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lettere al direttore

Ragioni, suggerite da un banchiere, del decreto sugli extraprofitti

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Non ho niente contro l’extraprofitto delle banche sui soldi che mi imprestano o mi imprestarono (l’ho accettato io, firmando), se le banche mi riconoscessero, però, un (piccolo, o meno piccolo) extrainteresse sui soldi che io ho imprestato loro, anche se loro non hanno mai firmato un accidente. Non vorrei d’altronde aver scritto un’enormità antiscientifica.

Andrea Marcenaro

 

Non male. Un punto interessante sul tema. Un amico banchiere, che mi ha chiesto di risultare anonimo, mi ha offerto uno spunto di riflessione non male. Il decreto in questione è fatto tecnicamente male ed è stato presentato peggio. E su questo nessun dubbio. Ma le grida in difesa del mercato violato, dice lui, sono ridicole. Il mercato, per quanto riguarda le banche, viene violato da anni. Dal 2017 al 2022, dice ancora il nostro amico, è stato portato avanti un colossale trasferimento del rischio di credito dai bilanci delle banche al bilancio pubblico. Il nostro amico banchiere offre tre casi. Primo: da quando ha messo a disposizione 5 miliardi per salvare la Popolare di Vicenza e Veneto Banca comprandone a prezzi altissimi i crediti deteriorati, Amco (società a capitale interamente pubblico) ha continuato sulla stessa strada, aiutando a proteggere il patrimonio delle banche a prezzo di inevitabili svalutazioni future, che il Mef dovrà coprire. Secondo: in parallelo, il Mef ha messo a disposizione delle banche garanzie sulle emissioni effettuate dagli investitori per finanziare l’acquisto di crediti deteriorati (le cosiddette Gacs). Grazie a queste garanzie, continua il nostro amico, i prezzi pagati sono stati altissimi e i bilanci delle banche sono stati salvaguardati, evitando svalutazioni pesanti. Ma, come dimostrano i report delle agenzie di rating, l’incasso dei crediti è insufficiente a rimborsare integralmente quei finanziamenti: perciò, dice ancora, la garanzia pubblica verrà escussa, come si dice, e si tradurrà in maggiore debito pubblico. Terzo. Durante la pandemia, infine, il Mediocredito Centrale (banca a capitale integralmente pubblico) ha garantito per importi colossali i finanziamenti delle banche alle imprese medio-piccole. L’intento (nobile) del Conte 2 di sostenere l’economia ha permesso alle banche di rifinanziare innanzitutto i crediti più rischiosi, trasferendo le inevitabili svalutazioni future sul bilancio del Mediocredito. Quindi, in generale, è la conclusione del ragionamento, per le banche meno svalutazioni e utili più alti grazie all’intervento pubblico. Il fatto che l’appesantimento del debito pubblico oggi si veda solo in minima parte, ci dice ancora, non significa che non ci sia e che non sia significativo (come il futuro dirà). Se questo intervento non ci fosse stato, oggi il margine di interesse sarebbe in parte riassorbito dalle maggiori svalutazioni sui crediti, e gli utili e le quotazioni di Borsa sarebbero molto più bassi. Morale: se si invoca il mercato, bisogna essere coerenti; l’intervento pubblico non è buono quando ci aiuta e cattivo quando ci penalizza; i giornaloni dovrebbero essere più analitici e meno rigoristi a corrente alternata; gli investitori internazionali sono esperti e cinici abbastanza per sapere tutte queste cose e comportarsi di conseguenza. Poi, del merito e del metodo si può (molto) discutere: ma questa ipocrisia fa ridere. E in Spagna, dove è avvenuta una scelta analoga, non è morto nessuno. Punto interessante, se non fosse che il governo ha utilizzato un tema che esiste solo per mettere in luce la sua postura populista. Contro i mercati. Contro le banche. Contro il capitale. Contro il profitto. Ci torneremo.

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