La fotografia energetica globale del 2018: gli obiettivi climatici di Parigi appaiono sempre più lontani

Rivista Energia

Gli stati non stanno mantenendo le promesse siglate nella capitale francese nel 2015. Dati alla mano, Alberto Clô mostra il perché in cinque punti

Può risultare pedante, ma confrontarsi con i numeri è necessario per sapere con certezza a che punto siamo e verso dove stiamo andando. Nell’energia, come in altri ambiti della società.

 

Pubblicato in aprile, il rapporto Global Energy & CO2 Status Report 2018 dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) riporta il consuntivo 2018 delle principali variabili energetiche e climatiche e il loro andamento dal 2000 al 2018. Esaminarli è di grande importanza per aver contezza della realtà delle cose e per verificare la coerenza delle dinamiche in atto con gli scenari di transizione energetica che si tratteggiano con sostanziale certezza per i prossimi decenni. Lo faremo guardando dapprima la fotografia nel 2018 e in un secondo post le dinamiche osservate dall’inizio del Millennio.

 

La fotografia del 2018 ci mostra dei risultati che per comodità espositiva sintetizziamo in 5 punti:
1. sensibile crescita dei consumi mondiali di energia
2. cresce ancor di più domanda e generazione di elettricità
3. rallenta il miglioramento dell’efficienza energetica
4. perdura il dominio delle fonti fossili
5. nuovo record delle emissioni di CO₂

 

Primo: il dato più importante e in qualche modo sorprendente è la sensibile crescita dei consumi mondiali di energia nel 2018 del 2,3%: il tasso maggiore dell’ultimo decennio, pari in termini assoluti a circa 320 mil. tep, quanto l’intero consumo della Germania.

 


+2,3% la crescita dei consumi mondiali di energia nel 2018


  
Una crescita distribuita per i sette decimi in tre paesi: Stati Uniti (+3,7%), Cina (+3,5%) – saldamente primo paese consumatore al mondo davanti agli USA – India (+4%). Il ‘Resto del Mondo’ ha segnato una significativa crescita (+1,8%), mentre l’Europa è rimasta stabile.

 

L’ottimo andamento dell’economia americana – cresciuta nel 2018 del 2,9%, il tasso più alto degli scorsi 13 anni – ha più che annullato la decelerazione nei principali paesi asiatici e nell’Unione Europea.

 

Fonte: GECO, AIE

 
Secondo: cresce ancor di più domanda e generazione di elettricità. La domanda di energia elettrica è cresciuta nel 2018 a un tasso del 4% – pari a 900 TWh, contro una media nello scorso decennio di 600 TWh – circa due volte quello della domanda di energia primaria (+2,3%) alla cui crescita l’elettricità ha contribuito per la metà.

 

Cina e Stati Uniti vi hanno contribuito per il 70%, con tassi rispettivamente del +8,5% (trainata dai settori industriali) e del +4% (per il caldo torrido d’estate e il freddo invernale).

 


+4% la crescita della domanda di energia elettrica


  
L’aspetto più critico della fotografia elettrica è la perdurante prevalenza delle centrali termoelettriche nell’intera generazione col 64% del totale (carbone 38%, metano 23%, petrolio 3%) col restante 36% distribuito tra nucleare (10%) cresciuto specie per il riavvio di quattro centrali in Giappone dopo il disastro del 2011; idroelettrica (16%), nuove rinnovabili (7%: 5% eolico, 2% solare); biomasse e altre rinnovabili (3%).

 

Essendo la via della decarbonizzazione incentrata nell’opinione dominante sulla “rivoluzione dolce” delle nuove rinnovabili elettriche, come la definì per primo Amory Lovins nel lontano 1977, la strada da percorrere è ancora molto ma molto lunga.      

 

Fonte: GECO, AIE

 
Terzo: rallenta il miglioramento dell’efficienza energetica. La crescita delle economie è il driver principale dei consumi di energia, funzione a sua volta dell’evolversi dell’intensità energetica: unità di energia consumate per unità di reddito. Tanto più questa si riduce – o in altri termini tanto più migliora l’efficienza energetica – tanto meno il maggior reddito impatta sui consumi (e viceversa).

 


Per il terzo anno consecutivo l’intensità energetica ha rallentato il suo calo (-1,3%)


  
Ebbene, il 2018 ha visto per il terzo anno consecutivo un peggioramento delle cose: con l’intensità energetica ridottasi dell’1,3% – in linea peraltro coi tassi di lunghissimo periodo – da valori medi superiori al -2% tra 2010 e 2014 ed un massimo prossimo al -3% nel 2015.

