Il cardinale Matteo Zuppi e la filosofa Donatella Di Cesare (LaPresse)

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Un posto al sole per i garantisti. E un aiuto per dire “ridicoli” in russo

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Un paio di mesi fa nella nostra fiction preferita, “Un posto al sole”, unica che resiste da oltre vent’anni  alle “epurazioni” di Rai3, nonostante il Cencelli della tv di stato la faccia iniziare sempre più tardi, è andato in onda questo episodio. Il figlio di Franco Boschi è stato accusato di stupro dalla nipote di Marina Giordano. La vicenda è andata avanti per mesi, lui il mostro, lei l’offesa. Upas (come lo chiamiamo noi follower), grazie al genio di Giovanni Minoli, è sì una soap dalla parte dei buoni, e lascia sempre una morale e un insegnamento. Credo sia stata la prima sulla rete Rai ad avere storie omosex, dal primo giorno contro la mafia, e piena di donne coraggio, maschi noiosi, e bambini “green” ancor prima di Greta. Ma non è mai banale, convenzionale, patetica e melensa. Nella storia di Nunzio Boschi, lui, grande e bello, era innocente e lei, piccola e indifesa, si era inventata tutto. Solo grazie alla famiglia, che non ha ceduto al processo mediatico, è stata ristabilita verità e giustizia. Alla fine lei ha ritirato la denuncia e il ragazzo l’ha perdonata senza controquerela. La verità non è sempre in chi denuncia, e non è mai sempre e solo nella parte apparentemente più debole. La maggior parte delle volte è così, e le violenze contro le donne sono un fenomeno che va combattuto con le giuste misure. Che difficilmente passano per l’infamia preventiva giudiziaria, mediatica e sociale. Dopo Paul Haggis, regista fermato la scorsa estate a Ostuni con l’accusa di stupro e poi assolto, l’ultimo episodio famoso è quello accaduto in piena campagna elettorale a danno di Matteo Richetti. Ma “Un posto al sole” è anche l’unica fiction che non segue l’attualità, l’anticipa.
Annarita Digiorgio 

Rispettare le denunce delle presunte vittime è un dovere (e il presidente del Senato dovrebbe saperlo bene, anche se in ballo c’è un’accusa che riguarda il figlio). Non trasformare ogni uomo accusato di una violenza in uno stupratore conclamato fino a prova contraria dovrebbe essere l’abc dello stato di diritto (e questo dovrebbero ricordarlo i nemici del centrodestra che stanno cercando di trasformare un’accusa ancora tutta da verificare in una condanna definitiva a carico del cognome dell’indagato). Urgono per maggioranza e opposizione corsi serali per ripassare, con “Un posto al sole”, i valori non negoziabili di una sana cultura giuridica, non intossicata dai due opposti estremismi (compreso quello di sbattere in pagina i dettagli irrilevanti della vita di un presunto mostro).  


 

Al direttore - “Il grido della pace” (Edizioni San Paolo) è il titolo di un libro fresco di stampa di Andrea Riccardi. E’ stato presentato martedì scorso a Roma. Discussant: il cardinale Matteo Zuppi, il giornalista Marco Damilano, il sociologo Giuseppe De Rita e, dulcis in fundo, la filosofa Donatella Di Cesare, esponente di spicco del pacifismo “neneista” (né con Zelensky né con Putin, cioè con Putin). Il fondatore della Comunità di S. Egidio è uno storico di rango, e il suo volume è una preziosa e documentata testimonianza della complessità e della ricchezza delle culture (il plurale è d’obbligo) della pace, in Italia e nel mondo. Continua tuttavia a sorprendermi la scarsa considerazione di cui gode nel pacifismo religioso, che da noi è magna pars del pacifismo senza aggettivi, il principio “Vim vi repellere licet” (è lecito respingere la violenza con la violenza), presente già nel Digesto di Giustiniano (533) e accettato da ogni ordinamento giuridico e da ogni dottrina morale, tranne dalle dottrine della nonviolenza. Con una sua interpretazione perfino estensiva, è stato accolto anche nel Catechismo della Chiesa cattolica, voluto nel 1992 da Giovanni Paolo II proprio come espressione del magistero conciliare: “La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l’ingiusto aggressore in stato di non nuocere” (n. 2265). Non basta. Più avanti, il Catechismo recita: “Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale […]” (n. 2309). Eppure perfino per Kant, autore di uno dei più celebrati saggi sulla pace, il valore supremo che una ben ordinata convivenza di individui dovrebbe realizzare non è la pace, che o è giusta o non è, ma la libertà. In altri termini, “la pace non può essere il cimitero della libertà”. Viva la pace, dunque, ma prima ancora viva la libertà. Grazie al popolo ucraino per ricordarcelo ogni giorno.
Michele Magno

A proposito di pace. Dice bene il nostro David Carretta. La Russia usa armi chimiche, ma il problema sono le munizioni a grappolo che verranno fornite all’Ucraina dopo che la Russia ne ha abusato. Aiutatemi a dire “ridicoli” in russo (che nel caso si pronuncia così: ya smeyus!).



Con riferimento all’articolo “Scene dal Senato”, pubblicato il 6.7.2023, il sen. Francesco Boccia ci ha chiesto di precisare, in rettifica a quanto si legge nell’articolo, che Daniela Santanchè, nel suo intervento al Senato, ha affermato che “le critiche più feroci vengono da molti che in privato hanno tutto un altro atteggiamento e che a volte fa anche piacere andare o magari prenotare nei locali di intrattenimento che ho fondato” e che, dunque, Daniela Santanchè non ha mai nominato il Twiga. Che il video riproduttivo del detto passo dell’intervento di Santanchè non mostra la circostanza, riportata  dall’articolo, secondo la quale “in un lampo mezza Aula si è voltata a guardare l’abbronzatissimo Boccia”.