Yanis Varoufakis (foto LaPresse)

I populisti italiani ora spaventano pure Varoufakis. Parole contro lo sfascio

Chi ha scritto a Claudio Cerasa

Al direttore - Che poi il bello della flat tax non era la semplificazione?

Giuseppe De Filippi

 

Effettivamente un miliardo che balla nelle stime di gettito confonde un po’ le idee. La logica in fondo è sempre la stessa: se non puoi convincerli, confondili.

Al direttore - Ma un governo che invece che cambiare le regole le vuole violare è davvero un governo del cambiamento?

Luca Martini

 

L’ex ministro delle Finanze della Grecia, Yanis Varoufakis, che come ricorderete ha fatto di tutto per portare la Grecia a un passo da un collasso senza ritorno, due giorni fa è stato intervistato da Bloomberg e ha scomunicato i rivoluzionari all’amatriciana del nostro paese con una tesi un po’ da para guru ma comunque interessante. Un primo ministro responsabile, ha detto l’ex ministro greco, dovrebbe essere “sincero nei confronti del proprio elettorato e anche dell’Europa”. Dovrebbe chiedere “che il Consiglio europeo si riunisca per ridiscutere le regole” anziché “pretendere il diritto di piegarle” alle esigenze del paese. E dovrebbe infine capire che “quando le regole non funzionano il problema è come fare a cambiarle”. Cambiare le regole, non piegarle. Forse varrebbe la pena rifletterci su.

 

Al direttore - Il pezzo di Daniele Raineri “La sai l’ultima sui servizi russi?” è bellissimo. Esso sviluppa un’analisi riguardante il quadro internazionale. Ma l’Italia è un paese nel quale la Russia di Putin ha molto lavorato, a dir la verità in una chiave politica più che spionistica e ha ottenuto risultati eccellenti. C’è stato un lavoro politico profondo sia sul Movimento 5 stelle sia sulla Lega, i due partiti che oggi hanno in mano il governo del paese. Per parte sua, Salvini non fa mistero dell’esistenza di questo legame di ferro e anzi esibisce una sorta di culto della personalità di Putin che assomiglia a quello che i vecchi comunisti avevano nel confronti di Josif Stalin. Nell’altra legislatura i grillini presentarono addirittura una mozione per l’uscita dell’Italia dalla Nato, poi qualcuno, forse una “manina” paleodemocristiana con università privata annessa, ha suggerito una grande prudenza verbale visto che allora il giovane Di Maio aspirava addirittura alla presidenza del Consiglio. Così oggi l’Italia è un paese il cui governo è profondamente influenzato dalla Russia. Le dice nulla il fatto che l’Italia è l’unico grande paese occidentale che non ha firmato il documento di solidarietà con la Gran Bretagna per le operazioni descritte da Raineri? Solo Berlusconi crede che Putin è ancora quello di Pratica di Mare. Allora Putin si presentò col cappello in mano, perché dopo il crollo del 1989 doveva far rientrare la Russia nel grande gioco. Poi, grazie anche all’insipienza di Obama, ha messo a segno i colpi descritti da Raineri, dall’Ucraina alla Siria e quindi oggi esprime con forza e talora anche con arroganza la sua leadership geopolitica, non economicofinanziaria nel mondo.

Fabrizio Cicchitto

 

Al direttore - Gentile Maurizio Crippa, grazie dell’attenzione sul tema della “autonomia differenziata” di alcune regioni del nord. Serve a gettare luce su un tema che dovrebbe suscitare grande preoccupazione: il mantenimento, almeno sulla carta, di pari accesso ai servizi pubblici per tutti i cittadini italiani senza distinzione alcuna. L’ipotesi di “autonomia differenziata”, attualmente in fase di avanzata discussione e condivisione con la regione Veneto e prossima ad approdare al Consiglio dei ministri, prevede meccanismi di calcolo per cui la differenza tra gettito fiscale generato dalle regioni più ricche e quanto viene “restituito” in termini di spesa pubblica statale – il cd residuo fiscale – verrà in larga parte trattenuta localmente. Ciò produce come inevitabile effetto aritmetico una sensibile riduzione di risorse per la copertura dei servizi pubblici essenziali (istruzione, sanità, in primis) in tutte le altre regioni e in particolare in quelle meno ricche. Da notare, senza entrare nei dettagli, che la spesa pubblica pro capite, sia corrente sia in conto capitale, è già nelle regioni del sud cronicamente assai più bassa che nel resto del paese, a dispetto dei famigerati fondi strutturali comunitari. E che i tagli di spesa dell’austerità post berlusconiana hanno inciso in proporzione assai più sul sud che nel resto del paese. Questo non è un lamento ma una constatazione statistica. E poco ha a che vedere con le ipotesi del cd “reddito di cittadinanza”, cioè di redistribuzione di ricchezza senza porsi il problema di generarla. Riguarda un tema che è a monte: se il divario già esistente tra scuola e sanità del sud e del centro-nord deve essere ulteriormente allargato d’ufficio da ulteriori tagli di spesa o no; se i diritti di cittadinanza debbano dipendere, all’interno del paese, dal luogo di residenza. Quanto alle fantasie autonomistiche dei “governatori” meridionali, non le prendo nemmeno in considerazione: sono battute di colore prive di consistenza.Cordialità.

