I giudici di X Factor (foto Twitter @XFactor_Italia)

Per Agnelli ci vuole un esorcista, per i minorenni solerti discografici

Simonetta Sciandivasci

Seconda puntata delle audizioni di X Factor. È faticoso ammetterlo ma Fedez è proprio bravo, il più bravo

I temi della serata sono tre. Leviamoci di dosso il primo, via il dente via il dolore: uh quanto è faticoso ammetterlo, ci costa una vita (sarà per quel suo matrimonio insopportabile; sarà che ha mollato J-Ax non perché sia - come è - detestabile, ma perché si fa le canne; saranno i trascorsi da grillino; sarà l’età - la nostra: siamo quasi tutti troppo anziani, rispetto a lui), è uno sporco lavoro ma qualcuno lo deve pur fare e insomma si deve dire che Fedez è proprio bravo. Il più bravo tra i giudici di questo X Factor, naturalmente, ma viene il sospetto che, anche altrove, spiccherebbe comunque, perché - ripetere, inspirare, respirare - FEDEZ E’ PROPRIO BRAVO. E’ brava anche Asia Argento, ma a volte pecca in lucidità. Qualche esempio. Sale sul palco uno che già promette benissimo da prima di farlo, cioè quando nel backstage Cattelan gli domanda come definirebbe il suo look e lui risponde: “Trasandato male”, ovvero uno che non studia per avere un aspetto trasandato perché, semplicemente, trascura di avere un aspetto particolare.

 

 

Tale giovanotto si chiama Anastasio, ha 21 anni, è campano, fa rap, fa hip hop, fa trap, insomma fa un sacco di cose, e scrive versi così: “Sono stanco delle cose normali, non ho tempo per le cose normali, non mi alzo dal letto per le cose normali”, “Sogno il giudizio universale che scoppia in coriandoli su una folla di vandali”. Li canta con gli occhi che gli esplodono, con quella inevitabilità che Manuel Agnelli definisce “urgenza espressiva”, proprio come i presentatori flosci di libri ancora più flosci di loro. Anastasio è potente, tutti si commuovono e il solo a dirgli una frase non da presentazione di libro floscio o reality show Mediaset sulla resilienza, è Fedez. Gli dice quali rime ha usato, come ha costruito i versi, come ha incastrato le parole, non cede all’emozione e lo promuove con una professionalità da produttore cinquantenne. La stessa professionalità la usa poco dopo, quando ci spiega perché è irresistibile un odioso venticinquenne che dice di essere stato un bambino grasso, effeminato e bullizzato (ora è magro, proud to be gay e vestito male) e canta una riduzione per Muccassassina di “Le fate ignoranti”: “Il tuo pezzo è l’upgrade socio-culturale di ‘Mi sono innamorato di tuo marito’ di Malgioglio”.

 

 

Meglio ancora quando boccia degli adolescenti capitanati da uno che assomiglia a Richard Ashcroft e pensa che abbia ancora senso stare sul palco come ci stava Iggy Pop ed ha un’allure da rocker fricchettone che ha smesso di essere sexy persino per le ragazzine dei liceo classico almeno dai tempi di “Jack frusciante è uscito dal gruppo” (lì, infatti, i fichi suonavano post punk). Manuel Agnelli dice la cosa che ripete sempre e cioè che sono “sporchi” e il frontman ha “un cantato maleducato”, quindi siccome non sa far altro che giudicare secondo prossimità alla sua carriera, li promuove. Il momento più alto della professionalità di Fedez arriva quando dice no a una che canta Adele: è no per tutti, tranne che per Agnelli, che entra in polemica per sostenere che non è detto che si debba interpretare un brano meglio del suo autore originale (con Adele è matematicamente impossibile). Allora, all’obiezione del dodicenne che fa le bizze nel corpo di Agnelli (amici di Sky, chiamate un esorcista entro ottobre, fate qualcosa), Fedez risponde che (prendiamo appunti, per cortesia) il problema non è quanto l’esibizione sia stata superiore o inferiore all’originale. Il problema è che quando qualcuno fa qualcosa di cui non è all’altezza, significa che non ha capito ancora cosa vuole diventare.

