Emanuele, 20 anni

Giacomo Giossi

La provincia, l’omertà, le botte. Un grande dolore in cui la colpa arriva fino alle nostre origini

Emanuele Morganti è un ragazzo di 20 anni, vive a Tecchiena, vive insieme con la sua famiglia e ha una fidanzata, Kitty. Tecchiena è un paesino, una frazione di Alatri. Alatri è un piccolo comune in provincia di Frosinone, poco sotto Roma, poco sotto L’Aquila e poco sopra Cassino e Isernia.

 

Un’area interna si dice oggi, un luogo lontano da tutto, vicino solo al parco del Gran Sasso in cui gli abitanti sono sparsi, ma sempre in qualche modo vicini. Una di quelle zone d’Italia dove le famiglie si conoscono tutte, i figli con i figli e i genitori con i genitori. Un posto in cui a comandare sono poche regole chiare che i padri trasmettono ai figli. Qui a Tecchiena e ad Alatri a comandare sono le famiglie in cui i patriarchi dettano il campo dentro al quale i figli possono fare come gli pare e piace. Le donne invece sono solo femmine che possono al massimo comprendere, accettare, ma capire solo fino ad un certo punto.

 

Ad Alatri la notte di venerdì 24 marzo 2017 Emanuele viene massacrato di botte fuori da una discoteca, nessuno lo soccorre salvo pochi amici. Un vero e proprio agguato, una mattanza dalla quale più volte Emanuele prova a fuggire: chi può fare qualcosa sta fermo, chi vuole fare picchia, picchia duro fino a uccidere. Una folla impazzita contro un ragazzo solo. Emanuele non riprenderà mai più coscienza e cesserà di vivere due giorni dopo in ospedale. Emanuele aveva la faccia dolce e semplice, bella anzi bellissima dei vent’anni. 

 

Emanuele nella battaglia è un libro doloroso e spietato, dolce e malinconico insieme, scritto dal regista Daniele Vicari. E’ un’indagine nel corpo della società italiana: quell’estesa interminabile provincia che sta tra Milano e Roma (isole comprese). Un luogo dentro al quale molti, quasi tutti sono nati e chi ha potuto è scappato verso qualcosa che assomigliasse a una città, a una forma mediata di società e di famiglia. Ma è anche un luogo dove ciclicamente si deve tornare: alle volte per le feste comandate, altre per un saluto da fare. Spesso invece vi si torna – pur da lontano – con la testa in confusione e il cuore gonfio.

 

La storia, o meglio, la battaglia di Emanuele riaccende una contraddizione nel narratore che muove il suo sguardo fin dentro l’intimità della famiglia e le sue abitudini, le sue ambizioni e i sogni mandati giù come bocconi amari. Vicari entra delicatamente nel dolore di una famiglia e nella durezza di una terra che in parte è anche la sua (ma potrebbe esserlo di molti, molti altri) mostrando pudore, ma anche fermezza. Il suo sguardo è sicuro, guarda alle donne – alle femmine che non possono capire tutto – che mostrano invece con pazienza e cura, con resistenza e trasparenza al dolore come si protegge un figlio e un fratello anche quando tutto è finito.

 

All’interno della battaglia di Emanuele prende così forma la battaglia di Melissa, la sorella e anche un po’ mamma del ragazzo. Melissa è dura, ha coraggio e non confonde il sacrificio con l’abbandono, il dolore con la vendetta. Dotata di straordinaria lucidità, Melissa prende le redini della famiglia e lotta con e contro il paese, la terra e gli uomini, che si rivelano spesso per essere – loro sì – solo dei maschi. Melissa sceglie, analizza, dà fiducia e toglie fiducia, cerca la strada e la trova, cerca giustizia e gli strumenti necessari per ottenerla. Melissa lotta e lo fa anche per conto di Lucia, la mamma di Emanuele, dolce e stanca. Lucia è già lungamente provata da una vita in provincia, da un’ambizione frustrata. 

 

Lucia sapeva che quel luogo covava un pericolo nell’omertà e nel bieco maschilismo provinciale fatto di mezze parole e di un presunto dominio fragilissimo e isterico. Emanuele è cresciuto con gli anticorpi giusti, si è salvato da quel conformismo, ma non dalla sua violenza inaudita. E poi c’è Peppe il padre, bravissimo nel cacciare e nel cucinare la sua selvaggina, uno che la sua casa l’ha costruita con le sue mani, un padre onesto che ora sente il peso dell’inadeguatezza.

 

Difficile alle volte distinguere il dolore dalla colpa anche se si è una vittima, impossibile ritenere questa storia, la battaglia di Emanuele, un semplice fatto di cronaca: ieri è toccato a lui domani a chissà chi. Non può essere così perché quella colpa si è frantumata in infiniti pezzi di fronte alla bellezza di Emanuele e di sua sorella Melissa che quella battaglia non ha mai smesso di combatterla. E quei pezzi colpiscono Daniele Vicari obbligandolo a partecipare, in un certo senso a discolparsi aggredendo la contraddizione di una terra e di un’origine. Emanuele è stato lasciato solo e questo riguarda chiunque, chi scrive la sua storia e chi la legge.

 

Riguarda una comunità e uno Stato, un’idea di padre e di madre e riguarda i figli e quel tempo lungo in cui si è stati insieme e mai soli.