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Lettere

Evviva Sottocorona. E già rimpiangiamo le litigate con Purgatori

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Atto primo. Paolo Sottocorona, meteorologo in servizio a La7, legge i termometri di tutta Italia e fa presente che si diffondono notizie allarmistiche su temperature che non corrispondono per nulla alla realtà. Atto secondo. Scatta il sospetto che per aver compiuto questo gesto rivoluzionario Sottocorona appartenga al vasto mondo dei negazionisti climatici. Atto terzo. Il sospetto gli viene fatto presente in una intervista a Repubblica. Sottocorona smentisce e auspica anzi una transizione “fatta con intelligenza e pragmatismo”. Atto quarto. La parola “pragmatismo” genera  sospetti presso il tribunale del politicamente corretto e quindi la domanda successiva suona “la sua pozione è pericolosamente  vicina a quella del ministro Frattin…(!)”. Atto quinto. A questo punto il povero Sottocorona non sa più cosa dire. Di fronte all’Inquisizione è costretto a dichiarare la sua fede ambientalista, giurare che non usa l’aria condizionata e che è praticamente vegetariano. Forse si è guadagnato l’assoluzione. Pare però che lo abbiano sentito mormorare “ma le temperature si misurano con i termometri…”.
Chicco Testa

Sottocorona idolo. E a proposito de La7. Ieri è scomparso Andrea Purgatori. Ci siamo spesso stuzzicati in questi anni. Noi con lui. Lui con noi. Ci siamo scannati ma ci siamo divertiti. Ci mancheranno le litigate. Abbracci alla famiglia. 


 

Al direttore - Sono convinto anche io come Adriano Sofri che in Cina si studia  tutto lo scibile umano compreso il grande deposito di cultura umanistica che ha visto la luce in Occidente. E dunque anche le “Confessioni” di Agostino e gli “Annali” di Tacito. Ma il problema è chi e dove. Di queste due opere e di molte, molte altre (diciamo tutte?) che riguardano il deposito di cui sopra io credo, infatti,  che negli ordinari corsi di studio frequentati da milioni di alunni della Repubblica popolare non  ci sia la minima traccia. Di tutto quanto concerne il patrimonio della cultura occidentale certamente si occupano invece  – lo sappiamo bene –  e di certo  con ottimi risultati scientifici, eccellentissimi centri di studio appositamente organizzati.  Ma invariabilmente voluti e organizzati – Sofri di ciò non dubita – ogni volta sotto la morbida ma attenta guida dell’autorità del Partito. Il punto è appunto questo, ripeto: almeno fino a qualche decennio fa  nella tradizione scolastica occidentale Agostino e Tacito, sia pure a pezzi e bocconi (ma non sempre), erano offerti alla libera fruizione certo non delle masse ma almeno di una  importante parte della gioventù  che frequentava gli studi. Con le conseguenze di cui testimoniano un paio di secoli di storia europea e americana. In Cina no. In Cina se ne occupano solo gli “specialisti” politicamente fidati. Sono sicuro cha Sofri non mancherà di cogliere la differenza. 
Cordialmente,

Ernesto Galli della Loggia 


 

Al direttore - Se la politica non vuole interferenze della magistratura inquirente, provveda direttamente a fare pulizia al suo interno. Ecco uno dei principi fondamentali della dottrina Davigo. Ma la regola non potrebbe valere anche a parti invertite?
Giuliano Cazzola



Al direttore - Nel dare in bocca al lupo ad Angelo Mellone per il suo importante incarico in Rai, e nel ringraziarlo per l’elogio di cui mi gratifica cortesemente, “il democratico Riotta”, nell’intervista al vostro Carmelo Caruso (la penso infatti come il vecchio Will Rogers: “I do not belong to any organized party: I’m a Democrat”), rettifico tuttavia di non avere mai avuto il nome del prof. Mellone nella faculty al Master Luiss, al momento della mia nomina a direttore nel 2018. Se lo avessi avuto, come per tutti gli altri docenti, lo avrei messo alla prova e poi confermato, o meno, secondo le necessità didattiche e accademiche del corso. 
Grazie e buon lavoro, 
Gianni Riotta



Al direttore – Scriveva il Foglio di mercoledì che il caso Zaki era un test per la nuova diplomazia. E anche per Meloni. Test vinto, direi, caro Cerasa.
Lucia Arrivi

Zaki e Meloni: veni, vidi, vici. O anche: Eni, vidi, vici.


 

Al direttore - La professione docente appare sempre più imbrigliata nelle maglie della burocrazia di Stato. Concorsi macchinosi, tempistiche lunghe oltre ogni buon senso, assegnazioni dalle Gps (Graduatorie provinciali per le supplenze) problematiche, il tutto fondato sull’impiego di “precari vaganti”, costretti ogni due anni a un risiko snervante per piazzarsi nelle province dove sussistono maggiori possibilità d’impiego. La continuità didattica resta un miraggio: l’algoritmo che regola l’assegnazione annuale delle cattedre su posto comune e su sostegno non tiene conto del diritto degli studenti alla continuità educativa e didattica. Per non parlare, poi, dell’aspetto economico. I docenti che sono riusciti a inserirsi nel mondo dell’istruzione attraverso il canale del sostegno didattico non solo hanno dovuto farsi carico di costi del Tfa (Tirocinio formativo attivo) estremamente onerosi, ma sono stati costretti a industriarsi per raggiungere in presenza le sedi in cui venivano erogati i corsi, sottraendo tempo anche alla propria famiglia. Come può un docente svolgere serenamente il proprio lavoro e ricevere una formazione efficace se, durante il weekend, è costretto ad attraversare lo Stivale e approfittare delle ore in pullman per dormire e preparare le lezioni del lunedì? Dinamiche analoghe potranno verificarsi anche con i prossimi percorsi abilitanti da 60 Cfu previsti dalla riforma Bianchi. Se è vero che la recente bozza del testo presentato nel Cdm del 15 giugno scorso specifica che tali percorsi “possono essere svolti anche mediante modalità telematiche, comunque sincrone”, resta il fatto che escludere la possibilità di una fruizione asincrona renderà ancora una volta ostica la partecipazione della classe docente precaria. L’auspicio, dunque, è che venga accolta la proposta emendativa di alcuni esponenti della maggioranza che prevede di introdurre anche la modalità asincrona di fruizione dei corsi. Rigettarla equivarrebbe a una sconfessione della classe docente, ritenuta incapace di gestire in autonomia i modi e i tempi della propria formazione, e solleverebbe più di un sospetto sulla volontà politica di tutelare gli atenei statali e i loro interessi corporativi.

Francesco Mascellino, docente precario di scuola secondaria di II grado