Sergio Mattarella (foto LaPresse)

In lode di Sergio Mattarella

Rocco Todero

Ha resistito, ha tutelato la Costituzione, ha svelato ambiguità, doppiezze e miserie dei nuovi governanti eletti dal popolo

Adesso che il nuovo Governo a guida Grillo leghista ha finalmente giurato nella mani del Presidente della Repubblica è forse arrivato il momento di riconoscere a Sergio Mattarella tutti i meriti che sino ad ora non è stato possibile attribuirgli unanimemente a causa di un diffuso clima da tifoseria calcistica non proprio commendevole.

L’elogio più grande che va fatto al Capo dello Stato è quello di essersi battuto con fermezza e risolutezza, nelle ultime settimane, per una concezione moderata della democrazia. Il ruolo che Mattarella ha esercitato nel procedimento di formazione del nuovo Governo è servito non tanto (e non solo) per escludere dal Ministero dell’economia un personaggio che oggettivamente avrebbe potuto rappresentare un ostacolo per il placido inserimento dell'esecutivo all’interno del contesto internazionale, quanto e sopratutto per riaffermare la necessità di contenere la foga volontarista manifestata dagli esponenti della ritrovata maggioranza parlamentare.

Il Presidente della Repubblica ha posto con immediatezza sul tappeto il tema della legittimazione democratica, evidenziando com’essa non risieda esclusivamente nell’investitura popolare, tanto più allorché con il continuo ed ossessivo richiamo alla volontà degli elettori s’intenda sfregiare la razionalità e la ragionevolezza, oltre che la tutela dei diritti individuali ed i vincoli posti dalla Costituzione repubblicana.

L’affannosa ricerca da parte di studiosi, costituzionalisti ed osservatori, della reale fonte di legittimazione del potere di veto alla nomina ministeriale esercitato da Mattarella ha offuscato le ragioni sistemiche per le quali è (e sarà) sempre preferibile godere di un apparato istituzionale all’interno del quale una Magistratura indipendente ed autorevole come la Presidenza della Repubblica possa concorrere a contro bilanciare le spinte estreme (a volte estremiste) provenienti dai rappresentanti del popolo.

Forse sarebbe il caso di ripercorre la strada battuta dalla dottrina costituzionale statunitense negli ultimi 250 anni, per riprendere le fila del confronto fra il repubblicanesimo (esaltazione dei diritti politici e legittimazione degli effetti che il loro esercizio produce) e il liberalismo (preponderanza delle libertà individuali e della divisione dei poteri rispetto all’esercizio dei poteri democratici) e scoprire che le vicende storiche hanno insegnato come nessuna istituzione, nemmeno il Parlamento democraticamente eletto, possa auto rappresentarsi sciolta da qualsiasi vincolo (che è quello che invece hanno fatto Di Maio e Salvini nelle prime battute).

A Mattarella va riconosciuto il merito di avere posto al centro del dibattito pubblico, nel periodo fra il primo ed il secondo incarico conferiti al prof. Giuseppe Conte, le ambiguità delle forze di maggioranza in relazione ad aspetti qualificanti l’azione di Governo.

Senza il veto nei confronti del Prof. Savona non sarebbe emersa con la dovuta enfasi la doppiezza di Lega e Movimento cinque stelle con riguardo alla permanenza dell’Italia nell’area Euro e nel sistema dell’Unione Europea, né sarebbe stato possibile portare alla luce in tutta la sua dimensione la natura del cosiddetto piano B, che si è scoperto essere stato elaborato realmente per essere attuato (nelle intenzioni dei redattori) notte tempo. Ed è grazie alle originarie resistenze del Capo dello Stato che abbiamo potuto assistere alle indecorose ritrattazioni (tutte documentate come tali) relative all’adesione al sistema internazionale europeo, ora del prof. Conte, poi di Di Maio, ora del prof. Savona ed infine di Salvini.

E’ stato grazie al ruolo esercitato dal Presidente della Repubblica che le iniziali pulsioni sfrenate di lega e movimento cinque stelle hanno dovuto confrontarsi con le interrelazioni economiche (anche internazionali) alle quali la nostra Repubblica è fino adesso inesorabilmente (e fortunatamente) avvinta.

Non può che riconoscersi a Sergio Mattarella, in ultimo, il merito di avere dimostrato come nessuna investitura popolare possa fare velo alla pochezza di carattere, di personalità ed alla mancanza di un adeguato cursus onorum di chi si è fatto avanti (investito dal popolo) per guidare una Nazione di 60 milioni di abitanti assisa nel bel mezzo del mondo occidentale.
Impeachment annunciati e poi smentiti nel volgere del lasso di tempo necessario a consentire a qualche miracoloso medicamento psichiatrico di fare effetto; proclami anti euro ed anti unione europea sbianchettati in tutta fretta per rifarsi una verginità politica sotto la pressione degli indiscutibili moniti di un autorevolissimo Presidente della Repubblica.

Questo e molto altro ancora è quello che abbiamo potuto vedere e giudicare grazie all’opera di un Capo dello Stato che è già entrato nella Storia: Sergio Mattarella.