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Prudenza, sì, ma la paura può fare anche più danni del virus

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 6 marzo 2020

Al direttore - La domanda è molto semplice, caro Cerasa: panico o non panico?

Luca Terrini

Le rispondo così. Ho letto un articolo bello pubblicato qualche giorno fa sull’Atlantic a firma di Jeremy Brown, autore di un saggio molto noto in America: “Influenza: The 100-Year Hunt to Cure the Deadliest Disease in History”. Brown non sottovaluta la portata della nuova pandemia, anzi ne è molto preoccupato, ma offre spunti di riflessione utili per essere relativamente ottimisti e per ricordarci che oggi, a differenza di 100 anni fa, siamo attrezzati per affrontare il problema. “Abbiamo appena commemorato il centenario della Grande pandemia influenzale del 1918, che durò solo pochi mesi ma causò da 50 a 100 milioni di vittime in tutto il mondo, di cui 675 mila negli Stati Uniti. Quella pandemia rimane un punto di riferimento, e molti commentatori si sono affrettati a confrontarla con l'attuale epidemia di coronavirus. Ciò che più colpisce di questi confronti, tuttavia, non sono le somiglianze tra i due episodi, ma la distanza che la medicina ha percorso nel secolo intercorso. Qualunque cosa accada dopo, non sarà un secondo 1918”. Poi Brown conclude così il suo ragionamento. “Mentre aspettiamo che l’epidemia si plachi, possiamo dire che l’allontanamento sociale, il lavaggio delle mani, il coprirsi la bocca quando si tossisce e il restare a casa quando si è malati sono tutte misure importanti e poco tecnologiche che possiamo adottare per ridurre non solo le possibilità di diffusione dell’infezione ma anche la paura che domina le nostre giornate, che spesso produce altri danni”. Consiglio saggio, no?

 


 

Al direttore - Solo lui poteva oscurare il #coronavirus e ci è riuscito buttando fuori la notizia che Lui e la Pascale non sono (più) una coppia… il Ruby ter non bastava evidentemente… il mondo continua a girare intorno alla camera da letto del Cav.

Frank Cimini

 


 

Al direttore - Caro Cerasa, oggi quasi tutti i quotidiani riportano con grande evidenza una fotografia agghiacciante: il ministro degli Esteri che addenta brutalmente un gustoso pezzo di pizza. E’ così diventa l’unico napoletano al mondo che non sappia neanche mangiare una pizza! Con molti saluti.

Vincenzo Covelli

 


 

Al direttore - Una boccetta di Xanax gel per le mani, grazie.

Alessio Viola

Un programma concreto: meno tosse per tutti.

 


 

Al direttore - Commentando i noti e tragici fatti di Napoli – una tentata rapina ai danni di un carabiniere in borghese che ha reagito sparando e uccidendo il rapinatore, un ragazzo poco più che adolescente –, il Garante dei detenuti del comune guidato dall’efficace magistrato Luigi De Magistris, ha detto che un carabiniere non dovrebbe girare con il Rolex al polso. Insomma il carabiniere se l’è andata a cercare.

Valerio Gironi

 


 

Al direttore - L’economia italiana già in forte stagnazione da oltre sei mesi (già l’ultimo trimestre del 2019 registrava una contrazione del pil dello 0,3 per cento) rischia oggi di andare in recessione e non solo per colpa del coronavirus. Non c’è dubbio che l’epidemia che ha colpito parte dei territori di tre regioni che insieme producono il 50 per cento del pil una incidenza negativa sulla crescita l’avrà ma il tema è che questo danno colpisce un paese che da oltre 25 anni è tra gli ultimi in Europa per tasso di crescita e ha il secondo debito pubblico del mondo per due terzi prodotto dal 1995 al 2019. Lo stesso ministro Gualtieri dice che dopo il decreto per i primi provvedimenti a favore dei territori colpiti dai focolai contagiosi costato 900 milioni ve ne sarà un altro per circa 7,5 miliardi aggiuntivi a favore dei settori produttivi che più hanno sofferto per l’epidemia in corso. Per questo nuovo provvedimento, sempre secondo il ministro, l’Europa darà il consenso. La domanda che ci angoscia è allora un’altra. Un bilancio pubblico vicino ai 900 miliardi di euro è talmente rigido da non avere la possibilità di trasferire poco più di 7 miliardi verso misure eccezionali e non previste, cioè lo 0,4 di un punto di pil. Se mettete insieme questa rigidità del bilancio pubblico, l’alto indebitamento e oggi la bassissima crescita e domani probabilmente la recessione vedete venir fuori una miscela che a ogni spiffero di vento negativo esploderà impoverendo ancora di più larga parte del paese. Di questo stato di cose maggioranza e governo sembra non abbiano avvertenza tanto che nella ultima legge di Bilancio la spesa in conto capitale non raggiunge neanche tre punti di pil, due punti in meno di quel che avveniva trenta anni fa quando l’Italia cresceva di oltre due punti reali all’anno. Questo stato di cose più o meno simile si trascina dal 1995 per cui il paese ha avuto in questi 25 anni oltre 900 miliardi in meno di investimenti pubblici per cui non solo non si è sostenuto la crescita ma l’intero paese nei suoi asset fondamentali non è stato neanche compiutamente manutenuto, dal sistema ferroviario all’assetto idrogeologico del territorio tanto per ricordare solo due dei settori fondamentali dello stato nazionale. Certo, con l’arrivo del contagio del coronavirus e con la frenata della crescita mondiale un’Italia già così sofferente non potrà che veder peggiorare la propria situazione senza che alcuna forza politica abbia in mente una manovra di finanza straordinaria capace non solo di sostenere l’impatto da contagio ma di mettere finalmente in moto una crescita senza la quale il declino lentamente si consolida fino a diventare difficilmente reversibile. Una manovra di finanza straordinaria cui partecipino tutti per il bene di tutti e senza che la vita di tutti abbia a soffrire, anzi. Sembrerebbe il cubo di Rubik e invece se la politica torna a essere la guida del paese la cosa è possibile chiamando a questo sforzo anche la ricchezza nazionale finanziariamente forte di 4.200 miliardi di euro. Qui non si immagina una patrimoniale che è sempre recessiva e che in queste condizioni sarebbe addirittura devastante. La ricchezza nazionale però sa che se concorrerà a salvare il paese salverà anche se stessa e i modi di questo comune sforzo sono innumerevoli e dovranno essere sempre condivisi. L’alternativa, diversamente, sarà quel che vediamo da tanti anni nelle leggi di Bilancio, un po’ di deficit in più qualche taglio qua e là, una riduzione della spesa in conto capitale non solo in termini di competenza ma più ancora in termini di cassa visto che i tanti cantieri non si aprono o si bloccano per le ragioni più diverse e il paese degrada. Noi non abbiamo la ricetta concreta e completa in tasca ma sappiamo che questa è la strada non solo per fronteggiare eventi eccezionali ma per ridare dignità e serenità a un paese che le merita.

Paolo Cirino Pomicino

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