Alessandro Laterza

 

Al direttore - A proposito delle parole da cui ripartire. Diritto alla conoscenza. Il tema su cui si affannava, in solitudine, Pannella negli ultimi tempi. Diritto che implica la lotta contro l’analfabetismo (che come si sa riguarda il 70 per cento della nostra popolazione), e cioè il potenziamento anche qualitativo della scuola e dell’istruzione e delle iniziative relative alla cultura. Senza questo, la democrazia è finzione, soppiantata dagli show della propaganda demagogica.

Anna Setari

 

Al direttore - La mia parola contro il linguaggio degli sfascisti è credibilità. Troppe esternazioni di esponenti di questo governo non sono credibili. Poggiano su una base solo emotiva fatta di un mix di illusioni e paura. Ma la credibilità deve riacquistarla anche l’opposizione. Infatti la credibilità è evaporata progressivamente nel corso degli ultimi anni per molteplici responsabilità di gruppi e singoli dirigenti attraverso scelte risultate autolesionistiche. Colpisce, ad esempio, come ora il confronto tra (troppi) candidati alle primarie del Pd rischi di apparire come qualcosa che allontana un recupero di credibilità, il seguito di un “tutti contro tutti” che difficilmente aiuterà un elettorato spaesato e sfiduciato.

Gianni Ferrante

 

Al direttore - Per me si dovrebbe modificare la Costituzione così: Art 1. L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul rispetto. Tutto il resto viene da sé.

Stefano Peppucci

 

Al direttore - La parola giusta da contrapporre all’attuale maggioranza gialloverde e ai populisti in genere è il motto della Rivoluzione francese: libertà, uguaglianza e fratellanza, con al centro la parola per eccellenza del mondo moderno: “Democrazia”. C’è da sperare ad ogni modo in un risveglio dell’italica stirpe in generale, perché in molti, nelle varie categorie, sembrano sempre più pronti a salire sul carro dei vincitori o presunti tali.

Giovanni Attinà

 

Al direttore - La parola chiave è questa: diversità che è il contrario di chiusura, di paura, di libertà. La diversità è il seme della pace.

Paolo Paolacci

 

Al direttore - Responsabilità.

Angela Bau

 

Al direttore - Partecipazione.

Gianfranco Milani

 

Al direttore - Le mie parole? Responsabilità. Serietà. Intelligenza.

Fabrizia Lucato

 

Al direttore - Le parole che vorrei vedere contrapposte alla volgarità dilagante di questi mesi sono umanità per percepire i reali bisogni di tutti, che dovranno essere affrontati con realismo, per trovare soluzioni che vadano nella direzione della sostenibilità e del rispetto dell’Italia.

G. Fiore

 

Al direttore - Educazione (per gli avversari politici).

Achille Silipo

 

Al direttore - Credo che la parola chiave sia verità, in tutti i possibili sensi del termine, perché senza possibilità di distinguere la vera dalla falsa, anche la libertà diventa incerta.

Rodolfo Granafei

 

Al direttore - Ho letto l’articolo del signor Cerasa sul linguaggio usato da due politici italiani, Vorrei usare tre parole: calma, silenzio ed educazione. Vi auguro buon lavoro e aggiungo un augurio a tutti noi, che questi tempi possano passare e ci facciano capire di non fidarsi proprio di tutti.

Valter Cappuccini

 

Al direttore - La mia parola è: responsabilità.

