca, però, è un’altra. Davanti ai giornalisti, il portavoce ricorda che “siamo stati abbastanza chiari ed espliciti riguardo al fatto che le azioni dello Stato islamico meritino la robusta risposta che la comunistà internazionale sta conducendo. E quelle azioni includono la volontà di colpire le minoranze religiose, compresi i cristiani”.

 

[**Video_box_2**]Machiavellismi che hanno portato Robert P. George e Cornel West, entrambi professori alla Princeton University, a lanciare un appello che ha come destinatario l’organigramma politico americano al completo: “In nome della decenza, dell’umanità e della verità, chiediamo al presidente Obama, al segretario di Stato John Kerry e a tutti i membri del Senato e della Camera dei rappresentanti di riconoscere e di dire pubblicamente che i cristiani in Iraq e Siria – insieme a yazidi, turcomanni, shabak e musulmani sciiti – sono vittime di una campagna di genocidio condotta contro di loro dallo Stato islamico”. George e West, nell’appello pubblicato sulla rivista First Things, domandano “che questo genodicio sia riconosciuto e chiamato con il suo nome”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.