Grand Hotel Italia

Giorgia Mecca
Nicolò de Rienzo
Add editore, 288 pp., 18 euro

    Ancora oggi ci sono giornalisti che mi chiedono cosa c’è stato tra Sophia Loren e Marcello Mastroianni”. A questa domanda che lo insegue da cinquant’anni, Luigi Ricci sorride sempre e non risponde mai. I portieri d’albergo sono fatti così: gentili e riservati, disponibili ma schivi; conoscono tutto ma non dicono niente, sanno benissimo che quasi sempre il silenzio è d’oro, d’oro proprio come le due chiavi cucite sulle loro redingote, le Clefs d’Or. Non potendo dire la verità, i portieri preferiscono tacerla, la chiamano deformazione professionale.
    Nicolò de Rienzo è però andato a cercarli nelle loro case, tra gli alberghi più belli d’Italia, per ascoltare retroscena e testimonianze su un mondo dorato che ora, forse, non esiste più. Gli anni Sessanta sono stati tempi di vita dolcissima: Callas e Onassis, Agnelli dappertutto, Elizabeth Taylor e Cary Grant, tutti in vacanza, tutti in Italia. Fausto Allegri ha accolto tra le suite del suo albergo i padroni del mondo insieme a  tutti gli scandali che si portavano dietro: “Era un periodo di esaltazione collettiva”. Giravano soldi dappertutto, i ricchi non sapevano come spenderli. Gli ospiti degli hotel a cinque stelle erano così strani che a volte sembravano arrivare da un altro mondo, e forse era proprio così. C’era l’ereditiera Barbara Hutton, che viaggiava ogni volta con centotré bagagli; un famoso principe arabo che pretendeva che ci fosse una gondola fuori dal suo albergo per tutta la notte; il regista Remigio Paone, che il 5 novembre 1966, il giorno dopo l’alluvione che allagò Firenze, scese nella hall del Grand Hotel scandalizzato: “Ma insomma, qui non c’è nessuno che mi pulisca le scarpe?”. Un giorno un ospite pazzo lanciò un mobile giù dalle scale: “Era orribile” fu il suo commento. Poi c’erano amanti, colpevoli di omicidio, anziane zitelle, giocatori d’azzardo, nobili decaduti, donne bellissime che giravano nude per la stanza e mogli tradite che si presentavano in piena notte per chiedere notizie del loro marito.
    Succedeva di tutto, tra le stanze di quegli alberghi. Capri, Ischia, Portofino: quanti matrimoni, quanti divorzi! In via Veneto si facevano fotografare sorridenti e sereni, al sicuro dell’albergo volavano schiaffi. “Masci io vorrei essere come lei”, disse un giorno un grande industriale prendendo sottobraccio il concierge del Grand Hotel di Roma; lui gli rispose: “E io come lei!”. I portieri non fanno mai nomi, parlano per allusioni, ricordano e spesso rimpiangono: hanno evitato le avancées di donne bellissime e sposate, hanno visto nascere e morire storie d’amore di cui non parlerà nessuno. Se potessero parlare… però non parlano, non lo faranno mai. “La fiducia non ha prezzo” ha risposto Pino Buso a una televisione francese che gli offriva molti soldi in cambio di alcune rivelazioni su Gianni Agnelli, appena scomparso.
    Il portiere deve essere abile e silenzioso, osservare e non giudicare, e per qualsiasi richiesta deve avere un’unica risposta: “Nessun problema”. Ci sono concierge che hanno sacrificato la loro vita per accompagnare quella dei loro ospiti, che hanno visto i loro figli piccoli solo mentre dormivano, perché quando tornavano a casa era sempre troppo tardi. Per alcuni di loro l’albergo è stato una gabbia dorata, ma ne sentono tutti la mancanza. “Da quando sono andato in pensione il telefono non squilla più. Prima ero qualcuno, oggi no”. In quegli anni, in quelle stanze hanno visto un mondo meraviglioso

     

    GRAND HOTEL ITALIA
    Nicolò de Rienzo
    Add editore, 288 pp., 18 euro