Foto di Antonio Calanni, via LaPresse 

Il foglio della moda

Una Kim Kardashian è importante. Ma per la reputazione di un brand di lusso non è abbastanza

Giorgia Motta

Il report sulla reputazione digitale dell'alta moda ha rivelato sorprese: la prima è la scalata ai vertici di Dolce&Gabbana. Questo grazie a un’operazione con influencer di punta che i critici hanno bocciato. Ma il pubblico no

Ormai è inutile negarlo, tutte quelle popstar ipertruccate e ipervestite sedute in prima fila alle sfilate hanno un senso strategico vero. Arrivati alla terza edizione dell’Osservatorio sulla reputazione digitale dei brand di lusso, sviluppato da Comin&Partners e la società di ricerca KP16 con il supporto mediatico del “Foglio della Moda” un dato emerge con prepotenza, ed è che le strategie sofisticate, le operazioni culturali, le iniziative di sostenibilità non bastano per colpire l’immaginario popolare o, appunto, interessano un pubblico acculturato, ipoteticamente sovrapponibile a quello che legge almeno tre libri all’anno, e che in Italia rappresenta una quota di popolazione pari al 44 per cento, in maggioranza laureata e residente al nord. Ma la moda si vende e viene desiderata ovunque, presso chiunque e a prescindere dal suo livello di cultura e sofisticazione, come dimostra il surreale “bag-gate” della separazione fra Ilary Blasi e Francesco Totti.

 

Perciò, ovunque e a tutti la moda (almeno il pret-à-porter, perché i rapporti nella haute couture funzionano in altro modo) deve parlare. E da questa classifica risulta evidente che il pubblico indistinto di oggi reagisca esattamente come il pubblico indistinto di cento, duecento e seicento anni fa davanti ai fuochi di allegrezza offerti dai papi e dagli ambasciatori, talvolta con la regia di Gian Lorenzo Bernini e più spesso no: vuole lo spettacolo, vuole vedere “quelli famosi”, invidiarli, imitarli, possibilmente deriderli. Non c’è nulla di male, basta prenderne atto, ovviamente avere a disposizione un budget adeguato e agire di conseguenza, riservando le iniziative più raffinate a investitori, amici, magari gli stessi personaggi che successivamente, in altra veste e con altri scopi, serviranno a rafforzare la conoscenza e la desiderabilità del brand presso il grande pubblico indistinto.

 

Quindi, è perfettamente spiegabile la ragione per la quale, nella classifica relativa ai volumi di conversazioni online dei brand della moda di alta gamma, la scelta dei Dolce&Gabbana di invitare Kim Kardashian a “curare” (le virgolette sono d’obbligo perché non si è trattato di vera curatela ma di scelte a proprio gusto) il re-editing dei capi Dolce&Gabbana del periodo 1987 - 2007 per la collezione estate 2023 abbia generato un traffico di dati tale da far schizzare il brand sul podio, accanto a brand come Giorgio Armani e Gucci che fanno comunicazione costante e accorta delle proprie iniziative lungo tutto l’anno. Che la sfilata abbia fatto storcere il naso ai critici di moda indipendenti sulla base dell’evidenza che una collezione di pezzi vintage, appena rivisitati, poco spartisca con la missione e il ruolo sociale della moda, sembra davvero irrilevante rispetto alla curiosità che hanno generato la presenza dell’imprenditrice, con i suoi 332 milioni di follower, e il breve film realizzato per l’occasione e diffuso sui rispettivi social.

 

La tabella mostra infatti che Gucci e Armani conservano le prime due posizioni totalizzando rispettivamente 7.428 e 3.855 menzioni tra Owned Media e Earned Media, cioè mezzi diretti e indiretti nel periodo 1° aprile 2022 – 1° ottobre 2022, mentre guadagna il gradino più basso del podio Dolce & Gabbana, che negli ultimi sei mesi totalizza 3.329 contenuti. Cresce anche Prada, quarta con 3.321 menzioni online e tre posizioni scalate. Dolce & Gabbana, Prada e Fendi sono i brand che crescono di più. Prada, invece, passa dalla settima alla quarta posizione: l’aumento delle menzioni per la maison milanese si deve ad alcuni contenuti online particolarmente seguiti, come per esempio l’episodio della rubrica #InTheBag di Vogue in cui la modella statunitense Gigi Hadid elenca gli oggetti di cui non può fare a meno, estraendoli da una borsa Prada.

 

Infine, crescono appunto e molto anche le menzioni di Fendi, che passa in sesta posizione con 2.304 conversazioni online: l’aumento, sempre per stare in linea con quanto si analizzava nelle prime righe, è dovuta in particolare all’evento di presentazione di Paulo Dybala, nuovo calciatore della Roma, ospitato dalla maison del gruppo LVMH presso la propria sede romana. E le iniziative sviluppate con Altagamma per gli istituti tecnici, che accelereranno la ricerca di un lavoro per centinaia di studenti? Il nuovo polo produttivo alle porte di Firenze? Nulla, in confronto a Dybala. Però, oltre alla visibilità, anche la qualità costituisce il patrimonio reputazionale delle maison. Per questo, ancora una volta, la ricerca ha misurato il valore delle menzioni, grazie all’Indice Sintetico di Reputazione (ISR), un indicatore che bilancia quantità e qualità di menzioni.

