L'intervista

"Non trattare con Moratti è ingiustificato. Da parte del Pd sdegnoso giudizio di classe". Parla Ferruccio de Bortoli

Carmelo Caruso

"La sua rottura con la destra è clamorosa e ha valenza nazionale. Il paradosso è che Moratti è oggi in linea con il Pd ma il Pd non è in linea con la linea della Moratti che è la linea del Pd", dice l'ex direttore del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore

E adesso cosa diranno? Diranno che pure Ferruccio de Bortoli, come Letizia Moratti, è “contaminato”? “Direttore”, chiediamo a te: trovi comprensibile, da parte del Pd, ripetere con Moratti “mai”, aggiungere “è macchiata”, precisare “non sarà la nostra candidata alla guida della regione Lombardia”? “E’ comprensibile non amare Letizia Moratti ma trovo ingiustificato, da parte del Pd, non trattare con Moratti”. Sei stato alla guida del Sole 24 Ore, al Corriere della Sera, dodici anni, quante volte l’hai criticata da ex sindaca di Milano, da ministro e presidente della Rai? “Tante”. Perché il Pd, se potesse, le getterebbe lo zolfo? “Mi sembra ormai che nei confronti della Moratti ci sia uno sdegnoso giudizio di classe”.


Ancora oggi il Pd non ha individuato il candidato che, in Lombardia, dovrebbe sfidare Attilio Fontana. C’è un autocandidato, Pierfrancesco Maran, assessore della giunta Sala, e due possibili nomi: Mauro Guerra e Simona Malpezzi. “Direttore” De Bortoli, se nei confronti della Moratti c’è,  da parte del Pd, “un giudizio di classe”, chi sarà mai il loro  candidato di classe? “Prima di parlare di primarie e di candidati di classe mi interrogherei sulle ragioni che hanno portato Letizia Moratti a rompere con la destra. La sinistra dovrebbe farlo. La sua rottura è clamorosa”.

 

Per il Pd è il voltafaccia della “sciura vanitosa”, della “monna Letizia”, della indispettita “vi faccio vedere io”. Hanno ragione loro e siamo “eccessivamente morattiani” noi? “Quella della Moratti è una denuncia intensa verso una destra di governo, compresa quella lombarda, in piena metamorfosi. La rottura della Moratti si consuma sui diritti. Dal decreto pasticciato sui rave fino all’allentamento delle misure di precauzione sanitarie anti covid, in pratica un ‘libera tutti’. Le sue sono ragioni nazionali”. Non è la piattaforma del Pd? “Il paradosso è che Moratti è oggi in linea con il Pd ma il Pd non è in linea con la linea della Moratti che è la linea del Pd”. Direttore, Moratti in Lombardia può vincere? “Anche se non dovesse farcela, si rivelerà un cuneo tra la sinistra e la destra. Mi sembra, e credo di non sbagliare, che il Pd parlasse di campo largo. Qualora il Pd non dovesse appoggiare Moratti in Lombardia rischia di dovere fare i conti con Moratti figura nazionale di centro, un centro che esiste e che lotta per prosciugare ciò che resta di Forza Italia”. Luigi Zanda sul Corriere e Roberta Pinotti sul Foglio hanno ricordato che la sinistra ha governato con la destra. Moratti è più destra della destra di Meloni? “Io mi permetto di aggiungere che il Pd ha candidato Pier Ferdinando Casini. E’ stato leader di un partito che ha governato con Berlusconi addirittura con tanto di vicepremier. Oltre a Casini c’è pure Beatrice Lorenzin che è stata ministro indicata dalla destra. Moratti non può essere ‘radiottiva’ e neppure accusata di aver compiuto un’operazione di trasformismo. Mi sono ritrovato perfettamente nelle parole di Antonio Polito del Corriere”. Il Corriere, Moratti, la filantropia lombarda, i grandi eventi … quanta “Letizia” c’è oggi nella Milano di  Sala e prima ancora in quella di Giuliano Pisapia? “Molta. Non c’è solo la sua eredità. C’è quella di Gabriele Albertini. Sala, e quante volte è stato detto, era city manager della Moratti. Mi sembra che la sinistra abbia beneficiato, e non poco, di quanto immaginato in quegli anni da sindaci come Moratti e Albertini”. Moratti è antipatica, algida? “Ma non sono motivi politici per non trattare con lei. Anche io, che pure ho criticato Moratti, riconosco che è una faticatrice”. Il Pd ha Maran ma Maran non ha le primarie. Da trent’anni il Pd non governa la Lombardia. Il Pd la vuole davvero governare? “Maran come assessore  ha fatto bene, ma prima di parlare di ticket, di primarie, è necessario partire dai fatti. Se il Pd non allarga al Terzo polo cosa resta?”. Cosa resta? “La deriva alla Mélenchon”. La sinistra ha Melenchon, la destra Le Pen. Macron parla con Mattarella. “Direttore”, è vero quanto dice la Francia, che sui migranti Giorgia Meloni “è la grande perdente”? “Sui migranti, la verità, è che nessun partito, nessuna nazione ha la coscienza a posto. Neppure Macron può dare lezioni”. Le possiamo dare noi, le lezioni, dopo il respingimento dell’Ocean Viking? “55 migranti che, tra le altre cose, volevano fuggire dall’Italia. La lezione mi sembra questa: non riusciamo ad attrarre neppure i poveri sciagurati. Il nostro rating è sceso anche per la povera gente”. E però possiamo contare su Cipro, Malta e Grecia. Non sono i nostri alleati naturali, geografici? “Non basterà certo essere loro alleati per riformare il trattato di Dublino. Il governo Meloni dovrà presto chiedersi se questa esibizione, muscolare, valesse il prezzo”. Quanto costano queste 230 libbre, questi 230 migranti respinti? “Costano la nostra futura perdita di capacità negoziale. Trattati, bilanci, aiuti economici. Tutto questo per la soddisfazione di un tweet. Un tweet”.

Carmelo Caruso

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio