Morgan sul palco dell'Ariston, durante il Festival di Sanremo 2020 (LaPresse)

Note positive

"Battiato mi spezza il cuore". Un omaggio e una riscoperta di stile e misura

Stefano Pistolini

Morgan torna a far parlar di sé per la musica: la canzone che dedica a Franco Battiato, suo mentore e amico scomparso a maggio dello scorso anno, fa dimenticare gli eccessi e riscoprire l'estro

Molto, molto tempo dopo l’ultima volta che pubblicava qualcosa d’inedito sulle piattaforme musicali, Morgan si riaffaccia con un’impresa delle sue. Una canzone omaggio per l’amico e mentore Franco Battiato, offerta in cinque versioni, diverse e complementari tra loro, per un totale di mezz’ora abbondante di musica. “Battiato mi spezza il cuore” è il titolo della composizione, affrontata sia in un abbondante Radio Cut, che in una versione ancora più extended che va oltre i 9 minuti (ma è decisamente la migliore) e poi in chiave sinfonica, in un arrangiamento solo strumentale e nella forma in cui è già apparsa nel corso dello special Rai dedicato all’artista scomparso lo scorso maggio, nel primo anniversario della sua morte.

Non che Morgan in questi anni sia stato fermo, anzi, il suo continuo riapparire in vesti diverse, da giudice di X-Factor e da polemico ribelle nei talk show, da pietra di un effimero scandalo sanremese e da sorprendente restauratore del progetto Bluvertigo, ne hanno progressivamente offuscato l’immagine, relegandolo in un quadro di strabordante bizzarria che lui stesso – con tutti i suoi impeti, i suoi slanci, la sua caratterialità, l’incapacità in certi momenti di stare fermo – spesso ha contribuito ad alimentare, sia quando le sue intenzioni erano le migliori, che quando ha mortificato perfino i fans più affezionati, nel vederlo così esposto, così condannato al macero delle casuali opinioni volanti. Motivo per cui questo ritorno così chiaro, diretto, circoscritto – ma al tempo stesso torrenziale, come viene sempre dal ribollire della sua testa – è un piacere per l’ascolto e un motivo di ritrovata affettività.

Che, poi, si direbbe essere anche il sentimento all’origine di questo lavoro, provocato proprio dal sentimento che Marco provava per Franco, il musicista a cui si sentiva più affine, colui il cui approccio alla musica l’aveva tante volte ispirato e il cui modello di vita non finiva di meravigliarlo. Ritrovando certi timbri, certe atmosfere e certi fraseggi che rimandano a “Canzoni dell’appartamento” (2003) – l’album che costituisce il momento più limpido di Morgan come autore pop – “Battiato mi spezza il cuore” è diverse cose insieme: un racconto autobiografico, un amoroso ritratto, un percorso sonoro “nello stile di” e, fin dall’imbocco (“Battiato mi spezza il cuore / non ci posso pensare / Battiato mi riporta bambino”), un valoroso tentativo di descrizione dell’artista mitico, con quel modo sincopato, affastellato, anfetaminico che tante volte abbiamo trovato in Morgan: per lui Battiato era “medianico, alieno / a volte radicale, sperimentale” ma soprattutto “è sempre stato geniale / più originale di tutti / proprio per questo che risuona nel tempo” e ancora “è sempre stato signore / al di sopra degli altri / ed è per questo più in alto ti porta / il canto, ma ti spezza il cuore”, che hanno il pregio di essere parole ben vere.

Ora, in questo momento in cui si va sdoganando il pensiero debole dell’ultima musica italiana, e ora che gli autori acclarati tacciono o si limitano a rifare, un’uscita così cosa rappresenta? Una stravaganza, certamente, ma questo è poco. Un gesto in controtendenza, il che è apprezzabile, sia per la qualità che contiene, che per il pizzicotto che assesta al conformismo. Ma soprattutto è un inatteso segno di misura, di compostezza e di stile, da parte di un personaggio che ormai stava malinconicamente scivolando in una definizione gelida e piuttosto spietata: Morgan la mina vagante, la sicura fonte di guai, quello che, a forza di eccessi, aveva perso la testa. Qualsiasi cosa questa piccola opera rappresenti nella sua carriera, qui non c’è traccia di pentimento o redenzione, ma piuttosto c’è il riproporsi di un talento, di un’appartenenza, di un’identità. Il che presuppone un seguito, ci auguriamo lucido, visionario e a tratti smagliante. Come Marco ha già saputo essere.

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