 

Come dimostrato già dalle precedenti edizioni del report, il volume di conversazioni non è tutto per i brand: se un marchio è al centro di un’elevata mole di conversazioni ma con sentiment non positivo, l’ISR sarà inferiore. Non cambia il podio: Gucci, Armani e Dolce & Gabbana. Anche nel periodo primo aprile 2022 – primo ottobre 2022, è Gucci a totalizzare il valore più elevato nella classifica dell’ISR, con un punteggio di 80. Il brand fiorentino è seguito, come nella classifica relativa ai volumi di conversazione, da Armani, che si conferma secondo con un valore dell’ISR pari a 43. Al terzo posto Dolce & Gabbana, con un punteggio di 38. Nelle altre posizioni della classifica si nota la crescita di Prada, Versace e Fendi, che totalizzano rispettivamente 34, 26 e 24 nella rilevazione dell’ISR. Mostra ancora una grande crescita Balenciaga: il brand del gruppo Kering passa dal diciassettesimo all’undicesimo posto in virtù di un ISR cresciuto da 15 a 17 negli ultimi due trimestri. Confrontando il 2022 e il 2021, si osserva come la reputazione delle maison sia stabile nel tempo.

 

Le prime tre posizioni sono occupate dagli stessi tre brand e nello stesso ordine da aprile 2021 e, salvo alcune variazioni di qualche posizione, anche gli altri marchi tendono a mantenersi all’interno della stessa fascia della classifica. Questo aspetto dimostra come l’impegno per la costruzione di un ricco patrimonio reputazionale per le grandi maison, sia offline che online, sia un investimento prezioso e duraturo. Come osserva Gianluca Comin, presidente di Comin&Partners, “la terza edizione dell’Osservatorio ci ha confermato quanto sia importante per le maison produrre contenuti di qualità. I brand che hanno successo, nel mondo online e offline, presentano elevati volumi di conversazione accompagnati sempre da un buon valore del sentiment. A ciò si aggiunge la capacità dei brand di stimolare il dibattito tra gli utenti: delle 17mila menzioni prese in analisi, moltissime sono Earned Media, ovvero contenuti pubblicati da account terzi che menzionano i marchi in questione, li taggano o utilizzano hashtag brandizzati.

 

I contenuti generati da utenti terzi garantiscono maggiore viralità alle conversazioni, allargando la sfera di influenza dei brand e coinvolgendo un maggior numero di persone rispetto ai follower tradizionali. Nel complesso, la ricerca sottolinea che la reputazione online è sempre di più un fattore imprescindibile per i brand del lusso. Oggi le maison attraversano una fase di coabitazione tra il mondo offline e quello digitale: per questo motivo costruire un patrimonio reputazionale solido anche in rete significa avere un vantaggio competitivo e generare maggiore fiducia nei consumatori”. L’analisi sulla reputazione dei brand del lusso è stata realizzata attraverso il metodo del “web e social listening”, a partire dalla raccolta e dall’analisi di citazioni sul web e di contenuti pubblici provenienti dai principali social media (Facebook, Instagram, Twitter), per valutare il posizionamento online dei principali brand del settore.

 

I dati sono stati elaborati attraverso un algoritmo proprietario per analizzare i volumi di conversazioni, il sentiment e gli elementi correlati, elaborando un indice sintetico che misura la reputazione delle maison nel periodo aprile 2022 – settembre 2022. Pur essendo lo strumento utilizzato da KPI6 estremamente accurato, bisogna tener conto del fatto che in alcuni casi un’analisi automatizzata non è in grado di contestualizzare i messaggi, come ad esempio nel caso di contenuti ironici o sarcastici. Sebbene in costante evoluzione e miglioramento, la Sentiment Analysis non costituisce ancora uno strumento pienamente autonomo per studiare la percezione dei brand da parte degli utenti. Al contrario, è sempre necessario affiancarvi una lettura approfondita e qualitativa, che sappia interpretare modalità più raffinate di comunicare le emozioni.

 

E infatti, come spiega Gianluca Giansante, partner di Comin&Partners e coordinatore del progetto, la “ricerca mette in luce l’importanza della diversificazione nelle strategie reputazionali dei brand. Eventi in presenza, coinvolgimento degli influencer e attivismo online costituiscono un mix di successo per le maison, ma è importante saper individuare il giusto equilibrio. Collaborare con gli influencer online non è sufficiente se non si promuovono anche eventi in presenza, così come una sfilata di successo non basta da sola a ottimizzare il ritorno in termini reputazionali se non è accompagnata da un racconto online dell’evento. Nonostante la forte capacità dei creator online di influenzare gli utenti e orientare le loro preferenze, i consumatori risultano ancora attratti dallo storytelling dei brand e dalla portata reputazionale che possono esprimere. Anche in questa terza edizione dell’Osservatorio, infine, la sostenibilità si conferma un valore. Gli utenti prestano particolare attenzione alle iniziative dei brand per ridurre l’impatto ambientale della produzione, promuovere comportamenti responsabili e rafforzare l’impegno dell’industria del lusso per uno sviluppo sostenibile”.

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