L'architettura necessaria di Laura Gallucci

Nicoletta Tiliacos
Irene de Guttry, Cristina Liquori
Quodlibet, 175 pp., 20 euro

    Sono nata a Roma nella primavera del ’48, la mia famiglia voleva facessi la maestra, ma amavo disegnare e quindi dopo il diploma magistrale ho studiato per conseguire la maturità artistica e potermi iscrivere alla facoltà di Architettura”. Così l’architetta Laura Gallucci, morta in un incidente di mare nel 2012, parlava nel 2009, sui “Quaderni di Via Dogana”, della nascita di quella che è riduttivo definire come semplice vocazione professionale.  Pensare, costruire, far rivivere case è stato per Laura Gallucci il modo di essere, di interpretare la realtà, di prendere appunti sul mondo per immaginare un posto, nel mondo, per le persone e per le loro cose. Il mestiere dell’architettura ha avuto in lei i connotati di un investimento amoroso, scelta sulla quale plasmare talento, padronanza dei mezzi tecnici, relazioni umane. Quelle amicali e quelle cresciute nel femminismo, che Laura Gallucci ha frequentato seguendo la stella polare della concretezza (“Vengo da una lunga militanza nel movimento delle donne e continuo a interpretare il mondo dall’osservatorio della differenza sessuale”). Questo libro di Irene de Guttry (storica delle arti decorative del Novecento) e Cristina Liquori (architetta che ha condiviso con Laura Gallucci gli anni della formazione e gli spazi di uno studio) ricostruisce, sulla scorta di scritti, progetti e disegni, la genesi di alcune delle tante “case di Laura” (sono più di duecento), e il percorso di una ragazza di sinistra degli anni Settanta che riesce via via a elaborare un punto di vista originale, libero e non condizionato dai miti prosperati attorno all’idea di architettura: “Mi occupo dell’abitare, di costruire spazi dove le persone abiteranno e vivranno e quindi è fondamentale per me osservare come si vive, che cosa si desidera, quali sono i cambiamenti nel quotidiano”. La sua “architettura necessaria”, scrivono Irene de Guttry e Cristina Liquori, “è quella che autorizza a gettare tutto, anche se virtualmente, per ripartire dallo spazio vuoto e intraprendere tre azioni: riparare e conservare ciò che, pur non essendo ‘di moda’ ha sempre valore e senso; eliminare ciò che non ha più funzionalità e senso, solo acritica memoria; sostituire e rinnovare strutture e impianti, a volte addirittura pericolosi, attraverso soluzioni ispirate a princìpi di trasparenza, leggerezza, convenienza economica”. L’architettura “necessaria” è quella in cui l’architetto si dimentica di sé senza rinnegarsi. Esercizio che a Laura Gallucci, come dimostra anche questo libro (che contiene due saggi di Maristella Casciato e Claudia Mattogno) è certamente riuscito.

     

    L'ARCHITETTURA NECESSARIA DI LAURA GALLUCCI
    Irene de Guttry, Cristina Liquori
    Quodlibet, 175 pp., 20 euro