Cristiano Alessandri

 

Al direttore - La mia parola d’ordine? Sentirsi una comunità.

Tonino Benedetti

 

Al direttore - La mia parola è etica, sorella gemella dell’estetica, ambedue stanno scomparendo nel nostro disgraziato paese.

Tina

 

Al direttore - La parola che suggerisco in risposta all’oscurantismo e alle pessime esibizioni di questo governo è “rispetto”. Rispetto per le regole, prima di tutto, per le istituzioni, per lo stato come paese Italia che sta facendo una figura misera agli occhi del mondo, per i risparmi delle persone che rischiano di andare in fumo e per il futuro di tutti coloro che, consapevoli o inconsapevoli, subiranno le conseguenze di questa sciagurata “gara di rutti”. Complimenti per l’articolo e per il vostro incomparabile lavoro quotidiano. Sarò presto una vostra abbonata.

Giovanna Cirillo

 

Al direttore - Libertà, uguaglianza, fraternità… legate dall’uso della intelligenza.

Gian Pietro Rossi

 

Al direttore - Di tutte le parole che si possono utilizzare per contestare le mancanze e le criticità di questo governo, “futuro” è senz’altro una di quelle che viene più immediatamente in rilievo. Il governo “sfascista”, come lo avete giustamente denominato, non si interessa né si occupa del futuro, con tutto ciò che questa parola rappresenta: lo si vede in tema di pensioni: rispetto alle quali ci si preoccupa più di garantire un aumento alle pensioni che sono in corso di erogazione, senza pensare a come vengono finanziate e come il sistema previdenziale potrà reggere il futuro; lo si vede in tema di reddito di cittadinanza: dove si privilegia l’aspetto assistenziale, anziché valorizzare e incentivare produzione e occupazione; lo si vede in tema di Europa, che costituisce l’unico concreto orizzonte geopolitico in cui collocare il nostro paese. Il governo sfascista cerca di capitalizzare il risultato elettorale ottenuto, possibilmente addirittura incrementandolo, e non è un problema se questo potrà comportare un pericolo per il futuro del paese.

Dario Lunardon

 

Al direttore - Oltre a libertà, Europa e Serietà.

Vittorio Colussi

 

Al direttore - Per me la parola giusta è “game over”. Scusate l’anglofilia, ma mi sembra la sintesi giusta. Abbiamo lasciato che al governo del paese andassero dei ragazzini incapaci e arroganti grazie alla loro abilità in internet e nei social. Adesso i giochi sono finiti, la ricreazione è terminata. Che tornino in classe a studiare. Altrimenti a essere finita sarà l’Italia.

Marco Priero

 

Al direttore - L’inesistenza dell’opposizione, ovvero del Pd, è dovuta non solo alla mancanza di parole ma, peggio ancora, al fatto che queste non sanno parlano ai cittadini, agli elettori e ai loro interessi, ma parlano in modo ossessivo del partito e al partito e si rivolgono ad pubblico autoreferenziale di iscritti e di simpatizzanti. Parole che non cercano di tornare a convincere quei circa 6 milioni di elettori persi per strada o, ancor di più, a quel 50 per cento di cittadini che non votano. Ancora ci soccorre Ludwig Wittgenstein (Cerasa docet) che nella proposizione più celebre del Tractatus logico-philosophicus afferma “di ciò di cui non si può parlare si deve tacere”. In questo il Pd è coerente, perchè veramente non capisce la gravità e il pericolo della situazione non del partito ma dell’Italia. I due partiti dello schieramento giallo verde, al contrario, fanno in continuazione comunicazione per il consenso, campagna elettorale. Certo con toni avvelenati e falsità, ma parlano agli elettori. Quali le parole per contrastarli? Non sono, come affermano, populisiti, sovranisti e nazionalisti, perché non fanno gli interessi dei cittadini, non fanno l'interesse del paese che è sempre più isolato in Europa e in tutti i contesti internazionali. Il reddito di cittadinanza è in realtà una elargizione di controllo che come viene realizzata, non permette a chi la riceve di ricostruire un percorso di vita e di lavoro. La lotta all’immigrazione clandestina è un fallimento, le imprese saranno pesantemente danneggiate dalla manovra economica. Tutto sommato la loro politica si ispira al vecchio “Farina e Forche” di borbonica memoria. Cordialmente, da un fogliante da sempre.

Sergio Bonetti

 

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