 

Le maggiori riduzioni si sono avute in India (-3,1%) e in Cina (-2,9%) mentre deludente, rispetto al passato è stato il risultato dell’Europa (-1,6%) con una intensità energetica (a parità di potere di acquisto) inferiore comunque del 27% rispetto alla media mondiale. Gli Stati Uniti, per contro, sempre secondo i dati AIE, hanno addirittura aumentato l’intensità energetica dello 0,8%.

 

L’attenuarsi dei miglioramenti di efficienza energetica – nonostante il diffondersi dell’economia digitale o dell’economia circolare – è tanto più grave essendo il principale antidoto al rilascio di emissioni.

 


L’attenuarsi dei miglioramenti di efficienza energetica è tanto più grave perché sono il principale antidoto alle emissioni


  
Fonte: GECO, AIE

 
Quarto: perdura il dominio delle fonti fossili che nel loro insieme hanno assicurato nel 2018 l’80% di tutti i consumi di energia primaria, seguite dal 10% delle biomasse (non commerciali), 5% del nucleare, 3% dell’idroelettrica, 2% altre rinnovabili (specie eolico e solare). Al netto delle biomasse, la quota delle fossili salirebbe all’89% (85% secondo i dati di BP Statistical Review).

 

Se in termini percentuali le rinnovabili (altre da idro e biomasse) hanno registrato il maggior incremento (+14%) in termini assoluti – quel che più conta quanto a emissioni – i maggiori incrementi si sono avuti per metano (+144 mil. tep), petrolio (+58), mentre le rinnovabili (+36) sono cresciute poco di più del carbone (+27).

 


40 a 1 il rapporto tra fossili e nuove rinnovabili (solare ed eolico)


  
Nel loro insieme, le rinnovabili hanno soddisfatto il 15% della domanda primaria (circa 55 giorni di consumi annui), in un rapporto con le fossili di 1 a 5, che sale a 1 a 40 se consideriamo le sole nuove rinnovabili (solare ed eolico) verso cui si vanno addensando le maggiori speranze.

 

Ribaltare questo rapporto in un arco di tempo relativamente breve – come molti ritengono verosimile – è quindi obiettivo fin troppo ambizioso.

 

Quinto: nuovo record delle emissioni di CO₂. Come abbiamo già avuto modo di analizzare, il 2018 registra un balzo delle emissioni di anidride carbonica dell’1,7%: il tasso più alto dal 2013, superiore del 70% all’incremento medio annuo dal 2010, e che porta ad un nuovo record di 33,1 miliardi di tonnellate (+560 mil. tonn).

 


+1,7% la crescita delle emissioni di CO2, il tasso più alto dal 2013, superiore del 70% all’incremento medio annuo dal 2010


  
Il dato è risultato del combinato disposto di: crescita dei consumi di energia, specie elettrica; rallentata dinamica dell’efficienza energetica; predominio delle fossili nei consumi primari e nella generazione elettrica.

 

A contribuire alle maggiori emissioni è stata per i due-terzi la generazione elettrica e per l’85% tre paesi: India (+4,8%), Stati Uniti (+3,1%), Cina (+2,5%) primo emettitore con emissioni due volte quelle americane.

 

Fonte: GECO, AIE

 
Come si è visto, da questi tre paesi dipendono quasi interamente le dinamiche globali energetico-climatiche. Poco o nulla vi contribuiscono i risultati conseguiti o conseguibili dagli altri paesi. A titolo di esempio, la riduzione dell’1,3% delle emissioni in Europa ha sottratto all’atmosfera 50 mil. tonn. nel 2018: pari ad appena 0,1% di quelle mondiali.

 

Sempre meglio che niente, anche se a ben vedere i risultati sarebbero stati di gran lunga superiori se le risorse fossero state destinate ai paesi poveri, ove l’impronta carbonica è di gran lunga superiore a quella europea.

 


Fotografia 2018: stiamo andando nella direzione opposta a quella decisa a Parigi nel dicembre 2015 perché gli Stati non stanno mantenendo le promesse


  
L’impressione generale è che la realtà delle cose è altra dall’immaginario collettivo che se ne ha; che gli obiettivi della ‘rivoluzione climatica’ sono estremamente lontani dai valori attuali; che per riuscirvi bisognerebbe moltiplicare gli sforzi per conseguirli. Che essi si siano invece attenuati proprio dopo la firma dell’Accordo di Parigi la dice lunga sull’effettivo impegno degli Stati a rispettare le promesse allora formulate.

  

L'articolo è di Alberto Clô, Direttore Responsabile della Rivista Energia, ed è stato pubblicato originariamente su www.rivistaenergia.it