Nino Di Matteo (Ansa)

Lettere

Un'antimafia impegnata più nella ricerca di audience che di prove

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Delmastro: “Errore di Donzelli, ma è mio amico. Cambio casa”. E se invece cambiasse amico?
Michele Magno

Esagerato!

 


 

Al direttore - Nell’affaire Donzelli-Delmastro, come in numerose altre questioni immobiliari che riguardano le vite romane della nostra politica (non solo gli “sbroccati della destra” – Elefantino dixit – ma più o meno l’arco costituzionale tutto) stupisce un po’ la condivisione di appartamenti e camere, da studenti fuori sede. A ciascuno la sua stanzetta, col triste lettuccio singolo e bagno e tinello in comune (ahi, vecchi ricordi). Eppure i salari dei parlamentari non sarebbero poi quelli delle paghette universitarie, si dice. Dal Palazzo alla Cameretta: è un attimo. Anzi, un attimino. Poco dolci vite.
Luca Rigoni

 


 

Al direttore - Caro Cerasa, leggo sul vostro giornale che il ministro Valditara avrebbe fatto marcia indietro sul tema della necessità da parte della politica di affrontare la questione del differente costo della vita tra nord e sud. A me sembra che in realtà il ministro se ne sia infischiato delle critiche. E ha fatto bene. Legga questo passaggio: “Io credo che il contratto nazionale non verrà toccato. Il contratto nazionale, come dire, non ritengo neanche che sia una richiesta delle regioni. Non ho mai sentito qualche regione che voglia mettere in discussione il contratto nazionale. Semmai una richiesta delle regioni è quella di consentire una maggiore equità laddove il costo della vita sia molto più alto. Questa è la vera sfida: capire come fare per far sì che il lavoratore che si trova ad avere un costo della vita più alto in un determinato territorio (ovunque si trovi: al nord, al centro, al sud, questo è poco rilevante) non vada ad avere uno stipendio che nei fatti è molto più basso”. Perfetto. 
Maria Saronni

Parole molto sagge. Vediamo i fatti. Grazie.


 

Al direttore - Il pezzo pubblicato dal Foglio nell’edizione del 01/02/2023 dal titolo “La pelle dell’Urso” riporta due informazioni false che mi riguardano: la prima è che avrei preso parte a una riunione relativa al tema dei carburanti in data 24 gennaio e la seconda che avrei pronunciato in tale occasione una frase riportata fra virgolette (peraltro lontana dal mio modo di vedere il servizio alle istituzioni, oltreché dalle mie competenze). Ribadisco che si tratta di due notizie destituite di ogni fondamento. Tanto dovevo per opportuna informazione.
Federico Eichberg

Capisco, gentile Eichberg, la necessità di smentire, ma ci fidiamo molto, per opportuna informazione, di ciò che quattro fonti del suo ministero hanno riferito al nostro bravissimo Carmelo Caruso. Buon lavoro.

 


 

Al direttore - Ospite della trasmissione “In onda” su La7, il procuratore Nino Di Matteo sostiene che boss di Cosa nostra temono l’ergastolo e mai si rassegnano a morire in carcere. Comprensibile. Aggiunge che chi vuole avere qualche speranza di scampare a quella condanna ha una sola via d’uscita, collaborare con la giustizia. Dopo qualche minuto gli viene chiesto che cosa chiederebbe, dovesse interrogarlo, al boss Matteo Messina Denaro. Si schermisce, è una domanda alla quale non può rispondere. Però elenca segreti e misteri di cui il boss sarebbe depositario. L’avessi fatto io qualcuno avrebbe forse parlato di “connessioni”; chissà, magari perfino di tentativo di “trattativa”.
Valter Vecellio

A proposito di trattativa e a proposito di magistrati che si sono specializzati più nella pratica della ricerca dell’audience che in quella della ricerca delle prove. A proposito di tutto questo, riproporrei il passaggio di un magnifico articolo pubblicato dal Mulino, e anche dal nostro giornale, a firma Maurizio Catino. “Nonostante le tesi dell’accusa sulla trattativa siano state ampiamente sconfessate in secondo grado per quanto riguarda politici e colletti bianchi, ritroviamo alcuni autori di quell’indagine di frequente in tv a cercare di perseguire per via mediatica quel successo che non hanno conseguito per via giudiziaria. In una spirale di ‘tribunalizzazione della storia’, di riscrittura della ‘vera storia d’Italia’ dal versante giudiziario che solleva non poche questioni problematiche. In questo caso, oltre alla distinzione nota tra verità giudiziaria (accertata processualmente) e verità storico-sociale, si osserva l’emergere di un terzo tipo di verità, basata solo sulle ipotesi, talvolta di tipo fantasioso. Tutto in assenza di prove su cui dovrebbe basarsi, invece, rigorosamente il ragionamento giudiziario. E dalla possibilità si passa, per via mediatica, ad affermare la retorica come sostituto della prova”. Perfetto, no?

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