Fedez con i concorrenti della categoria Over (foto xfactor.sky.it)

X Factor, l'unico programma che può abusare della pazienza del pubblico

Simonetta Sciandivasci

Prima puntata dei Bootcamp. Fedez avrà la categoria Over, Manuel Agnelli le Under donne. Stupefacente che il Dio delle tv non sia intervenuto a interrompere lo strazio

Abbiamo tutti un blues da piangere e pure un appuntamento obbligatorio e terribile da rimandare. Una cena dall’amica che si è trasferita in campagna (e non prendono i telefoni), o dalla madre di un ex (“per me sei e sarai sempre mia figlia”, vi dice), o dall’amica tradita. Il compleanno di un collega. La pizza con le corsiste di pilates. Avete due giovedì a vostra disposizione (i prossimi, fino al 25, quando grazie al cielo e se Dio vuole cominceranno i live) per approfittare e fare tutto quello che procrastinate da mesi perché vi angoscia il solo pensiero di farlo: state certi che sarà sempre meglio che stare a casa e guardare i Bootcamp di X Factor.

 

Ieri sera c’è stata la prima puntata ed è stupefacente che il Dio delle tv non sia intervenuto a fermare tutto con un’apocalisse, un vocale di dieci minuti, un blackout, qualunque cosa che interrompesse lo strazio. Due ore di programma che procedono per inerzia, senza alcun senso per lo spettacolo, né sensibilità per lo spettatore. A X Factor è riuscito quello che a nessun altro programma è consentito: abusare della pazienza del pubblico, servendogli ore di noia, senza che questo crei disaffezione, abbandono, crollo degli ascolti, perché al pubblico si è riusciti a vendere la transizione verso il live come una via crucis doverosa e inevitabile.

 

Nessuno è al sicuro, chissà per i prossimi due giovedì cosa ci aspetta, ma voi che potete, salvatevi, statevene lontani dalla tv e riparate dalla vostra amica in campagna: meglio starsene sopra un burrone abitato da lupi e falene, ad ascoltare una pazza che vi dice che siete sceme a vivere in città e a non capire che l’essenziale è invisibile ai metropolitani perché consiste nell’occuparsi di ravanelli. Ieri sera non è successo niente, ma ci sono alcune notizie da dare: Fedez coordinerà la categoria degli Over e Manuel Agnelli quella delle Under donne. Tra una settimana Mara Maionchi e Asia Argento si spartiranno i Gruppi e gli Under uomini. Una richiesta: è possibile cambiare nome? Volete davvero dirci che non c’è un’espressione migliore di “sottodonne” e “sottouomini” (neanche nelle mitologie popolate da mostri ibridi esiste niente del genere) per denominare cinque femmine e cinque maschi che partecipano a un talent show?

 

 

Una ventina di esibizioni, alcune spaventose (hanno fatto flop molti insospettabili sui quali agli audition avremmo scommesso pure la casa - no, non esageriamo, però il garage forse sì), altre dignitose, solo due straordinarie: Luna Melis, sarda, tutta chioma e bellezza, ha cantato “Black Widow” meglio di Iggy Azalea e Camilla Musso, la sedicenne che agli audition aveva fatto piangere tutti con un’interpretazione radiosa di “La sera dei miracoli, ha fatto quasi meglio con “Guarda stelle” di Bungaro.

  

I Bootcamp (un altro nome detestabile, che però ha la forza di evocare stivali e aratri, quindi sudore e sacrificio, e allora bisogna ammirare la coerenza dell’operazione) funzionano così: il giudice ascolta i concorrenti assegnati alla sua categoria e ne seleziona cinque, che vanno a sedersi su sedie di plastica girevoli e trasparenti che danno bene l’idea della transitorietà e del precario, visto che da quelle sedie potrebbero essere cacciati via, con uno “switch” (niente, sul vocabolario c’è da arrendersi), da qualcuno più bravo. Bello, no? Appassionante e mozzafiato come una raccolta in dvd di tutti gli esami di Stato del vostro liceo dal 1999 al 2006. A titolo di rimborso, a trasmissione finita, ha esordito ieri la inguardabile striscia StraFactor: dieci minuti e passa di esibizioni clownesche, casi umani troppo umani persino per le audition, giudicate da niente meno che la Dark Polo Gang, i cugini piccoli e ribelli de Il Volo (scherziamo). Più imbarazzante di un programma di barzellette.

 

Dispiaceri (ulteriori). Uno, la ragazzina che è passata con grande clamore di pubblico e che agli audition aveva cantato un suo inedito, “Cherofobia (cioè la paura di essere felici - andiamo bene), qualcuno lo deve pur dire, è insopportabile, insostenibile, inascoltabile e quindi farà molta strada, ha capito bene come vendere la sua artefatta stramberia e la sua problematicità adolescenziale, scontata quasi quanto la sua vocetta commerciale.

  

Due, è inqualificabile che a tal Danjlo sia stato non solo consentito di straziare “Anna e Marco” e passarla liscia, ma pure di essere stato considerato meritevole di sedia (a uno che canta Lucio Dalla correndo piegato da una parte all’altra del palco - quelle esibizioni che alle nonne fanno dire: “Ma gli scappa la cacca?” - altro che sedia: dategli una camomilla, un arrivederci e l’indirizzo di un bar di periferia, dove possa andare a contemplare, se ne è capace, quante stelle ci sono nei flipper).

 

 

Soddisfazioni. Grazie Fedez (come al solito il più lucido) per aver spedito a casa il cantautore presentatosi in completo giallo ocra a interpretare “La costruzione di un amore” come se l’avesse scritta Laura Pausini. L’inedito che aveva presentato agli audition - faceva: “Uomini che amano le donne e odiano gli uomini che amano gli uomini ma vanno con gli uomini che si sentono donne e ingannano le donne che amano gli uomini” - aveva mandato in visibilio il pubblico e noi avevamo temuto che il ragazzo ce lo saremmo dovuto sorbire fino a Natale. E invece persino a X Factor ogni tanto va come diceva Keynes: l’inevitabile non accade mai; l’inatteso, sempre.