Foto di Gregorio Borgia, via AP, via LaPresse 

Lettere

Una donna di destra a Chigi è un doppio dramma per la sinistra

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa 

Al direttore - Alla fine s’è fermato al secondo mandato. Onestà.
Mario Leonori

 

Si sta come d’autunno sugli alberi i Giggini.


 

Al direttore - Ho letto uno Spinoza geniale su Twitter: “Ora bisognerebbe citofonare a casa di Salvini e chiedere: ‘Scusi, lei è spacciato?’”.
Fabiola Martini


 

Al direttore - Il 25 è il numero della cabala. Il 25 settembre 2022 gli italiani, con il loro voto, hanno archiviato la guerra civile iniziata il 25 luglio 1943 e proseguita anche dopo il 25 aprile 1945.
Giuliano Cazzola

 

A proposito di numeri, e di date, i tempi promettono di essere questi. Tredici ottobre, prima seduta del Parlamento. Quindici ottobre, termine per i parlamentari per comunicare il gruppo di appartenenza. Ventidue ottobre, festa del Foglio (ops!). Dal 24 ottobre potrebbero partire le consultazioni. Dal 27 ottobre, il capo dello stato potrebbe dare un incarico. Consiglio: meglio evitare il 28 ottobre. Lei sa perché.


 

Al direttore - E quando il Pd candiderà finalmente una donna, il centrodestra vincerà le elezioni con il primo cyborg premier della storia.
Andrea Minuz

 

Per la sinistra, avere come prima donna a Palazzo Chigi una donna non di sinistra deve essere oggettivamente un piccolo dramma politico. Lo è perché la sinistra, come sappiamo, ha sempre tentato di autoproporsi sulla scena pubblica come il partito dell’emancipazione femminile (con i risultati che sappiamo). E lo è perché oggi come simbolo delle donne che arrivano laddove non erano mai arrivate vi è una donna che rappresenta tutto ciò che la sinistra ha sempre combattuto. Per non parlare del fatto che la sinistra che si occupa di come dare più spazio alle donne, anche in politica, è la stessa sinistra che quando guarda in Europa, quando guarda a Ursula von der Leyen, quando guarda a Roberta Metsola, quando guarda a Christine Lagarde, non può non notare che le più importanti donne di potere sono donne che vengono da destra. Ma è solo un caso, no?


 

Al direttore - I programmi di tutti i partiti prevedevano molti aiuti per i giovani. Chi ha a cuore il recupero, ma sarebbe meglio dire il salvataggio, di una generazione che va dai 16 ai 35 anni non aveva che l’imbarazzo della scelta. Si tratta però di sgravi e facilitazioni che non risolvono radicalmente i problemi nei tre ambiti che li riguardano: la formazione, l’economia, la partecipazione. Da troppi anni non si riesce a mettere in atto una riforma credibile del sistema medio che soffre di mali grotteschi: vecchie strutture, vecchia didattica, programmi carenti, pochi laboratori, poca attenzione alla bravura, burocratizzazione insopportabile. Inutile mettere l’obbligo scolastico a 16 anni quando non si ha la capacità di adeguare i percorsi formativi oltre i 14. Sono ragazzi che finiscono nel lavoro nero, nella dipendenza digitale, nell’emarginazione. Una bomba a tempo per il sistema economico e per la società. Unica luce gli Its.  Più del 90 per cento dei diplomati biennali è al lavoro entro un anno dal diploma. Il secondo ambito riguarda una libertà negata. L’azione economica, l’iniziativa, vanno liberate dalle insopportabili pastoie burocratiche e dal problema dell’Iva: questa oggi può essere digitalizzata totalmente, assegnata gratuitamente a ogni cittadino diciottenne e privata di qualunque adempimento che non sia informatizzato. Il terzo ambito è la partecipazione. Occorre assegnare un certo numero di posti agli under 35, in possesso intendiamoci delle competenze necessarie, nelle liste elettorali politiche e amministrative, nelle società a partecipazione pubblica e in quelle quotate. I sistemi formativi sarebbero così tenuti a fornire quelle competenze minime che abilitano i giovani a essere inclusi nel sistema amministrativo, politico, economico. Occorre un piano nazionale per recuperare una generazione cui stiamo negando le competenze che occorrono al loro futuro, la libertà di imprendere, la facoltà di sentirsi partecipi del sistema democratico.
Daniele Vacchi

 

Errata corrige. Ieri sul Foglio abbiamo scritto che Investindustrial, società che ha acquistato il 52 per cento di Eataly, è guidata da Carlo Bonomi. In realtà, la società è guidata da un altro Bonomi: Andrea. Ci scusiamo con gli interessati.

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