(foto Ansa)  

Il Papa mette Putin all'angolo

Matteo Matzuzzi

Nell'intervista al Corriere, Francesco si mostra più realista di tanti intellettuali cattolici. Durissimo su Kirill e sulle responsabilità russe. Non chiude all'invio di armi all'Ucraina, anche se ritiene plausibile che "l'abbaiare" della Nato "alle porte della Russia" abbia provocato l'ira del Cremlino

Il Papa mette all’angolo Vladimir Putin, nel colloquio con Luciano Fontana pubblicato oggi dal Corriere della Sera. Francesco non ha mai avuto dubbi su chi fosse l’aggressore – non serve ripetere quanto ha detto nelle varie occasioni pubbliche dal 24 febbraio in poi – ma oggi fa un passo ulteriore e abbandona anche l’ultimo residuo di prudenza diplomatica (quella che aveva fatto sì che non nominasse mai, come è sempre accaduto anche con i suoi predecessori, il responsabile del conflitto). Il Papa, infatti, fa sapere al mondo che lui da tempo ha chiesto di incontrare il presidente russo, e di incontrarlo a Mosca.  Putin ha cestinato la richiesta: “Non abbiamo ancora avuto risposta e stiamo ancora insistendo, anche se temo che Putin non possa e voglia fare questo incontro in questo momento”. Insomma, la Santa Sede conferma di aver fatto il possibile per facilitare una mediazione fra le Parti, ma che è il Cremlino a non voler negoziare. Rifiutando addirittura un incontro con il Pontefice tanto apprezzato. E’ a Mosca e solo lì che si può sbrogliare la matassa, al punto che non è neppure necessario andare a Kyiv, come pure gli era stato chiesto dai vescovi locali: “Io prima devo andare a Mosca, prima devo incontrare Putin”. E a chi pensava che la controparte attiva nel facilitare la mediazione potesse essere Kirill, è sufficiente la risposta data dal Papa: “Ho parlato con lui 40 minuti via zoom. I primi venti con una carta in mano mi ha letto tutte le giustificazioni alla guerra. Ho ascoltato e gli ho detto: di questo non capisco nulla. Fratello, noi non siamo chierici di stato”. Per essere chiari, “il Patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin”. La risposta indiretta del leader della Chiesa ortodossa moscovita non ha tardato a manifestarsi: “Non vogliamo combattere nessuno. La Russia non ha mai attaccato nessuno. E’ sorprendente che un paese grande e potente non abbia mai attaccato nessuno, abbia solo difeso i suoi confini”. 

 

Francesco pare ancorato a una prospettiva realista, consapevole che non saranno (purtroppo) le marce pacifiche a intenerire Mosca: rispetto all’ipotesi di inviare armi a Kyiv, il Papa ha detto “non so rispondere, sono troppo lontano, all’interrogativo se sia giusto rifornire gli ucraini”. Mostra comprensione per la protesta da parte ucraina di pregare insieme con i russi durante la Via Crucis al Colosseo: “Loro hanno ragione, anche se noi non riusciamo pienamente a capire (…) hanno una suscettibilità, si sentono sconfitti o schiavi perché nella Seconda guerra mondiale hanno pagato tanto. Tanti uomini morti, è un popolo martire”. 

 

Francesco, insomma, non si cela dietro giustificazionismi storici o geopolitici e al di là della battuta sulla “Nato che abbaia alla porta della Russia” che forse ha provocato l’ira di Putin (il Pontefice si mostra dubbioso ma possibilista, confermando lo storico pregiudizio verso l’impero americano), sgombra il campo da tante ambiguità che s’erano accumulate in questi ultimi due mesi. 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.