Il terribile incendio dei boschi in Galizia nel 2017 (foto LaPresse)

C'è una correlazione tra Covid e cambiamenti climatici? Invito a non semplificare

Rivista Energia

Occorre rimettere nella giusta prospettiva il legame tra il coronavirus e i danni provocati alla natura dall'uomo. La superficialità rischia di causarne di più profondi. Il commento di Alberto Clò

di Alberto Clò, direttore della rivista Energia
dal sito rivistaenergia.it


 

In queste settimane in cui l’informazione è per forza di cose totalmente assorbita dall’epidemia e dalle sue innumerevoli sfaccettature, una correlazione va affiorando con sempre maggior sicumera: quella tra coronavirus e cambiamenti climatici. In questo marasma di verità acclamate accogliamo l’appello del genetista Edoardo Boncinelli a “mettere un po’ d’ordine in questa girandola di notizie e di drammatici proclami” perché è la superficialità che rischia di causare i danni più profondi.

 

Nel diluvio di parole che quotidianamente ci inondano sulle origini del coronavirus, su come uscirne, su come affrontare il dopo, su quel che avremmo dovuto imparare, una correlazione va affiorando con sempre maggior sicumera: quella tra coronavirus e cambiamenti climatici. Correlazione che viene affrontata sotto diverse ottiche, quasi a cerchi concentrici.

 

Si denunciano più i supposti danni provocati dal progresso scientifico degli effettivi benefici

La prima, d’ordine generale, lega la pandemia allo stato di salute della Terra, giacché “Tutto si tiene, tutto è connesso […] Il riscaldamento globale ha un impatto fondamentale sulla salute dell’umanità e il SARS-Cov 2 è solo l’ultimo pericolo che ha bussato alla nostra porta” come è stato scritto su La Repubblica del 26 marzo. Diretta conseguenza è l’autoflagellazione – quasi non soffrissimo già abbastanza – sull’infinito elenco delle nostre responsabilità, denunciando i guasti provocati alla natura dai nostri comportamenti, compreso il fatto – ha scritto Augias sulla medesima testata – che “viaggiamo in continuazione” e per giunta “tocchiamo tutto, diamo la mano ai simpatici abitanti del luogo, poi risaliamo su un bel aereo e torniamo a casa”. Mi è difficile immaginare perché non avremmo dovuto farlo.

 

Di più: si denunciano i danni provocati dal progresso scientifico che, par di risentire Greta, “ha rubato il nostro futuro” senza far cenno ai benefici che ha portato specie a chi aveva meno. Pensiamo a cosa sarebbero queste difficili nostre giornate se non potessimo disporre di forniture di energia elettrica non discontinue ed affidabili, che ci consentono di unirci agli altri, di essere informati, di lavorare da casa, di sopravvivere.

 

Nel secondo cerchio possono frasi rientrare gli interventi a là Faith Birol, direttore dell’Agenzia di Parigi, che ha ammonito i governi europei a non farsi ‘distrarre’, sì ha usato questo termine, dal coronavirus, per marciare diritti nella lotta ai cambiamenti climatici (come ho già avuto modo di commentare su questo Blog). La ragione, ha sostenuto, è che il coronavirus è fatto temporaneo (dicesse almeno quando terminerà) mentre il cambiamento climatico è strutturale.

  

Quindi le risorse che dall’Europa o dagli Stati verranno destinate ad arginare la crisi dovranno confluire primariamente verso le nuove tecnologie low-carbon. Parimenti, bisognerà intervenire, è stato sostenuto, a soccorso della ‘prima vittima del coronavirus’ (sic!): il prezzo del carbonio, con una qualche forma di tassazione che ne impedisca l’ulteriore caduta.

 

Ma vi è una terza ottica, ancor più paradossale, di chi è arrivato a proporre di rendere permanente la clausura cui siano costretti. Una qual sorta di “grande prova generale per il prossimo livello del gioco, la missione finale: salvare il pianeta” come ha scritto Alessandro Baricco su Repubblica, neo-convertito alla questione ambientale, non avendone prima che io sappia mai parlato, confermando la denuncia di Amitav Ghosh contro gli intellettuali che mai se ne sono interessati, diversamente da quel che fece nel 1962 Rachel Carson nel suo famoso Silent Spring. Dell’dea di Barrico è altresì convinto Stephane Foucart che su Le Monde ha scritto: “sono precisamente questo tipo di misure [la clausura, nda] adottate oggi per fronteggiare il coronavirus che potrebbero domani essere prese per contrastare i due grandi fenomeni che minacciano nel lungo termine la stabilità e la prosperità del mondo: i cambiamenti climatici e l’erosione della biodiversità”.

 

La questione ambientale “riunisce un certo numero di problemi correlati ma non necessariamente coincidenti” – Edoardo Boncinelli

Una risposta a questa congerie di posizioni, proclami, ammonimenti la si può trovare nell’articolo scritto dal genetista Edoardo Boncinelli su Il Corriere della Sera. Dopo aver denunciato “il susseguirsi di notizie catastrofiche di grande richiamo e di isterici appelli a intervenire finché si è ancora in tempo. Una sbilenca e tragi-comica messa in scena dell’Apocalisse” ha evidenziato la necessità di “mettere un po’ d’ordine in questa girandola di notizie e di drammatici proclami” partendo dalla constatazione che la questione ambientale “riunisce un certo numero di problemi correlati ma non necessariamente coincidenti che non è assolutamente lecito confondere l’uno con l’altro”.

 

Farlo, ha proseguito, “non porta a niente e paradossalmente fa perdere di vista il quadro d’assieme. Ma è quello che si fa continuamente mettendo sullo stesso piano i cambiamenti climatici, la crescente scarsità d’acqua, la scomparsa di meravigliosi animali o la presenza di plastica nelle acqua e via discorrendo”. Chiudendo il suo intervento con alcuni aforismi di cui uno mi sembra particolarmente adatto: “La superficialità può causare i danni più profondi”.       

 


 
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