 

 

Andiamo al secondo tema, che già dopo la prima serata di audiction s’intuiva sarebbe stato necessario porre: Manuel Agnelli è perduto. Sembra tuo padre quando viene a cena con te e i tuoi amici e prima che arrivi il dolce è ubriaco da coma etilico e dice cose esagerate (ma oscene no, quelle se le tiene per l’amaro), s’entusiasma per tutto, dice molte volte “ma sì, ma chissenefrega, ma sì, sì a tutto” e i tuoi amici gli sono molto grati per aver fatto di te una maschera di imbarazzo e rimossi freudiani. Agnelli, esattamente come avrebbe fatto tuo padre da ubriaco, riesce a voler bene a un “avvocato penalista ma anche civilista” che prima di cominciare fa una battutaccia da Bagaglino a Mara Maionchi e poi canta inascoltabili fesserie tentando di assomigliare a Nicola Arigliano e riuscendo, invece, a sprofondare la categoria forense nella vergogna (come se non avessero già i loro problemi, gli avvocati: basta vedere come s’è vestito questo qua, sprezzante di aver superato i sessant’anni). Interviene persino Lodo, il cantante dei Lo Stato Sociale, ospite speciale chiamato a esprimersi proprio su questo tizio qua, e incredibilmente dice una cosa che sembra intelligente (non lo è, ma conta l’apparire, che volete farci, è la società, society you're a crazy breed I hope you’re not lonely without me): “Eri felice in modo disperato. Si può essere allegri anche soffrendo di meno”. Agnelli riesce a promuovere un porno attore che dopo tre secondi di cantato viene interrotto dai fischi e dai gesti di disapprovazione di Mara Maionchi per l’ardimentoso impegno che mette nel torturare “Pugni chiusi” dei Ribelli quando nei Ribelli ci cantava Demetrio Stratos (madri che non bloccate le velleità dei vostri figli, siate maledette).

 

Il terza tema è quello più piacevolmente controverso. E cioè: ci sono cose che fanno le donne, cose delle donne, che gli uomini non possono proprio fare. Vale anche il contrario, certo, tranne che con le canzoni. Una donna può cantare quella di un uomo, ma il contrario non funziona, no davvero, per niente al mondo. E dev’essere stato per dimostrarcelo, evidenziarcelo, ribadircelo che gli autori hanno trasmesso - anziché tagliare e bruciare - l’esibizione di un gruppo di ventenni o giù di lì, tutti di sesso maschile (e pure genere maschile, almeno così pareva) cha hanno mal pensato di straziare “America” di Gianna Nannini.

 

 

La migliore di tutti è una fanciullina sedicenne con i capelli bicolori e un faccino bellissimo e addosso la tenuta dei compiti a casa. Canta “La sera dei miracoli” di Lucio Dalla, in qualche punto la stona, in tutti (compresi i precedenti) ci ammazza e stupisce. Qualcuno le faccia fare subito un disco. Chissà se ci è mai stata nei vicoli di Roma, ma il punto è che lei ha davvero capito quanto conta “non avere paura dei delinquenti ma stare un poco attenti”. Un’altra donna che fa egregiamente il pezzo di un uomo è la ventinovenne con gli occhi di Licia Colò e la faccia (bellissima) da avventuriera: suona e canta “Wait in Vain”, che come tutte le canzoni di Bob Marley, una volta mondata dal reggae e ri-arrangiata, è un capolavoro assoluto.

 

Fuor di tema, segnaliamo che a un certo punto è arrivato un italo-spagnolo che ha cantato gli U2 e ha detto di essersi presentato su consiglio di Laura Pausini, la quale quando lui aveva provato a entrare a X Factor in Spagna, era stata l’unica a dirgli di sì e, quindi, gli aveva detto di andare in Italia, dove di certo sarebbe stato capito. S’è preso 4 no su 4 e la ragione è molto semplice: gli italiani sopportano a stento che a urlare sia Laura Pausini, perché è Laura Pausini, però poi dopo basta. Grazie a Dio. Compatrioti all’estero, per piacere, cercate di non rifilarci disgraziati anche da là.

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