Evviva la concorrenza sulla rete e il “nipotismo” alla Casa Bianca

Al direttore - Discoteche chiuse, vogliono proprio blindare il governo.

Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - Biden, 78 anni. Trump, 74 anni. Eh, lo zio Sam è diventato nonno.

Gino Roca

 

Forse però è l’ora del “nipotismo”: pazza Harris #Kamala.

 


 

Al direttore - Il presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, Corriere della Sera del 9 agosto, torna sul suo tema preferito: rete telefonica unica e pubblica. Il 13 twitta un ringraziamento a Beppe Grillo che questa preferenza aveva da tempo espresso ed ora riconferma. Ci si chiede: unica perché pubblica o pubblica perché unica? La vogliono pubblica e per questo sarà unica, o unica perché così sarà anche pubblica? I governi hanno sempre oscillato tra le due posizioni. Con Stet pubblica, quando qualcuno incominciò anche da noi a posare cavi coassiali per la televisione, la legge 103/75 estese alla posa di cavi il suo monopolio delle telecomunicazioni. Per questo a differenza degli altri paesi l’Italia non ebbe la rete coassiale e quindi partimmo, e restammo a lungo in ritardo nella connessione con fibra. Quando si trattò di privatizzare Stet, si discusse se tutta o in parte, ma nel senso di vendere il 100 per cento o meno. Era chiaro a tutti quello che oggi molti sembrano dimenticare, che la rete non è fatta solo di cavi, ma di computer e di programmi software: sono loro che dividono le nostre comunicazioni in pacchetti, li indirizzano e li ricompongono all’arrivo. Se si leva la fibra, l’azienda si riduce a vendere e fatturare connessione. Per Bassanini la privatizzazione è stata sbagliata perché la rete è rimasta in Tim? Oppure è stata giusta allora, perché si è potuto creargli un concorrente, ma, adesso che questo c’è ed è pubblico, è sbagliata, e bisogna levargliela per rifarla unica, e quindi pubblica? Bisogna distinguere tra concorrenza infrastrutturale e invenzione politica, camuffata da sinergia con la sostituzione dei contatori elettronici Enel. E’ stato Renzi nel 2015 a volersi erigere a risolutore di un problema, quello del ritardo nelle infrastrutture ottiche del paese, mentre il recupero delle posizioni in classifica era già iniziato nel 2012, con la decisione di Tim e di Fastweb di promuovere lo sviluppo del Fttc (fibra ai cabinati, primo passo per portarla in casa) che nella nostra rete in rame, che è tra le migliori, persino senza potenziamento con la tecnica vectoring può spesso fornire più di 100 Mbps. E la crescita è continuata per alcuni anni: e non certo per l’avvento di Open Fiber, perché i collegamenti Ftth crescono lentamente e, ancor più, è irrisorio il numero degli abbonamenti, ossia dell’utenza pagante. Sono i numeri a dare torto a Bassanini: a oggi solo 1,2 milioni di utenti Ftth che uniti agli 1,3 milioni in tecnologia Fwa (Fixed wireless access) l’altra tecnologia preferita da Open Fiber per contrastare Tim, realizzano un po’ più del 7 per cento delle case servite a banda larga in Italia. Una miseria. D’altra parte Open Fiber, vinte le gare pubbliche per oltre 7.000 comuni con l’impegno di realizzare in tre anni la copertura fino alla casa (Ftth) nelle aree cosiddette bianche , adesso chiede una proroga di ben tre anni, pretendendo di estendere così ad almeno sei anni una condizione di monopolio di fatto. Secondo il documento Mise del 31 luglio 2020, il progetto “definitivo” (cioè indipendente dai permessi municipali che lo rendono “esecutivo”) risulta realizzato solo nel 61 per cento dei casi. Il numero di impianti collaudati è pari a solo 315 su 9.227 progetti previsti ossia il 3,4 per cento del totale. Bassanini scrive che “la rete unica consentirebbe una forte accelerazione”: di Open Fiber, se acquisisce la rete Tim, senza dubbio. Se non ci fossero tutte le ragioni contro gli interventi dello stato in economia; se non ci fossero quelle specifiche contro una ri-pubblicizzazione che ridurrebbe Tim a una rete di vendita, e con cui ci guadagneremmo sui mercati la fama di espropriatori seriali. Se tutto questo non bastasse, c’è da chiedersi: c’è da fidarsi di uno stato che cambia idea a seconda delle convenienze del governo? Bassanini sostiene che non funzionano i rimedi delle autorità per limitare le pratiche anticoncorrenziali di chi ha reti integrate: e che lo dimostrerebbero le multe che gli hanno fatto pagare. Masochisti oltre che integrati? Contrariamente a quanto scrive il presidente di Open Fiber, il codice europeo delle comunicazioni prevede due modelli, il coinvestimento in fibra, abbracciato da tutti i grandi paesi, e il wholesale only, inserito per forte pressione di Open Fiber, ma che vede in Europa solo poche attuazioni localizzate. Tim quest’inverno aveva avanzato una proposta di coinvestimento in fibra aperta a tutti gli operatori, ma Open Fiber non ha risposto. E poi, questo comporta separare chi costruisce l’infrastruttura da chi la usa per vendere servizi: una contrapposizione che complica, rallenta e restringe le decisioni di investimento, soprattutto dove non c’è ancora la domanda che lo ripaghi.

Certo che i concorrenti di Tim sono a favore della rete unica. Hanno solo da guadagnare: se gli si leva la rete, hanno un concorrente indebolito, se non peggio; se la rete resta in Tim, diminuirà il prezzo della partecipazione che questa ha già detto di essere pronta a cedergli; e se la rete diventa tutta pubblica, sarà mal comune mezzo gaudio. La cosa più semplice sarebbe fare come si fa tra imprese che, come scrive Milton Friedman, devono “engage in open and free competition, without deception or fraud”. Lo stato adesso vuole riunire quello che con Open Fiber ha diviso? Faccia un’offerta, ma senza prepotenza: non ha nessun diritto di comandare.

Franco Debenedetti

 

Premetto che sono a favore della rete unica e che tifo affinché il modello di rete unica che presto ci sarà assomigli il più possibile al modello di successo che l’Italia ha sperimentato in questi anni con le ferrovie. Detto questo capisco bene il senso del suo ragionamento ma offro un punto di riflessione ulteriore che non si può ignorare: la concorrenza tra Open Fiber e Tim, al di là di tutte le critiche del caso che si possono fare, ha fatto bene o no al mondo delle telecomunicazioni? E se non ci fosse stata questa concorrenza, che per una volta lo stato ha favorito e non ostacolato, l’Italia sarebbe arrivata all’appuntamento con la rete unica più o meno pronta di come lo è oggi? La risposta potrebbe essere sorprendente. O no? Un abbraccio.

Al direttore - Nell’articolo dal titolo “Nel M5s c’è chi s’oppone alla Stasi di Rousseau. Guai per Crimi e Raggi” pubblicato sul vostro giornale in data 13 agosto 2020, a firma Valerio Valentini, sono stata confusa con l’on. Dara. Mi avete attribuito l’espulsione da un partito che non è il mio. Sono certa che la confusione sia nata dalla somiglianza tra i cognomi ma sarebbe comunque corretto rettificare la svista. Grazie per l’attenzione.

Federica Daga, deputata del M5s

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