Il cantiere della Tav di Chiomonte (foto LaPresse)

Assessore di Zaia e sindaco di Verona aderiscono all'appello sulla Tav

Le lettere del 19 febbraio al direttore del Foglio Claudio Cerasa

Al direttore - Autorizzazione a recedere.

Giuseppe De Filippi

  

Al direttore - Caro Cerasa, leggo su alcuni siti sondaggi secondo i quali a fine maggio le elezioni europee segneranno il trionfo dei sovranisti. Questo è il titolo di Repubblica: “Europee, volano i sovranisti di Salvini, niente maggioranza Ppe-Pse”. Mi sono incuriosita e ho letto i sondaggi con attenzione e ho scoperto che è vero che Ppe e Pse non avrebbero al momento i voti per creare una maggioranza in Parlamento ma che in realtà se c’è un fronte che non ha speranze di governare il prossimo Parlamento quel fronte è proprio quello sovranista. Al momento, la fonte è Poll of Polls, il Ppe avrebbe 176 seggi, il Pse 134, l’Alde 94, l’Enl 63, l’Ecr 58, la sinistra estrema 49, i Verdi 46, l’Efd 35 e nuovi partiti tra cui En Marche 42. In sostanza: un quarto dei seggi andrebbe al Ppe, poco meno di un quarto al Pse, più o meno un quarto i partiti populisti, più o meno un quarto i partiti europeisti. Mi dica, direttore, il boom io non lo vedo, lei?

Lucia Martini

 

Nessun boom e anzi, se tutto fosse confermato, i sondaggi sono da sballo. Non che non ci sia una crescita del sovranismo. Ma il fronte europeista al momento è ancora più forte. Prendiamo altri due sondaggi: uno della Tribune riporta che il 52 per cento dei francesi pensa che i gilet gialli dovrebbero mettere fine alle loro proteste, l’altro della Bild, secondo la quale per la prima volta dallo scorso ottobre l’Spd è di nuovo il secondo partito di Germania (primo è la Cdu, secondi i Verdi, terzi i Verdi, quarto AfD). Potremmo persino dire: sondaggio o son desto?

   

Al direttore - Caro Cerasa, abbiamo letto con grande interesse l’articolo di Stefano Cingolani “Si fa presto a dire austerità” del 2 febbraio, nel quale scrive anche sul prestito di 1.300 miliardi di lire, che l’Italia aveva ottenuto dalla Germania nel 1974. Cingolani dice che l’oro, allora chiesto in garanzia dalla Bundesbank, fu spostato a Fort Knox dal forziere italiano a quello tedesco e in parte anche da Roma a Francoforte dove la Bundesbank imprimeva il proprio sigillo. Dopo aver esaminato i nostri archivi possiamo confermare che a New York un tale trasferimento di oro italiano come garanzia ha avuto luogo, ma non sappiamo niente dei suddetti trasporti da Roma a Francoforte. Ci potrebbe rivelare le fonti dalle quali queste informazioni sono state attinte? Sarebbe molto interessante per noi. In attesa di una Sua gentile risposta, Le porgiamo i nostri cordiali saluti.

Susanne Mehlhornufficio stampa Deutsche Bundesbank

  

Risponde Stefano Cingolani: la ringrazio per l’attenzione, me lo ha raccontato un testimone dell’epoca; ma la memoria, dopo tanti anni, può fare brutti scherzi, mentre gli archivi fanno testo.

   

Al direttore - Per rispondere alla “mutata realtà” (testuale), il Parlamento francese ha varato definitivamente la legge che proibisce agli insegnanti si usare i termini “padre” e “madre” nelle scuole di ogni ordine e grado. Gli sconvenienti termini saranno sostituiti con il più politicamente corretto “genitore 1 e 2”. Lungi da me impicciarmi dei fatti politici della millenaria democrazia d’oltralpe, però non posso non pensare alle discussioni in famiglia quando si dovrà scegliere chi è il numero 1.

