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Lettere

La fuga degli ebrei dai paesi arabi. Anche quella è colpa di Israele?

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Lezione Argentina. Se lo scontro è tra due populismi, vince sempre il peggiore.
Siegmund Ginzberg

Lezione Argentina. Se il tuo paese ha un’inflazione che cresce del 140 per cento e sei costretto a candidare il ministro dell’Economia come pezzo pregiato della tua argenteria significa che il populismo che tu rappresenti non è tanto migliore di quello degli altri che combatti.


 

Al direttore - In un paese in cui i genitori spesso giustificano gli atti  anche i più gravi – di bullismo compiuti dai propri figli, perfino prendendo a ceffoni i professori, colpisce la compostezza, l’umanità e la civiltà mostrate dalle famiglie di Giulia Cecchettin e di Filippo Turetta. Le quotidiane cronache di violenza sulle donne narrano che, nonostante gli innegabili progressi realizzati nel campo della parità dei diritti di genere, l’altra metà del cielo viene perseguitata non appena prova a scavalcare i confini della coppia tradizionale. Accanto a sopraffazioni atroci come l’omicidio, l’ustione, l’acido, si sono aggiunte nuove forme di rogo sul web, che scaricano sulle donne la responsabilità di una molestia patita o di uno stupro subito. Una recente indagine dell’Istat ha certificato che, per un quarto degli italiani, per un motivo o per l’altro “se la sono cercata”. Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle, diceva Voltaire. Non è così. Per fortuna, però, le donne continuano a sorridere, a essere irriverenti e a disobbedire, anche nella sofferenza e nell’umiliazione.
Michele Magno



Al direttore - E’ un’ottima iniziativa quella che il Foglio sta mettendo in piedi, ossia la pubblicazione di alcuni capitoli del saggio di Georges Bensoussan “Gli ebrei del mondo arabo”. Si tratta infatti di un capitolo della storia di cui ancora si conosce poco, al contrario delle fonti che è ben più facile reperire sugli ebrei ashkenaziti e sulla memoria della Shoah. Ciò detto, bisognerebbe inoltre riportare in auge alcuni scritti di Albert Memmi (che Bensoussan cita spesso nel corso di queste prime pagine del saggio), ebreo sefardita tunisino di cultura francese, il quale ha raccontato nei suoi numerosi libri la condizione degli ebrei tunisini durante la colonizzazione francese mettendo in luce i rapporti non propriamente “idilliaci” con la comunità musulmana del paese nordafricano. Una volta raggiunta l’indipendenza nel 1956, gli ebrei tunisini saranno quasi costretti a fuggire dalla Tunisia, poiché non ci sarà più posto per loro nella nuova Repubblica islamica del presidente Habib Bourguiba. Non sarebbe per niente male dunque che qualche casa editrice riacquistasse i diritti di alcuni libri di questo grande scrittore, largamente aperto al dialogo e alla tolleranza tra le varie culture del mondo. Sperando in un futuro interessamento, auguro buon lavoro e invio i miei più cordiali saluti.
Riccardo Bravi

Grazie. Un dato per capire meglio il fenomeno. Nel 1948, nei paesi arabi vivevano circa 900 mila ebrei. Dal 2012 la stima di ebrei nel medio oriente arabo è pari a circa 4.300 persone. Ma è colpa di Israele, ovviamente. 


 

Al direttore - Certo, la Terragni ha ragione: tocca (anche) agli uomini ribellarsi, “analizzare, decodificare, interpretare”. Recitava una filastrocca: per fare un tavolo ci vuole il legno. Così, con altrettanta “semplicità”, la Cassazione ha stabilito che non ci può essere dolo se manca la volontà. Eppure, dolo e colpa sono categorie radicalmente diverse, per certi aspetti antitetiche. Nel dolo è indispensabile  che il responsabile (del delitto, come nel caso specifico della povera ragazza) abbia fornito un’intima adesione al verificarsi dell’evento concreto, sia pure come effetto collaterale. Si tratta, per venire alle tesi della Terragni, di esplorare la sfera interiore muovendosi su un terreno abbastanza scivoloso. Non vi è una condotta standard per giudicare un uomo. La personalità, la storia, le esperienze costruiscono i processi decisionali. E, purtroppo, anche gli eventi che annientano una famiglia e le nostre coscienze. 
Maurizio Lullo


Al direttore - Sarebbe un attentato così grave al diritto di sciopero stabilire che, in caso di servizi pubblici, chi aderisce allo sciopero lo debba comunicare almeno 24 ore prima, così che gli utenti possano regolarsi e decidere, per esempio, se mandare i figli minorenni a scuola, con il rischio che passino la giornata in mezzo alla strada perché se gli insegnanti aderiscono allo sciopero a scuola non li fanno entrare?
Antonio Massarutto, Università di Udine

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