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Lettere

No a Moratti, forse sì al M5s via Schlein: Pd in stato confusionale

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Pensa anche lei, caro Cerasa, che il gruppo dirigente del Pd sia affetto da una crisi di amnesia? Come potrebbero aver dimenticato, altrimenti, che nella XVII Legislatura ben tre presidenti del Consiglio dem (tra cui lo stesso Letta) governarono con il Ncd di Angelino Alfano che aveva fatto parte del governo Berlusconi (insieme a Letizia Moratti) dopo aver lasciato Forza Italia?
Giuliano Cazzola

 

Lo stato di confusione del Pd è onestamente impressionante. Prima decide di perdere in anticipo le elezioni non formando una coalizione con i partiti con i quali le elezioni le avrebbe potute non perdere. Poi, mentre dice che l’Italia è in grande pericolo perché ostaggio di una destra liberticida, sceglie di dare seguito al proprio messaggio emergenziale non considerando prioritario avere un leader saldo alla guida del partito. Infine, mentre la destra entra in sofferenza nella sua regione più importante, la Lombardia, sceglie di rinunciare a vincere una battaglia strategica, come la partita delle regionali, respingendo l’opzione Letizia Moratti, negli stessi istanti in cui, con lungimiranza, riflette se consegnarsi al M5s via Pierfrancesco Majorino o via Elly Schlein. Ci sarebbe da  ridere se non ci fosse da piangere.


 

Al direttore - Da ora in poi dovremo celebrare il 9 novembre come Giorno della liberazione, della libertà e della democrazia, secondo una legge approvata nel 2005: così ha affermato il premier Giorgia Meloni in un appassionato discorso nel quale ha ricordato la distruzione del Muro che nel 1989 separava ancora Berlino Est da Berlino Ovest. Spezzare le catene di una dittatura totalitaria, crudele e spietata, conosciuta come Unione Sovietica, che ha rubato l’anima e schiavizzato il corpo della popolazione di quella parte del mondo per buona parte del XX secolo, giustifica certamente una giornata di celebrazioni. Su questo siamo tutti d’accordo. Però… Però nel secolo scorso c’è stato anche un altro 9 novembre di grande significato storico che deve essere ricordato – con le lacrime e non con la gioia – se vogliamo imparare onestamente le lezioni della storia e dargli un senso. Il 9 novembre del 1938, esattamente 51 anni prima della caduta della dittatura comunista sovietica, ebbe luogo la “Notte dei cristalli”: il “massacro del pogrom”, come è stato poi ribattezzato dai tedeschi, che dopo un lungo esame di coscienza hanno deciso che “Notte dei cristalli” è un eufemismo fuorviante. Il 9 novembre 1938 la furia della folla guidata dai teppisti nazisti esplose in violenza e sangue nelle strade di Berlino, Vienna e in altre città della Germania, dell’Austria e del Sudetenland in Cecoslovacchia, anticipando gli orrori inenarrabili dello sterminio di massa organizzato in maniera scientifica in tutta Europa del popolo ebraico, degli omosessuali, degli zingari, di altre minoranze religiose e politiche e dei disabili – un  piano diabolico, un programma di sterminio che è diventato noto come Shoah. Quel giorno del 1938 segna l’inizio della barbara e assassina marcia della violenza nazista in Europa, che ha devastato un paese dopo l’altro, pezzo dopo pezzo, dando la caccia casa per casa a tutti gli ebrei che riuscivano a stanare – donne, uomini, bambini, neonati e fragili anziani, per sterminarli insieme agli omosessuali, agli zingari, ad altre minoranze considerate “subumane” mentalmente e fisicamente, e ai dissidenti politici. L’intero continente fu gradualmente occupato e sottomesso con ferocia dai nazisti tedeschi e dai loro collaboratori fascisti che si trovavano tra le popolazioni vinte nei paesi annessi al nazismo. Per rendere giustizia alla storia del XX secolo, una storia ancora avvolta da una persistente propaganda e da verità non dette da tutte le parti, l’Italia deve affrontare e insegnare con coraggio il suo passato – tutto il suo passato, comprese le parti scomode – ergendosi al di sopra della visione distorta degli eredi di entrambe le parti di una guerra civile che ha diviso l’Italia negli anni Trenta e Quaranta. Solo allora il paese si sentirà unito nel celebrare sia la caduta del Muro di Berlino sia le vittorie nella Seconda guerra mondiale degli Alleati, dei partigiani italiani e delle brigate ebraiche sul suolo italiano il 25 aprile, quando il paese ricorda i suoi ideali – giusti o sbagliati che fossero – i propri misfatti, e la propria eroica resistenza. Non abbiamo bisogno di riscrivere la storia del secolo scorso. Abbiamo bisogno di riscoprire le sue complessità, con onestà e coraggio. E il 9 novembre di ogni anno dovremmo ricordare sia la caduta del Muro di Berlino che la notte di violenza antisemita che ha dato inizio alla Seconda guerra mondiale – due eventi che richiedono sia il lutto che la gioia, come la vita stessa. E insieme formano l’unità che fornisce la giusta chiave di lettura e approfondimento delle infami tragedie che hanno segnato il secolo scorso. Ricordate assieme, possono formare una barriera necessaria a prevenire l’oblio e la riscrittura orwelliana della storia.
Lisa Palmieri-Billi 
rappresentante in Italia e presso la Santa Sede dell’American jewish committee

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