Valerio Gironi

   

Al direttore - Diversamente da Giuliano Ferrara, che ammiro per la Sua libertà di pensiero, non credo che la chiesa sia minacciata da un “relativismo morale assoluto”. Se mai è insidiata, soprattutto in Italia, da un perdurante istinto conservatore. Perciò la mia opinione è che il superamento del celibato, l’ammissione del sacerdozio femminile e altre libertà, anche nella sfera sessuale, farebbero molto bene alla chiesa. Soprattutto la avvicinerebbero alla vita, alla realtà e alla libertà.

Sandro Bondi

  

Al direttore - Condivido questa giusta iniziativa del Foglio: ho sottoscritto anch’io l’appello trasversale, la Tav non può essere fermata!

Elena Donazzan assessore al Lavoro della regione Veneto, giunta Zaia (Lega)

  

Al direttore - Aderisco anche io al manifesto del Foglio a favore della Tav e di un’Italia ad alta velocità.

Federico Sboarina sindaco di Verona, sostenuto da una giunta di centrodestra

 

Al direttore - Il futuro dell’Italia è legato a doppio filo al completamento delle grandi opere, alla realizzazione di infrastrutture strategiche in grado di connettere il nostro paese con l’Europa. Le grandi opere come la Tav portano con sé lavoro, sviluppo, crescita reale per i territori e per i tessuti produttivi locali, per le imprese. Opporsi a questi progetti soltanto per una mera avversione ideologica è autolesionismo, in particolare se si considerano le esigenze dell’Italia in una fase estremamente complessa, in cui l’economia appare ancora in progressivo rallentamento e quindi pensare al futuro appare ancora più importante. Per quel che mi riguarda, le infrastrutture non rappresentano soltanto le vie del futuro, ma anche una visione strategica alla quale l’Italia non può rinunciare. Le grandi opere non producono infatti soltanto crescita economica, ma anche benessere, lavoro, ricchezza. La Tav, ad esempio diventa indispensabile per il quadrante nord-ovest del nostro paese la parte più forte dal punto di vista economico che deve potersi connettere con il corridoio est-ovest, quello che congiunge Kiev a Lisbona, riducendo sensibilmente i tempi di percorrenza per merci e persone. La sterile propaganda di chi vorrebbe opporsi alle grandi opere si scontra con la realtà di chi produce, di chi lavora per l’Italia, è inevitabilmente destinata a essere sconfitta: la Tav è funzionale in particolar modo alle regioni del nord, che da sole rappresentano il 45 per cento del pil e il 55 per cento dell’export italiano. Ecco perché al netto degli impegni e dei finanziamenti internazionali fermare l’opera rappresenterebbe inoltre un danno una perdita di credibilità complessiva per il nostro paese isolandoci dalla parte più avanzata del continente europeo.

Uguale approccio vale anche per tutte le altre infrastrutture strategiche, il terzo valico, la Gronda di Genova, la Pedemontana lombarda e veneta, tutte quelle opere in grado di contribuire concretamente alla crescita del paese. Ho deciso di aderire al manifesto del Foglio per un motivo estremamente semplice: perché si tratta di un’iniziativa positiva, di un progetto che racchiude in sé i valori dell’Italia migliore, di chi lavora sodo per assicurare un futuro alle proprie imprese e alle proprie famiglie. L’Italia ha assolutamente bisogno di una cultura del Sì da opporre a chi vuole portare l’Italia verso l’isolamento, verso l’impoverimento, verso una condizione di marginalità. Per questo, la realizzazione delle vie del futuro non deve essere ostacolata, ma incoraggiata a tutti i costi.

Stefano Maullu

parlamentare europeo di Fratelli d’Italia

Grazie a tutti. Le firme sono tantissime, pubblicheremo un’altra pagina sul giornale di mercoledì. Qui intanto la mail per inviare le vostre adesioni. Per ricordare che essere contro le grandi opere significa essere a favore della decrescita e per ricordare che il futuro dell’Italia nel mondo, le sue idee di Europa, di sviluppo, di crescita, di lavoro, di industria, di economia dipendono anche dall’Alta velocità. Scrivete qui: [email protected]

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