Lettere

Più che discutere di patriarcato, sarebbe utile ascoltare un'amica

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Vantaggi di prendersela con il patriarcato: 1) Se lo accusi non ti viene a cercare sotto casa come l’islam (se per caso te la prendi con l’islam in casi di femminicidio tipo Saman, ma pare questo non vada di moda). 2) Non replica mai alle accuse, ti lascia libero di svolazzare nella storia delle idee. 3) Non viene invitato nei talk-show per un contraddittorio, tipo “ospiti stasera a Piazza Pulita, Chiara Valerio e Il Patriarcato”. 4) Ti permette di scrivere cose come “se non vedi il problema sei parte del problema” che è la frase bacio-perugina di quelli con il Phd.
Andrea Minuz

Efficace Osho sul tema. Soggetto: una serie di donne con il Burqa. Accanto a loro bambini. Voce fuori campo: “Davero volete annà in Italia? Guardate che ce sta er patriarcato”.


 

Al direttore - Patriarcato: “Meno sono gli iniziati, più sacri sono i misteri”, Voltaire,1769. 
Massimo Teodori 

Più che discutere di patriarcato, tema misterioso, sarebbe utile dedicare del tempo a fare un gesto, piccolo e potente: andare a cena con le proprie amiche e chiedere loro, ascoltando, cos’è che un uomo non riesce a capire quando si parla di violenza sulle donne. 


 

Al direttore - Israele è un paese democratico. Come tale deve rispondere delle sue azioni a un’opinione pubblica interna e internazionale. Un’opinione pubblica che in Russia non può esprimersi perché a pronunciare anche solo la parola “guerra” si rischia di finire nell’Arcipelago Gulag. Gli alleati di Israele, paesi anch’essi democratici, devono rendere conto alle loro bizzarre opinioni pubbliche, mentre il sodalizio delle autocrazie si sente autorizzato a mentire e riesce sempre ad avvalersi di “quinte colonne” all’interno delle democrazie. Dopo la manifestazione del 25 novembre, poi, abbiamo scoperto che, da tante donne, il “patriarcato” è ritenuto più opprimente della sharia. Prima o poi ci spiegheranno, perché gli stupri delle donne israeliane “non nascono dal nulla.”

Giuliano Cazzola


 

Al direttore - L’operazione Montepaschi, di cui ha scritto il Foglio, certamente è risultata un successo, ma sarebbe un errore pensare che essa possa essere un modello per dismissioni di altre proprietà pubbliche, data la peculiarità del caso del Monte. Per di più, questa operazione rafforza l’esigenza che vi sia chiarezza sul punto d’approdo da parte del governo, mentre si manifestano suggerimenti perché siano messe in vendita altre “tranche” della quota del Tesoro, come se si trattasse della vendita di un prodotto commerciale appetibile (visto che è andato bene, offriamone in vendita una maggiore quantità ). Non bisogna dimenticare che si tratta di una banca – la più antica del mondo – e ciò richiede chiarezza sul programma di dismissione, sui tempi che non possono essere serrati, mentre non si può continuare con la permanente indicazione di tre possibili “matrimoni”, quando i potenziali sposi, le banche dell’ipotizzata aggregazione, continuano a negare interesse all’operazione. E’ in ballo una storica istituzione, con i suoi dipendenti e con la sua clientela, cosa che esige, insieme con la considerazione dell’onere per il bilancio pubblico, una rigorosa valutazione dei passi da compiere. 

Angelo De Mattia
 

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