Foto Cecilia Fabiano / LaPresse 

Lettere

Il whatever it takes di Cdp per far fallire l'opzione Kkr per Tim

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - In effetti, che la Cassa depositi e prestiti stia in Tim con circa il 10 per cento e in Open Fiber con il 60 per cento, due entità concorrenti, come il Foglio giustamente sottolinea, è il risultato anche della confusione degli indirizzi sulla e della Cdp. O quantomeno della non chiarezza su tali indirizzi e, più in generale, sul mandato, questione quest’ultima da lungo tempo irrisolta, non essendo affatto sufficiente la qualifica di ente nazionale di promozione per illustrare la “mission”. Finora, non mettendo in dubbio le  sicure qualità dell’ad Dario Scannapieco, si è confidato in un’efficace e decisa opera di riordino delle numerose partecipazioni della Cassa, in alcuni casi non sorrette da una valida e stabile motivazione. Ora, però è venuto il momento di raccogliere i risultati. Le opzioni riportate dal Foglio vanno esaminate. Al limite, anche lo status quo potrebbe essere confermato, sempre che si chiariscano il motivo e le finalità, magari non immediate. Ciò che, invece, non può essere condiviso è l’immotivata prosecuzione di questa condizione.
Angelo De Mattia

Sulla capacità di costruire una rete unica in grado di tutelare l’interesse nazionale e la concorrenza del mercato si misureranno la competenza e la capacità della nuova Cdp, che al momento, sulla partita di Tim, ha avuto solo un ruolo: mettere in campo un whatever it takes per far fallire l’opzione Kkr. Un dato interessante. Le azioni di Tim oggi valgono 0,25 euro e hanno raggiunto la metà del valore della proposta d’Opa di Kkr a 0,505 euro. Fare presto. 


 

Al direttore - Colpire la Russia sull’energia, come chiede Capone, si può fare sostituendo il gas russo con le cose che Capone ricorda (più gas naturale da altri gasdotti, più gas liquefatto, più nucleare dalle centrali esistenti, comprese quelle tedesche, ripresa del carbone, eccetera). Non possiamo invece pensare di ridurlo risparmiando sui nostri consumi. “Illuminarsi di meno” è un vecchio slogan ambientalista che dimentica due cose: il risparmio individuale di corrente sarebbe solo di  testimonianza, ma assolutamente irrisorio sul volume di gas risparmiato; per incidere sull’import lo “sciopero del gas” dovrebbe riguardare il fermo dell’attività economica del paese. Farebbe il solletico a Putin, ma ucciderebbe noi.
Umberto Minopoli

“Nell’immediato cosa possiamo fare per tutelare la nostra sicurezza energetica? Purtroppo quasi nulla. Ma impostare il termostato di casa su 18 gradi invece che 22 è un rimedio che, intanto, darebbe risultati giganteschi”.


 

Al direttore - In queste ore c’è chi attacca le centrali nucleari e chi attacca la riforma del catasto (di cui si riparlerà tra cinque anni). Posso essere incazzato? 

Michele Magno


Al direttore - Salvini propone una sorta di marcia della pace da tenere sotto le bombe, a Kyiv. Proposta a dir poco stravagante. Forse ad Assisi, dove si è recato col consueto rosario in mano, gli hanno raccontato di Francesco e il lupo, e ha pensato bene di adattare la storia; solo che la tana del lupo è a Mosca, non a Kyiv. Chissà che non suggerisca all’altro Francesco, quello venuto da “quasi la fine del mondo”, di seguire le orme di Leone Magno, trovarsi un suo Mincio, e intimare al nuovo Attila di tornarsene alle sue steppe. Comunque un passo avanti, rispetto a quando, biassanot, suonava al citofono dei condomini. Più seriamente: a proporre una marcia pacifista a Kyiv se va bene si passa per romantici pirla. Meglio organizzare una manifestazione sulla Piazza Rossa al fianco degli “eroi” russi che già le fanno, e per questo vengono picchiati e arrestati. E’ successo, in passato: ai tempi dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia, azioni simultanee nelle capitali del comunismo reale: a Sofia, Marco Pannella, Silvana Leonardi, Antonio Azzolini, Marcello Baraghini si fecero arrestare dai kapò bulgari; e molte altre volte, altri, dopo.
Valter Vecellio

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