il debutto

Il primo disco solista di Manuel Agnelli trabocca di sincerità e carisma

Stefano Pistolini

"Ama il prossimo tuo come te stesso”: il ritorno del rocker dopo gli Afterhours e “X-Factor”. A 56 anni incarna il passato e il futuro della remota ipotesi d’un suono veramente indipendente dalle regole di mercato e al tempo stesso orgogliosamente creativo

Dove lo mettiamo, nel panorama musicale del presente, “Ama il prossimo tuo come te stesso”, album di debutto solistico di Manuel Agnelli – leader degli Afterhours, ex giudice di “X-Factor” e mente pensante del rock italiano? Agnelli è un personaggio piuttosto unico nella nostra scena, anzi, si direbbe sempre più unico, col passare del tempo. A 56 anni incarna il passato e il futuro della remota ipotesi d’un suono veramente indipendente dalle regole di mercato e al tempo stesso orgogliosamente creativo. E a ogni uscita pubblica si dimostra consapevole del ruolo di modello che oggi riveste per una fascia rilevante tra quanti considerano la musica come il veicolo espressivo primario. E’ il riconosciuto capobranco del libero rock italiano, versione anni Venti.

 

Eppure, fin qui, tanta rappresentatività non s’era mai concretizzata sotto forma di un album interamente personale, preceduto in questo da tutti i suoi compari della lunga avventura Afterhours. Ci voleva il lockdown del 2020, la solitudine forzata e così atipica per un artista avvezzo alle dinamiche di gruppo, ci voleva un’attrezzatura casalinga rudimentale – niente personal studio, ma solo un pianoforte e qualche strumento sparso – ci voleva soprattutto quel misterioso lasso di tempo libero e disponibile che tutti noi ci siamo trovati davanti, nemmeno fosse una resa dei conti. Il risultato, che ascoltiamo a debita distanza di tempo e rifinito dal makeup di studio (con la partecipazione, tra gli altri, dell’inseparabile Rodrigo D’Erasmo, della polistrumentista Beatrice Antolini e del duo Little Pieces of Marmelade di cui Agnelli è stato pigmalione a “X-Factor”), è ragguardevole, prima di tutto perché ci consegna la vera essenza di questo artista in un modo che fin qui non era mai stato così diretto, presentandoci il distillato del suo gusto espressivo – che è ricco e stratificato, a tratti contraddittorio, ma comunque stimolante, affiancando reminiscenze e sperimentazioni, lirismi e durezze, pop e hard.

 

La voce di Manuel e un pianoforte utilizzato in modo peculiarmente percussivo sono il primo livello di questo lavoro: qua e là saltuarie ironie, nessuna approssimazione, una musica con un afflato adulto e maturo, sorretto da trascorsi nei quali si sono accumulate innumerevoli esperienze musicali. L’impressione è che l’album sia nato da un’intenzione inizialmente disordinata, bulimica, caotica, che poco alla volta si è evoluta in un progetto sfaccettato, nel quale chiaramente Manuel ragiona per quadri distinti. Ciascun pezzo, infatti, ha un suo design interno, una sua compiutezza, una sua vastità di scrittura, un suo testo forte: da “La profondità degli abissi”, già sentito nella soundtrack di “Diabolik” dei Manetti Bros. e premiatissima come migliore canzone originale della stagione cinematografica, alla dinamica garage di “Signorina mani avanti”, al diario intimo di “Milano con la peste”, fino alla divertente canzonetta in versione Agnelli, “Lo sposo sulla torta”, in cui al suo fianco brilla la partecipazione vocale della giovane Vaselyn Kandinsky, di cui è difficile non accorgersi. 

 

Messo accanto alla decisione di chiudere l’esperienza del talent televisivo – nel quale Manuel rappresentava il pendant più autorevole, rispettato e provocatorio – e dopo che la stessa decisione di intraprendere quell’esperienza aveva destato polemiche e fastidio tra i puristi, questo ritorno musicale senza veli colloca Agnelli in una posizione interessante, nella quale il fattore della sincerità è dirimente: non bisogna nascondersi, serve narcisismo, una bella dose di spudorato esibizionismo, serve voglia di provocare e servono soprattutto capacità, talento ed energia per rinnovarsi e confermarsi in un ruolo così particolare come quello di principale rockstar italiana (la stessa che peraltro ha tenuto a balia Damiano David dei Måneskin, suo erede naturale). E ci vogliono faccia tosta, carisma e cose da dire. Agnelli è in possesso dell’intero campionario, lo utilizza con disinvoltura ed è abile a gestire le declinazioni del suo personaggio. In un momento in cui risuonano le giaculatorie per l’estinzione del carisma di cui una volta la nostra musica pare traboccasse, diciamo pure che il ruolo di questo artista appare semplicemente essenziale.
 

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