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Qualità di stampa. Gli scoop mondiali dei giornali italiani

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Ho letto l’ottimo intervento di Maurizio Crippa. Vorrei solo aggiungere che la prima scossa all’edificio  del “leading case” Roe vs Wade del 1973  fu provocata dallo Hyde Amendment nel 1980 quando il vento nel paese stava girando in tutt’altra direzione (cui si adeguò la Corte suprema anche nella sua composizione). Quel provvedimento vietò l’accesso ai finanziamenti con fondi federali alle “facilities”  (cliniche) che prevedessero fra le loro prestazioni anche le pratiche abortive, se non nei casi di pericolo della vita della madre. In pratica svuotò di contenuto e forza un diritto riconosciuto come tale visto che ne impediva il ricorso a tutte quelle donne che non avevano risorse sufficienti. La formula italiana,  seguita a una sentenza del 1975, recepita nella legge del 1978 fu sicuramente più ipocrita e “cattolica”, perché non riconobbe il diritto in quanto tale, ancorando l’interruzione della gravidanza  non a un diritto soggettivo, ma a una condizione o situazione “di disagio”  che però non potendo essere sindacata da nessuno, di fatto era più solida rispetto al precedente statunitense  e soprattutto garantiva un carattere universale di accesso. Infatti il 23 dicembre 1978  con la legge 833 veniva istituito il Servizio sanitario nazionale, pur con la vistosa eccezione dell’obiezione di coscienza che ne ha minato, soprattutto successivamente, l’efficacia.
Nicola Federici



Al direttore - Molti politici italiani criticano l’intervista di Giuseppe Brindisi al ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. La giudicano troppo “indulgente”. Sono gli stessi che tutti i giorni chiedono, pretendono, ottengono, da molti giornalisti (Rai e non solo), lo stesso identico trattamento. Giornalisti-valletti che in cambio di promozioni, bonus, carriera, si esibiscono in insidiose domande tipo: “Ci dica tutto”, “Avete qualcosa da aggiungere”, “E per finire”. Ipocriti.
Valter Vecellio 



Al direttore - Secondo Reporters sans frontières,  l’Italia è  al cinquantottesimo (58!) posto al mondo nell’elenco dei paesi che garantiscono e tutelano la libertà di stampa. Se potessi dare un non richiesto consiglio agli audaci reporter senza frontiere, ecco, direi loro di superare la frontiera e fare un salto in una qualunque edicola italiana; se poi questo non li convince ancora e già che si trovano oltre frontiera, possono sempre sintonizzarsi su qualunque rete televisiva nostrana e fare una verificare in diretta di quello che si vede e si sente al cinquantottesimo posto della libertà di stampa. 
Valerio Gironi 

A proposito di Brindisi. A proposito di Reporters sans frontières. A proposito delle sciocchezze che si dicono spesso sui giornali italiani. Segnalo che da giorni, in mezzo mondo, si parla di alcuni scoop fatti da giornalisti italiani. Segnalo che da giorni, in mezzo mondo, si parla di ciò che ha detto il ministro Lavrov a Giuseppe Brindisi (Rete 4) e di ciò che ha detto Papa Francesco a Luciano Fontana (Corriere). Segnalo che dopo le parole di Lavrov su Hitler ebreo non solo Israele ha messo da parte la sua neutralità sull’Ucraina ma ieri per la prima volta dall’inizio della guerra Vladimir Putin è stato costretto a scusarsi per qualcosa (ieri l’ufficio del primo ministro israeliano, Naftali Bennett, ha fatto sapere di aver ricevuto le scuse di Putin per le parole di Lavrov su Hitler). Segnalo che poi dopo le parole di Papa Francesco, che ha definito il patriarca di Mosca “un chierichetto di Putin”, la distanza tra la chiesa cattolica e quella ortodossa ha raggiunto un punto simile a quello del non ritorno (“Dichiarazioni del genere difficilmente contribuiranno all’instaurazione di un dialogo costruttivo tra le chiese cattolica romana e ortodossa russa, che è particolarmente necessario in questo momento”, hanno detto fonti vicine al patriarca Kirill all’agenza di stampa russa Tass). E a proposito di libertà di stampa, segnalo poi che quella italiana, vista la libertà estrema di dire sciocchezze ogni sera in alcuni talk-show, probabilmente non ha eguali in Europa. E se proprio dobbiamo pensare a quali sono i putiniani che mettono a rischio la stabilità del nostro paese, in prospettiva futura, meglio, come ha suggerito Enrico Mentana a Salvatore Merlo due giorni fa sul Foglio, pensare ai putiniani che sono in Parlamento piuttosto che a quelli che sono in tv.
 

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