Lo spettacolo della Corte Ue che mette a cuccia i sovranismi tedeschi

Al direttore - E ancora l’Inail conta COME INFORTUNI SUL LAVORO 37352 contagiati.

Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - Il Corriere della Sera scrive che il decreto servirà a evitare altre scarcerazioni “imbarazzanti”; Verini responsabile Giustizia dem dice che il decreto “chiuderà la falla”; la Verità racconta di una indagine dei pm di Roma per verificare correlazioni tra le rivolte dei detenuti di marzo e le scarcerazioni ipotizzando addirittura un’alleanza tra la mafia e gruppi anarchici… ecco la morale della favola è questa: uno la lettura dei giornali è un inno alla manette; due, se gli anarchici non ci fossero le Digos che farebbero?

Frank Cimini

 

Che poi, come ha ricordato magnificamente Luigi Ferrarella ieri sul Corriere, i “boss” usciti dal 41 bis per l’emergenza Covid, per questioni di salute, non sono “376” ma sono 3. Ripetiamo: 3. Gli altri sono “boss” sulla fiducia dato che quasi tutti attendono ancora sentenze definitive. Poi dice che le bufale vengono tutte dalla rete.

 


 

Al direttore - La sentenza della Corte costituzionale tedesca è un bicchiere vuoto solo a metà e un’attenta lettura del testo, come quella fatta da Guido Tabellini sul Foglio, dovrebbe indurre a moderare il tasso di allarme. Nelle prime reazioni a caldo, alcuni giornali hanno pensato che il rispetto del principio di “proporzionalità” cui la Corte richiama la Bce nell’applicazione del Quantitative easing targato Draghi, impattasse sulle quote massime di titoli di stato dei vari paesi acquistabili da Francoforte con grave danno per l’Italia. In realtà si tratta di un antico principio del diritto tedesco secondo il quale se gli effetti collaterali di una misura diretta a tutt’altro, per esempio alla stabilità dei prezzi, superano i suoi scopi sarebbe come “sparare a un uccellino con un cannone”. Calato nel caso deve esserci proporzione tra effetti non monetari e monetari del Qe. Per carità l’incertezza generata dalla sentenza non è affatto una buona notizia. Ma nella parte piena del bicchiere vanno messe anche l’esclusione espressa di conseguenze sul programma di acquisti in corso (il Pepp) e l’assenza di qualunque riferimento alla monetizzazione del debito. Se a questo si aggiunge che alla Bce, al Bundestag e alla Cancelleria si lavora per ricucire ci sono ragioni in più per stare calmi.

Marco Cecchini

 

Ci sono. Eccome se ci sono. Sarebbe persino interessante capire cosa succederebbe se la Bce affermasse fino in fondo il principio non negoziabile della sua indipendenza – la Bce è soggetta alla legge europea, non a quella tedesca, e la Corte di giustizia europea, sul Qe, si è già espressa, come è noto – non dando nessuna giustificazione alla Germania, cosa che permetterebbe al programma di acquisto di titoli di stato di continuare il suo percorso. Notevole a questo proposito quanto comunicato dalla Corte di giustizia europea: “In linea generale, si ricorda che, in base a una giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia, una sentenza pronunciata in via pregiudiziale da questa Corte vincola il giudice nazionale per la soluzione della controversia dinanzi ad esso pendente. Per garantire un’applicazione uniforme del diritto dell’Unione, solo la Corte di giustizia, istituita a tal fine dagli stati membri, è competente a constatare che un atto di un’istituzione dell’Unione è contrario al diritto dell’Unione. Eventuali divergenze tra i giudici degli stati membri in merito alla validità di atti del genere potrebbero compromettere infatti l’unità dell’ordinamento giuridico dell’Unione e pregiudicare la certezza del diritto. Al pari di altre autorità degli Stati membri, i giudici nazionali sono obbligati a garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione. Solo in questo modo può essere garantita l’uguaglianza degli stati membri nell’Unione da essi creata”. Ma a prescindere da quello che succederà tra la Corte e la Bce – leggetevi sul sito del Foglio un perfetto commento di Giulio Napolitano – qui tendiamo a sposare la tesi proprio del professor Guido Tabellini, perfettamente sintetizzata martedì scorso sul Foglio: vi è il rischio che la diatriba allontani ancora di più la Germania dall’Europa, ma è possibile il contrario: e cioè che i politici tedeschi si convincano che stiamo chiedendo troppo alla politica monetaria, e che è giunto il momento di affiancare alla moneta unica anche una seppur piccola capacità fiscale europea.

 


 

Al direttore - E così, alla fine l’accordo tra la Cei e il governo sulle celebrazioni coram populo ora ha finalmente una data. E non una qualsiasi. La riapertura delle messe con il popolo sarà il 18 maggio prossimo, giorno del centenario della nascita di Karol Wojtyla. Anzi, vista la piega che la faccenda aveva preso non è da escludere ed è anzi assai probabile che proprio il santo Papa polacco c’abbia messo, come si suol dire, una pezza da lassù. Un motivo in più per ringraziare san Giovanni Paolo II, il Pontefice che ha incarnato al meglio quella legge dell’et-et propria del cattolicesimo, dove tutto si tiene e dove per tutto c’è spazio, anche per gli opposti, tranne che per l’ambiguità e la confusione che invece troppo spesso caratterizzano la chiesa di oggi.

Luca Del Pozzo

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