Boro Boro canta "Rapper gamberetti”. Foto dalla pagina Fb di X Factor

X Factor e le audizioni della noia. Ma quando arrivano i live?

Simonetta Sciandivasci

Il talento comincia a scarseggiare ed è diventato troppo prevedibile chi boccerà cosa. Asia si spazientisce al punto che mazzola giovani femministe e Agnelli ha finito le camicie sportive

Audizioni di X Factor, terza stazione. Tenetevi la trasparenza – se volete ridateci in pasto alla Prima Repubblica, quando i bambini nascevano sotto i cavoli e a nessuno veniva in mente di chiedere conto di una nomina, un’elezione, una promozione – e fate iniziare i live. Non se ne può più, è una noia infinita: è diventato troppo prevedibile chi boccerà cosa, Agnelli ha finito le camicie sportive, Argento comincia a parlare come Simona Ventura (“mi sei arrivato”, ha detto ieri sera a un sedicenne di Castellammare che ha cantato Napule è), Mara Maionchi è talmente stanca che ritratta i suoi "no" se solo Fedez le dice: “Fidati di un vecchio lupo di mare, questa spacca”.

  

Nelle puntate precedenti arrivava sempre un punto in cui saliva sul palco qualcuno, preferibilmente donna e minorenne, che aveva un talento spropositato: ieri sera neanche questo, si son visti solo un paio di molto bravi, un fenomeno da baraccone e una lunga lista di giovanotti poco convincenti tuttavia dotati di je ne sais quois sufficienti a far credere ai giudici che, con un po’ di lavoro, si potrebbe tirar fuori qualcosa. Sembrano la matrigna di Cenerentola quando dice a Genoveffa di insistere a ficcare il piede dentro la scarpina di cristallo dieci numeri in meno del suo. Asia Argento se ne rende conto e, all’ennesimo giudizio positivo su tre rapper/trapper che suonano un’invettiva contro chiunque tranne che loro stessi (tutto aggravato da un cantante con felpetta acetata rosa antico che, non pago, si muove sul palco come avesse la sciatica - se ce l’ha davvero le chiedo scusa, giovanotto, però lei vada a curarsi), accusa i suoi colleghi di essere buonisti e ricorda che lei sta cercando “qualcuno che WOW”. A depotenziare questa bella dichiarazione di poetica, tuttavia, c’è il fatto che, una performance prima di averla enunciata, ha anche lei promosso Leo Gassman, naturalmente figlio di Alessandro e nipote di Vittorio, cioè il discendente di una famiglia alla quale l’Italia si sarebbe consegnata assai più volentieri che alla Repubblica (siamo ancora in tempo, pensiamoci: spazziamo via i gialloverdi e tuffiamoci in uno splendido ventennio di monarchia Gassman, ma ve lo immaginate quanto sarebbe meraviglioso?). Il ragazzo è bellissimo, educatissimo, canta perfino bene in inglese, ha avuto l’onestà di mettersi in fila come gli altri e andare a fare un provino, tuttavia la sua canzone non solo si chiama Freedom – la libertà è tema che è riuscito a rendere ridicolo Sean Penn, figuriamoci un diciannovenne figlio d’arte – ma è pure ordinaria. Il punto è che come fai a rimandare a casa il nipote di Vittorio Gassman, perdendoti anche l’occasione di poter forse dimostrare, dopo mesi di lavoro, che il talento si può impacchettare e che un figlio d’arte non è per forza destinato a essere mediocre? Poco male, il ragazzo è così bello e caro che vogliamo credere che si farà anche se ha le spalle strette.

    

Un altro grande nodo etico che dev’essersi presentato agli autori lo incarna l’animatrice cicciottella che sale sul palco ed è vestita che pare un bagnino, urla di essersi esibita davanti al pubblico almeno ottocento volte, ma mai come farà ora e cioè cantando un brano del suo repertorio di “canzoni da discoteca”, sbaglia il nome di Agnelli e lo chiama Mirko, sbaglia il nome di Argento e la chiama Elena, dopodiché comincia la sua performance ed è tutto persino peggio di come s’è presentata. In altri tempi, quando il senso di colpa non muoveva né le copertine di Vogue, né i programmi televisivi, una del genere non sarebbe stata giudicata passabile neppure come fenomeno da baraccone. Adesso il dilemma è persino doppio: se mostri il fenomeno da baraccone, stai lucrando su un caso umano; se non mostri il fenomeno da baraccone, perpetri vieti stereotipi. Cari autori, quanto dev’essere difficile per voi, scusateci se lo capiamo solo ora e se la solidarietà non è caduta in prescrizione, ve l’accordiamo senza remore.

  

   

Ci sono stati dei momenti intensi e non si sono persi già. Fedez che boccia un duo di adolescenti noiosi dicendo loro “questa canzone è innocua”, è già cult – le canzoni devono essere pericolose, come anche i libri: ce lo siamo fatto ricordare da Fedez, signori (non è che gli si può dare la direzione dell’Einaudi, per piacere?). Asia che bastona una odiosa diciannovenne bresciana che porta un brano che si chiama Pussy Power ed è chiaro da prima che lo canti che non ha idea di cosa stia parlando, tant’è che quando Mara Maionchi le domanda cosa significhi quel titolo lei arrossisce come se fosse al catechismo e dice “Potere della gattina”, tutti ridono, lei tentenna e aggiunge: “E’ un mantra per ragazze che vogliono urlare che hanno il potere di fare cosa vogliono e non hanno paura di farlo”. Asia la guarda con malcelato ribrezzo e pensa quello che pensiamo tutte: eccola qua l’incarnazione del disastro che abbiamo combinato trasformando il femminismo in Bim Bum Bam. La canzone è un Frankenstein di luoghi comuni, un copia-incolla di nozioni di autostima femminile e tweet di Freeda: Agnelli trova il modo di dirlo con gentilezza, mentre Asia è implacabile (sa di essere quella titolata a farlo: Agnelli sarebbe finito sotto processo per violenza sulle donne) e quasi le urla che è parecchio evidente che non ha vissuto niente di quello che ha cantato, che non ha capito niente. E continuerà a non capire, visto che dietro le quinte riesce a dire alle telecamere: “Io scrivo di argomenti intoccabili”, convita d’esser stata multata per eccesso di coraggio invece che per abuso di banalità. Care giovanissime, inventarsi vittime di sessismo funziona solo su Twitter: non dimenticatelo mai.

   

Menzione speciale alla fanciullina che ha aperto la serata e s’è presentata dicendo che i suoi genitori potrebbero averla concepita mentre guardavano Zorro in tv, che nel suo piccolo paesino vicino Catania le vecchiette sanno anche quanti brufoli ha, che lei si sente un fantasma e lo dice senza nessun tono drammatico, ma ridendo. Assomiglia a una raccolta di racconti di Livia De Stefani (che era palermitana-romana), “Gli affatturati”, dove le apparizioni soprannaturali e le ossessioni sono il solo rimedio alla noia.

     


Si rinnova preghiera per accelerazione della via crucis: dateci i live, dateceli presto.

  

Ps. Si dice in giro che Sky stia rimangiandosi la rimozione di Asia dal quartetto dei giudici. Speriamo.

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