LaPresse

Lettere

La condizione delle donne e il sostegno a Hamas: tutto si tiene in Iran

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – È notizia di questa settimana che l’attivista iraniana Narges Mohammadi, premio Nobel per la Pace 2023, si è rifiutata giustamente di comparire alla prima udienza del processo intentato contro di lei. La donna,  che si batte da oltre vent’anni per i diritti umani e per quelli delle donne iraniane,  è stata condannata cinque volte per un totale di 31 anni di carcere complessivi e 154 frustate. Sarebbe bello che i giornali italiani scrivessero ogni giorno qualcosa su di lei, fino a che la giustizia iraniana non le consentirà di fare quello che le spetterebbe: essere libera di essere una donna ribelle a Teheran.
Lucia Tarquini

 

Il 25 novembre, a ridosso della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, l’organizzazione Hengaw per i diritti umani ha offerto qualche spunto di riflessione per ragionare sui diritti delle donne in Iran. Nei primi undici mesi dell’anno, in Iran sono state uccise 104 donne;  34 su cento sono state uccise per “delitti d’onore”. Nello stesso arco di tempo, 16 donne hanno rischiato l’esecuzione e 128 attiviste hanno ricevuto condanne che vanno dalla fustigazione all’incarcerazione e all’esecuzione. Solo quest’anno, in Iran, almeno 308 attiviste donne sono state detenute. Dopo la morte di Mahsa Amini, uccisa nel settembre del 2022 a causa della mancata osservanza della legge sull’obbligo del velo, e le proteste che sono seguite, la polizia morale ha arrestato oltre 20 mila persone, uccidendone 500. Può sorprendere che uno stato che ha fatto della distruzione e dell’annientamento dei diritti delle donne una regola di comportamento sostenga i terroristi di Hamas e abbia al centro della sua agenda la distruzione dell’unica democrazia del medio oriente? Risposta esatta.


 

Al direttore - Il tribunale di Reggio Emilia ha condannato in primo grado all’ergastolo per omicidio i genitori di Saman Abbas. Saman è la 18enne pakistana che abitava in provincia di Reggio Emilia. Suo padre Shabbar Abbas e la madre Nazia Shaheen sono stati ritenuti colpevoli. Colpevoli di avere ordinato l’uccisione di Saman. Era il 2022. E la tesi dell’accusa è quella che sapete: Saman è stata uccisa perché aveva rifiutato un matrimonio combinato con un uomo residente in Pakistan. Sarebbe importante oltre che denunciare il nostro patriarcato ricordarsi cos’è l’altro patriarcato. Grazie.
Marco Purini 

 

Quoto la nostra Annalena Benini (9 giugno 2021): “Non esiste più nemmeno il femminismo, se non si occupa di Saman Abbas e del suo coraggioso, limpido e solitario tentativo di salvarsi e di vivere la vita che ha scoperto negli occhi e nelle giornate delle ragazze e dei ragazzi di questo paese”.

Di più su questi argomenti: