Tesnota

La recensione del film di Kantemir Balagov, con Darya Zhovner, Olga Dragunova, Artem Tsypin, Nazir Zhukov, Veniamin Kats

Mariarosa Mancuso

Debutto di un regista che ha studiato cinema alla scuola di Alexander Sokurov (era a Cannes, nel 2017, ha vinto il premio Fipresci, la Federazione internazionale dei critici). Potrebbe non essere un gran difetto, se avete in mente solo “L’arca russa”, piano sequenza dentro l’Ermitage di San Pietroburgo. Purtroppo abbiamo visto anche gli altri titoli del maestro, di una lentezza per cui mancano gli aggettivi: magari i russi ne hanno uno, il sospetto vero è che abbiano una misura del tempo tutta loro. E purtroppo abbiamo visto l’opera seconda dell’allievo – “Beanpole” (fame e sensi di colpa in Urss alla fine della Seconda Guerra mondiale) – ritirando l’apertura di credito che il debutto suggeriva. “Tesnota” vuol dire “Vicinanza”, con una sfumatura di soffocamento, e per renderla visibile il formato dell’immagine è quasi quadrato, come nelle pellicole dei pionieri. Siamo nella repubblica di Kabardino-Balkaria, lassù nel Caucaso: capitale Nalchik, dove Kantemir Balagov è nato nel 1991 prima di trasferirsi a Stavropol. All’origine, una storia vera, accaduta nel 1998: una coppia di fidanzati ebrei, Davide e Lea, viene rapita alla vigilia delle nozze, segue richiesta di riscatto. In sinagoga, il rabbino chiede che le famiglie della comunità diano il loro obolo per liberare i sequestrati. Di chiamare la polizia neanche a parlarne, anche se gli ebrei sembrano convivere senza troppi screzi con i cabardi. Unico incidente rilevato dal film, quando passano in tv i video dell’Isis: un’atroce decapitazione, le bandiere sventolanti, i guerriglieri che annunciano “Gerusalemme sarà nostra”, mentre un giovanotto dal divano pronuncia la parola “sapone”. Il denaro raccolto non basta per il riscatto, il rabbino fa un’offerta – misera – per l’officina del padre di David, dove lavora anche la sorella Ilana, che ha un moroso cabardo. Sa bene che i genitori le preferiscono il fratello, e per riaverlo la venderebbero volentieri in matrimonio. C’è il dramma, la trama, un’attrice interessante, un mondo sconosciuto. Il problema restano i tempi: Balagov ha un metronomo suo. Un abbraccio dura minuti, per un colpo di scena basta un veloce stacco di montaggio.

Di più su questi argomenti: