Il foglio della moda

Il woke alla dura prova dei fatti: la versione del costumista

Massimo Cantini Parrini

Massimo Cantini Parrini, più volte finalista premio Oscar, ha vestito sia il cast di “Comandante”, cioè Pierfrancesco Favino, sia quello di “Ferrari”, cioè Adam Driver. Al momento sta lavorando per “Callas” di Pablo Larraín. Gli abiti hanno patria? Ni

Per una di quelle combinazioni che manderebbero ai pazzi il dio del woke, nei giorni della polemica strapaesana innescata alla Mostra del Cinema di Venezia da Pierfrancesco Favino che forse, lanciandosi in quella intemerata sui “ruoli italiani agli italiani” avrà voluto impressionare il presidente della Commissione Cultura della Camera Federico Mollicone come infatti è avvenuto, ci è capitato di fare due chiacchiere con Massimo Cantini Parrini, il costumista italiano al momento più in vista in tutto il mondo, ora al lavoro sul biopic di Maria Callas con Pablo Larraín, che sugli scaffali della libreria ospita sette David di Donatello, tre Nastri d’Argento, un European Film Award, una nomination ai Bafta e due all’Oscar, per “Pinocchio” (2021) e “Cyrano” (2022). Storico dell’arte, quasi sempre più bello degli attori che veste, proprietario della più importante collezione privata mondiale di abiti storici, Cantini Parrini ha curato sia i costumi di “Comandante” di Edoardo De Angelis, vestendo Favino per il ruolo di Salvatore Todaro, sia quelli di “Ferrari” di Michael Mann, lavorando quindi con Adam Driver sul personaggio di Enzo Ferrari. Sul dibattito in corso, o per meglio dire la “piccola battaglia” ingaggiata dal più popolare degli attori italiani, onnipresente al punto che Stefano Disegni gli ha dedicato la più feroce delle sue strisce sul “Ciak” quotidiano distribuito al Lido, sospende giudizi e valutazioni. Però, il racconto del suo metodo, applicato su entrambi i film, è piuttosto istruttivo sulle logiche che sottendono alle grandi produzioni. In cui conta la competenza e sì, anche la fama. E in merito agli stereotipi, le storpiature e i “very bello” di cui ci fa senza dubbio oggetto il cinema d’Oltreoceano, forse varrebbe la pena di ricordare che ci mettiamo del nostro e che abbiamo ancora in giro, almeno fino a quando la Corte dei Conti sarà riuscita a vederci chiaro, la campagna “open to meraviglia” voluta dall’inscalfibile ministra del turismo Daniela Santanché.

“Comandante” di Edoardo de Angelis e “Ferrari” di Michael Mann, sono entrambi film al “maschile” ed entrambi in concorso alla ottantesima edizione della mostra del cinema di Venezia. Nel primo caso, i ruoli femminili sono quasi inesistenti - solo per pochissimi minuti viene inquadrata Silvia D’Amico che interpreta Rina Anichini, la moglie di Salvatore Todaro e sì, nella scena in cui seduce il marito, stravolto dal dolore per l’incidente sull’idrovolante S65 con il paracadute con il regista  abbiamo voluto lasciarla a seno nudo e cappello da ufficiale, quasi in un omaggio a “Portiere di notte”. In Ferrari” i tre ruoli femminili principali, quello della moglie del protagonista, Laura, interpretata da Penélope Cruz, di Lina Lardi, l’amante, affidata a Shailene Woodley, e di Sarah Gadon, che interpreta di Linda Christian, sono certamente minori, ancorché molto curati. Tranne nel caso di Christian, per la quale i documenti storici della Millemiglia del 1957 sono talmente numerosi e precisi da aver guidato la realizzazione degli abiti, per il ruolo di Lina e di Laura, con il regista e le attrici abbiamo lavorato a una costruzione al tempo stesso realistica e simbolica dell’abito dopo una lunga ricerca di capi condotta da me fra Londra, Madrid e il mercato di Resina di Ercolano, dove ancora si trovano molti pezzi interessanti. Del personaggio di Laura, che pure all’epoca in cui si svolge l’azione era già grazie al marito molto ricca, seppure di provincia e che sarebbe stato logico attendersi in visone e capelli acconciati di fresco, il regista ha voluto che emergesse il profilo originario, antecedente alla fama del marito, e dunque quello di una casalinga italiana degli Anni Cinquanta, non eccessivamente curata. Lina, che nella storia rappresenta l’amore, il conforto anche culturale di Enzo Ferrari, veste come in quegli stessi anni avrebbe vestito Jean Seberg. Per Adam Driver, lo studio per me è stato molto complesso, sia nel volto, che ha richiesto l’uso di prostetici che nella fisicita’ per la ricostruzione mediante imbottiture della corporatura di Ferrari – Enzo Ferrari era alto quasi un metro e novanta, come Driver, ma possedeva per natura e per età nel 1957 una fisicità diversa, che veniva suggerita e sottolineata anche dal taglio squadrato dei completi maschili di quegli anni. “Ferrari” è stata fin da subito una produzione complessa, per la quale ho approntato per mesi una sartoria di cinquantasei persone da prima a Roma e poi a Modena, affiancata per i ruoli principali dalle sartorie Tirelli e Slow Costume di Giovanna Buzzi (la figlia di Gae Aulenti, ndr). Quello di Ferrari è un corpo costruito, nel quale Driver ha appreso a vivere. Per “Comandante”, non c’è stata invece alcuna interpretazione di costume; se non pochissime licenze stilistiche, mi sono basato su una ricerca storica rigorosissima, favorita anche dall’incontro con un collezionista che possiede forse l’unico completo della Regia Marina Militare di quegli anni e che no, non usava il colore blu, ma un grigio-verde molto particolare, di cui ho ritrovato centinaia di metri nei magazzini degli stockisti di stoffe a Prato, che sono sempre una risorsa preziosissima per chi fa il mio lavoro. E a quel punto ho potuto allestire, fra Roma e Taranto dove giravamo, ma con tempi molto più ridotti, un’altra sartoria. Quante divise abbiamo cucito nella sartoria Nori di Bracciano, quante giacche di cuoio ho fatto realizzare dagli artigiani della Toscana? Centinaia. La ricerca e’ l’essenza del mio lavoro e la verita’ vince sempre su tutto, il mio vero lavoro e’ la ricerca che faccio sempre e comunque per ogni film, parto sempre dalla realta’, talvolta rischiando: osservando centinaia di foto di Enzo Ferrari, mi sono accorto che aveva sempre il colletto della camicia un po’ stazzonato, e ho voluto riprodurlo. Speriamo che nessuno mi accusi di sciatteria stilistica…

 

Studi sul personaggio. Alcuni disegni preparatori di Massimo Cantini Parrini per Enzo Ferrari-Adam Driver, e l’attore in una scena