(Foto LaPresse)

Il caso Segre ci ricorda perché le destre vanno separate con il proporzionale

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - La proposta di Beppe Grillo di privare gli anziani del diritto di voto perché incuranti – per ragioni anagrafiche – del futuro politico, economico e sociale del paese, è stata considerata come la boutade di un comico in vena di gag. Solo l’on. Giorgia Meloni e pochi altri l’hanno preso sul serio, e lo hanno accusato di attentato alla Costituzione e di mettere in discussione il principio del suffragio universale. Ebbene, confesso di essere tra coloro che non trovano l’idea sconveniente. Ultrasessantacinquenne di lungo corso, ho dato un’occhiata alla mia pensione e mi sono accorto che ne avrei tratto un discreto giovamento. Perché Grillo, se mi vuole togliere il diritto di voto, mi deve esentare anche dal dovere di pagare le tasse. Infatti, “no taxation without representation”. Mi si potrà obiettare che il vecchio slogan dei coloni americani, cardine degli stati liberali, da noi è largamente eluso in virtù di un’evasione fiscale di massa; ed è stato addirittura capovolto da una legge che permette agli italiani residenti all’estero, ma che non sono contribuenti del nostro erario, di eleggere diciotto parlamentari. Vero. Tuttavia, messa da parte ogni facile ironia, fateci caso: in ogni fantasiosa provocazione del cofondatore del movimento pentastellato si manifesta immancabilmente la congenita inclinazione per quella che si potrebbe definire una “democrazia dispotica”. Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.

Michele Magno


Al direttore - L’astensione di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia sull’istituzione della commissione proposta da Liliana Segre ha dimostrato plasticamente l’esistenza di una destra – ampiamente maggioritaria – e di un’altra destra – decisamente minoritaria – che comincia a faticare, a ritenersi aliena da certe posizioni e da certi contenuti. Al di là del caso specifico, ossia della necessità di istituire una commissione su quei temi e di quanto ciò possa essere o sembrare un atto di censura delle opinioni, è evidente che quell’astensione abbia costituito un precedente per certi versi storico. Liliana Segre è un simbolo vivente, testimone dell’abisso che l’umanità è riuscita a raggiungere nel Novecento. Votare contro la commissione, sia pur sottolineando il rispetto e l’ammirazione verso la sua storia personale, è in ogni caso un segnale politico. E lo si è visto dalle innumerevoli reazioni, a tutti i livelli. Che esistano due destre è evidente e lo era anche prima di questo voto. La leadership naturale di questa destra è quella di Salvini e questo sposta l’asse del centrodestra, che diventa destra-centro. La forza attrattiva è centrifuga non più centripeta. Oggi “conviene” seguire e inseguire Salvini perché il posizionamento sovranista è il miglior modo per intercettare paure, rancori, insoddisfazioni e incertezze e dar loro una rassicurazione. Più psicologica che reale, più simbolica che fattiva. Ma nella società psicologica, il percepito plasma il reale e dunque funziona già così. Che fine fa allora l’altra destra? Per chi non crede che il sovranismo sia una terapia, bensì ancora un sintomo “elevato” a cura, una followship mascherata da leadership? Filippo Rossi, col suo libro recente “Dalla parte di Jekyll. Manifesto per una buona destra”, prova a circoscrivere i confini di quello spazio. Prova cioè a ridefinire la destra a partire da dieci concetti-chiave attraverso i quali è possibile spostare di nuovo l’asse. La destra delle buone maniere contro il “cattivismo” di Mr. Hyde, dell’eroismo della bontà, del patriottismo amorevole, dell’Europa come destino, della politica come progetto, del futuro più che del passato. Una destra che avrebbe bisogno, come primo motore, di una classe dirigente che provi a dirigere e non ad appiattirsi sui desiderata del popolo. La democrazia contemporanea vive di “istinti e istanti” e premia le followship più riuscite. Ma uscire dal gregge, oggi, sarebbe un atto di ribellione.

Luigi Di Gregorio 

 

Le destre potrebbero essere due ma delle due oggi se ne vede solo una ed è la peggiore. Una ragione in più, diciamo così, per tifare fortissimamente per il proporzionale.

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